Kraftwerk: recensione di Radioaktivity

Kraftwerk

Radioactivity

Capital Records

31 ottobre 1975

genere: musica elettronica, synth, krautrock, sperimentazione

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Radioactivity è il quinto album dei teutonici Kraftwerk, pubblicato in due versioni: una da esportazione con i titoli in inglese, l’altra invece destinata al mercato nazionale con i titoli in tedesco.

Un concept album tecnologico, evocativo, già proiettato nell’era del digitale, che rende omaggio alle scoperte scientifiche che hanno rivoluzionato la nostra esistenza: le frequenze del contatore Geiger, il decadimento radioattivo delle particelle nel tempo di Radioactivity (omaggio al premio Nobel Marie Curie), l’importanza della radio come strumento di ricezione e diffusione di onde elettromagnetiche (Antenna) ed il chiaro riferimento al fisico tedesco che diede il nome alla legge sulla resistenza elettrica nel gioco di parole di Ohm Sweet Ohm.

Non a caso, la copertina dell’album, realizzata da Emil Schult, mostra proprio un primo modello di radio degli anni ’50, mentre all’interno troviamo un’immagine del gruppo e il disegno di un’antenna.

Con Radioactivity, i quattro musicisti di Düsseldorf si discostano definitivamente dalla componente rock prog degli esordi, processo già avviato l’anno precedente con Autobahn.

I Kraftwerk, secondo alcuni, sono stati i “Beatles della musica elettronica”, la vera rivoluzione su larga scala degli anni ’70, sebbene qualcuno possa pensare in primis al punk britannico: hanno rivoluzionato il concetto di produzione musicale, in un momento storico in cui erano ancora forti le correnti dell’hard rock blues britannico, del glam rock statunitense e del cantautorato art rock. Quella dei Kraftwerk, insieme a tutto il movimento krautrock tedesco, fu la risposta estetica ai canoni anglofoni degli anni ’60.

Nel tempo, la loro influenza è stata determinante nei contesti musicali più disparati: sono stati fonte di ispirazione artistica a 360°, basti pensare alla new wave, alla musica techno, house, disco, alla trilogia berlinese di David Bowie, a diversi artisti quali Iggy Pop, Devo, Afrika Bambaataa, Joy Division, New Order, Rockets, Depeche Mode, Pet Shop Boys, Nine Inch Nails, Moby, Fatboy Slim, Massive Attack, Prodigy, Coldplay, Daft Punk, The Strokes, LCD Soundsystem. Solo per fare qualche rapido esempio.

Negli anni ’70, il concetto di canzone dei Kraftwerk si riferiva a un prodotto da laboratorio sperimentale e avanguardista, già proiettato nel futuro, che, in breve tempo, si sarebbe trasformato in un prodotto di massa, talmente popolare da coinvolgere ogni ambito e momento della nostra vita.

La musica dei Kraftwerk era arte e design: le luci, l’architettura, i rumori della città e l’attività della vita moderna sempre più industrializzata e alienata. La tecnologia diventerà sempre più imprescindibile e di uso comune per l’essere umano, sempre più in simbiosi, come un artefatto prolungamento della creatività della mente umana.

I Kraftwerk, grazie alle loro voci artificiali e alle loro pulsazioni elettriche, hanno costruito una vera e propria fabbrica del suono, attraverso un linguaggio numerico binario ed uno stile minimalista, affascinante, ipnotico, ripetitivo, robotico, visionario, dinamico, solo apparentemente statico.

All’improvviso non era più necessario usare gli strumenti musicali convenzionali, o saper leggere uno spartito per realizzare un disco. Nacque proprio da loro la figura del disc jockey. Un cambio epocale, che, probabilmente, per qualcuno rappresentò un abominio, per altri una seria minaccia per le loro carriere da musicisti in carne ed ossa.

Sebbene, da una parte, la ricerca di quei nuovi suoni robotici e futuristici fosse così affascinante e magnetica, dall’altra fa riflettere la prospettiva moderna e quanto mai attuale della loro musica.

L’antenna dei Kraftwerk ha catturato le frequenze di quel periodo, le ha decodificate ed infine trasportate fino al giorno d’oggi. I Kraftwerk sono stati i “Nostradamus della musica”: negli anni ’70, con largo anticipo, avevano già immaginato e fotografato quella sarebbe poi diventata la società contemporanea: frenetica, automatizzata e iperconnessa.

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Tracklist:

Geigerzähler

Radioaktivität

Radioland

Ätherwellen

Sendepause

Nachrichten

Die Stimme Der Energie

Antenne

Radio Sterne

Uran

Transistor

Ohm Sweet Ohm

Formazione:

Ralf Hütter – voce, sintetizzatore

Florian Schneider- voce, sintetizzatore

Wolfgang Flür – percussioni elettroniche

Karl Bartos – percussioni, sintetizzatore

Strumentazione:

Roland RE-201 Space Echo, Arp Odyssey,

Minimoog, Farfisa Rhythm Unit 10,

Vako Orchestron, Oscilloscopio,

Percussioni elettronichea pads

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