Radiohead: recensione di OK Computer

Recensione a cura di Chiara Profili

21 maggio 1997. Esce OK Computer, il terzo album in studio dei Radiohead, uno dei dischi più importanti degli anni ‘90, assolutamente imprescindibile.

OK Computer segna un punto di svolta per la band capitanata da Thom Yorke e getta le basi per quelli che saranno i lavori successivi dei Radiohead. Rispetto al precedente The Bends, il gruppo inglese si allontana da quello stile così in voga negli anni ‘90, ovvero il britpop, con le sue chitarre, per avvicinarsi ad un qualcosa di più sperimentale e d’atmosfera.

La sperimentazione, in Paranoid Android, può essere riassunta con le parole dello stesso Yorke, che la paragonò ad un lavoro dei Beatles, dichiarando: “iniziò che erano tre canzoni separate e non sapevamo che farne. Poi pensammo a ‘Happiness Is a Warm Gun’ – che erano tre piccole canzoni che John Lennon mise assieme – e dicemmo ‘Perché non ci proviamo?’”.

Per Exit Music (For a Film) dobbiamo ringraziare invece, oltre ai Radiohead, il visionario regista Baz Luhrmann (Moulin Rouge, Australia, Il Grande Gatsby), che aveva chiesto alla band di scrivere un pezzo per la scena finale del suo film Romeo + Giulietta di William Shakespeare. Il brano finì, per volere di Thom Yorke, solo nei titoli di coda e non compare nella colonna sonora del film. La canzone sarà riproposta in seguito in numerose serie tv.

Karma Police è uno dei brani più famosi dei Radiohead e, con le sue atmosfere decadenti, ma non necessariamente tristi, spiega il concetto del ‘ciò che semini, raccogli’. Il karma inteso non come un qualcosa di astratto che si ripercuote su di noi, ma come una vita regolata dal libero arbitrio, nella quale siamo noi stessi gli unici responsabili delle nostre azioni, nel bene e nel male.

Il titolo del brano deriva da uno scherzo che la band era solita fare: spesso, un membro diceva all’altro che avrebbe chiamato ‘la polizia del karma’ se avesse fatto qualcosa di sbagliato.

Non dovrebbe esserci nessuna sorpresa, quindi, per la piega che prendono le nostre vite e No Surprises è proprio il titolo del celebre singolo nel cui video musicale troviamo il volto di Thom Yorke chiuso in una boccia di vetro, con la telecamera fissa su di lui. La sfera si riempie progressivamente d’acqua per poi svuotarsi bruscamente sul finire della clip.

Il brano vive di un contrasto tra la dolce melodia, simile ad una ninna nanna, e la durezza del testo, il cui significato è metaforicamente descritto nel video come una boccia di vetro nella quale soffochiamo, che sta a rappresentare la nostra vita, piena di cose materiali in mezzo alle quali ci manca l’aria, ma che cerchiamo disperatamente di ottenere per raggiungere una serenità che ci viene imposta dall’omologazione. Il risultato di questa ricerca spasmodica del futile, è una vita piatta e senza sorprese. Yorke aveva già toccato questa tematica in Paranoid Android, con i riferimenti a Gucci, all’ambizione e agli yuppies.

Comunque OK Computer potrà sembrare un disco cupo e triste e probabilmente lo è, forse ancora di più oggigiorno, dopo oltre vent’anni dalla sua pubblicazione, in quanto i testi di Yorke risultano quanto mai attuali. Tuttavia, rimane sempre una sorta di cripticità nelle sue liriche, che consente a ciascuno di trarre le proprie conclusioni, di provare emozioni differenti, facendo un viaggio introspettivo che porta, per ognuno di noi, ad una destinazione diversa.

Per questo, credo che OK Computer non sia uno di quei dischi da tenere in macchina, ma che vada ascoltato in un pomeriggio uggioso, sdraiati a letto, nella penombra e con le cuffie nelle orecchie. Una volta terminato l’ascolto le reazioni potrebbero essere due: crisi depressiva o pianto liberatorio e taumaturgico. In entrambi i casi, avrete provato qualcosa di profondo e avrete avuto la conferma di essere sì paranoici, ma certamente non androidi.

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