Iggy Pop: recensione di Free

Iggy Pop

Free

6 Settembre 2019

Loma Vista Recordings

genere: soft rock, synth jazz, folk jazz

_______________

Recensione a cura di Chiara Profili

Free.jpg

I rettili sono animali affascinanti. A sangue freddo, dallo sguardo inquietante, cambiano pelle facendo la muta.

Un’iguana si libera della vecchia pelle per rimanere se stessa, ma allo stesso tempo un po’ diversa. Libera di poter crescere e invecchiare. Free, libera, come il titolo dell’ultimo disco di Iggy Pop, l’iguana del rock.

I tempi del punk degli Stooges sono ormai nel passato remoto, lontani come una barca che ha preso il largo e diventa sempre più piccola all’orizzonte. Però a guardalo Iggy Pop sembra sempre lo stesso: lunghi capelli biondi, occhi azzurro acquamarina e, all’occasione, torso nudo.

Ma l’Iggy che ci troviamo davanti in questo disco è musicalmente un uomo nuovo. È curioso come, nel panorama musicale odierno, gli spunti più interessanti e innovativi possano arrivare da ultrasettantenni. Se Paul McCartney, con il suo ultimo lavoro Egypt Station, ci ha convinti con un disco di livello, in stile Macca, ma con un tocco di modernità, così anche Iggy Pop si propone in una chiave raffinata e sperimentale, per quel che lo riguarda.

In un periodo in cui le giovani band cercano di sfondare aggrappandosi alle sonorità anni ’70, questi signori, che quegli anni li hanno già vissuti, si dirigono in tutt’altra direzione.

Free è l’omonima intro di questo disco. Un traccia in cui l’artista si fa portavoce di se stesso ripetendo la frase “I wanna be free”, accompagnato da una tromba alla Ennio Morricone che ci catapulta immediatamente in un’atmosfera onirica. È la dichiarazione d’intenti di un Iggy Pop che vuole ormai essere libero di essere se stesso.

Il disco prosegue con Loves Missing e qui lo stile dell’iguana è inconfondibile. Sembra quasi di scorgere la sagoma di David Bowie, ancora accanto a lui.

Andiamo subito al primo singolo estratto da Free: il tormentone James Bond. Difficile togliersela dalla testa, una volta ascoltata. Iggy Pop deve avere una certa passione per l’agente 007, poiché nel 1997 aveva realizzato una bellissima cover del brano cantato in origine da Louis Armstrong per il tema di Agente 007 – Al Servizio segreto di Sua Maestà, la romantica We Have All the Time in the World.

Tornando alla nostra James Bond, il pezzo è caratterizzato da una linea di basso accattivante, sulla quale si sviluppa il brano, uno strumento dopo l’altro, fino ad aprirsi in un bellissimo assolo di tromba.

La tromba la ritroviamo subito dopo nella tarantiniana Dirty Sanchez (un brano folk jazz che ricorda i Calexico) e a dire il vero un po’ in tutto il disco.

Iggy Pop in questo album usa la voce in modi diversi; a volte parla e basta, come in We Are the People, nella quale legge un testo scritto da Lou Reed nel 1970, altre sembra quasi urlare, altre ancora canta mettendo in luce quel suo timbro così profondo e inconfondibile. Page sembra quasi un pezzo di Frank Sinatra.

È davvero difficile determinare il genere a cui appartiene Free. Un album variegato, ma con allo stesso tempo un suo fil rouge. Un lavoro di gran classe e stile, che non deve fare storcere il naso ai conservatori, perché chi ama i rettili lo sa: cambiano pelle.

© 2019 – 2021, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.