Guns N’ Roses: recensione di GN’R Lies – 29 novembre 1988

29 novembre 1988. I Guns N’ Roses pubblicano l’EP GN’R Lies.

L’EP originale includeva altre due canzoni: una versione grezza di Knockin on Heaven’s Door ed un brano originale Shadow of Your Love. Successivamente, venne fuori che quell’EP, dal titolo Live?!*@ Like a Suicide, non era né un live, né indipendente, poiché fu proprio la Geffen ad organizzare tutta questa operazione commerciale, così come le registrazioni in studio con tanto di rumore live finto del pubblico, come da ammissione degli stessi Guns. Un’operazione di marketing nuova ed efficace in quel periodo storico.

Lies inizia con il brano Reckless Life in cui Axl sembra volerci ricordare i suoi eccessi da rockstar, la sua vita al limite, sempre con l’acceleratore a manetta. La seconda traccia è Move To The City, in cui un tizio ruba l’automobile alla madre e la carta di credito al padre, scappa di casa, dalla sua vita di adolescente di provincia, per ritrovarsi nelle pericolose strade della metropoli. Chiudono il lato A due bellissime cover: Nice Boys dei Rose Tattoo e Mama Kin degli Aerosmith. Due interpretazioni davvero eccellenti.
Difficile scegliere se sia migliore l’originale o la cover.

Ma di Lies, è il lato B, completamente acustico, a contare davvero, a fare la differenza. Il lato B si apre con quella che diventerà un caposaldo della discografia dei Guns, la ballad Patience: una canzone d’amore dove però non c’è sesso, ma solo un forte sentimento di quiete. Axl chiede, dolcemente, alla sua amata di portare pazienza, cercando di tranquillizzarla, “perché le luci brilleranno”, prima o poi.

A seguire troviamo Used To Love Her, in cui, letteralmente, un tizio uccide la sua ragazza e poi la seppellisce in giardino, “six feet under”. La particolarità di questo pezzo è l’uso di una musica allegra e melodica per raccontare qualcosa di inquietante, un classico esempio di ossimoro in musica.

Il terzo brano è You’re Crazy, la versione più lenta, acustica e imbastardita del brano già presente in Appetite For Destruction. Il lato B si chiude con i sei minuti della famosa e famigerata One In A Million, che può essere considerata la versione acustica di Welcome To The Jungle: il duro sfogo di Axl dopo l’euforia iniziale per essere sbarcato nella tanto desiderata Los Angeles.

One In A Million è un brano autonomo, che fa reparto da solo, poiché trasmette un messaggio differente e per questo ha una funzione diversa rispetto al resto del disco. È il tentativo sfacciato di parlare a una frangia specifica di pubblico, ossia a quel tipo di adolescente che anche lo stesso Axl era stato. L’adolescente Axl Rose, sprovveduto e pieno di sogni, arriva dalla provincia del Midwest, si ritrova nella giungla metropolitana di Hollywood e si imbatte in tutte quelle diversità che poi avrebbe additato nello sviluppo del brano. One In A Million fu vista come un mostro a causa del suo testo, ma va detto che fu amato e odiato per le stesse ragioni.

Pertanto, Axl fu etichettato come razzista e omofobo dai soliti pseudo moralisti, bigotti, qualunquisti ed ipocriti dell’epoca, che videro in quelle parole un pericolo, mentre per tutti i fan dei vecchi Guns resta, ancora oggi, una delle più belle canzoni che Axl Rose abbia mai scritto.

Dall’incipit della canzone si evince che i suoi incontri e approcci iniziali con le diversità della metropoli non furono affatto positivi. Rose incolpa “immigrants and faggots” di portare via le case agli americani e di diffondere malattie tipo l’AIDS, e se la prende anche con la polizia e con le religioni altrui. Non risparmia davvero nessuno. Il testo, così come può apparire a un livello di lettura superficiale ed epidermico, esprime e mostra un evidente pregiudizio.

Invece, lo scopo di Axl era quello di scuotere e condannare l’establishment bianco, e non di colpire quelle minoranze che sembrava discriminare. Rose, al massimo, potrebbe essere criticato per aver usato argomenti populisti per attaccare quelli che si ritenevano liberal e conservatori. Oltretutto, era alquanto inverosimile che Axl Rose potesse pensare e sostenere le parole di One In A Million ed essere accusato di razzismo. Nella sua band c’era Slash, che per metà è di colore, ed ancora oggi suona insieme a Slash e da parecchi anni insieme a Frank Ferrer, batterista di colore. Mi chiedo anche come faccia Axl ad essere etichettato come omofobo: tutti sanno che Axl ha tra i suoi idoli di gioventù artisti dichiaratamente omosessuali, quali Elton John e Freddie Mercury.

Col tempo Axl prese consapevolezza che non valeva la pena stare dietro a tutte le critiche e interpretazioni di One In A Million, e così, nelle uscite successive di Lies, non fu inclusa nel disco. Eravamo alla fine degli anni ’80, e ricordo ancora quando, da ingenuo adolescente, acquistai la musicassetta di Lies, che conservavo come una reliquia papale.

Rimasi letteralmente impressionato già dal suo artwork, con quei chiari riferimenti sessuali, trasgressivi e irriverenti da parte di quei ragazzi americani strafatti e alcolizzati che non c’entravano veramente nulla con il mio mondo. Sembrava ispirarsi al una di quelle copertine dei tabloid scandalistici inglesi, oppure a quella di Thick As A Brick dei Jethro Tull.

Rimasi impressionato perché pensavo che quel mondo fosse tutto vero; il sogno di ogni teenager che avrebbe voluto immedesimarsi nei propri beniamini.
Ovviamente, ero io ad essere lontano anni luce da quelli che erano i miei idoli rock di quel periodo, e che oggi ricordo con affetto e un pizzico di nostalgia.

Axl Rose, e gli altri dei Guns, non lo sapranno mai, ma la loro musica e i loro testi hanno significato molto per il sottoscritto, ed ancora oggi, a distanza di parecchi anni e con qualche chilo in più, gli sono rimasto comunque fedele, seppur in maniera fisiologicamente più distaccata. Stiamo invecchiando insieme, con le nostre vite parallele. E forse, è proprio questo l’esempio di amore platonico più bello che si possa conoscere e vivere.

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