Rage Against The Machine: recensione di Rage Against The Machine

3 novembre 1992. I Rage Against The Machine pubblicano per la Epic Records il loro omonimo disco d’esordio.

La foto è stata scattata nel 1963 dal fotografo Malcolm Browne e riprende il suicidio di un monaco buddista in Vietnam, atto di protesta contro le persecuzioni religiose del suo popolo. Nel 1992, i Rage Against The Machine useranno questo scatto nel loro album omonimo, per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi.

I Rage Against The Machine lanciarono definitivamente, a livello commerciale, il genere musicale rap metal, o crossover, che avevamo già conosciuto durante gli anni ’80, grazie a Beastie Boys, Faith No More, Aerosmith e Anthrax. Negli anni ’90, se da una parte i R.A.T.M. diedero maggiore visibilità al genere rap metal, dall’altra, purtroppo, influenzarono la crescita di gruppi come Korn, Limp Bizkit, Linkin Park e System of a Down, ed il conseguente sviluppo di quell’abominio musicale denominato nu metal.

Siamo nel 1992, in pieno terremoto grunge, l’anno in cui la Jugoslavia proseguiva la guerra civile e secessionista, Falcone e Borsellino perdevano la vita a Palermo in due attentati ed in Italia scoppiava lo scandalo Mani pulite, anticamera di tangentopoli dell’anno successivo. Nello stesso periodo storico, il democratico Bill Clinton veniva eletto presidente degli Stati Uniti al posto dello sconfitto George Bush, mentre la tecnologia, che stava facendo passi da gigante, stava diventando sempre più indispensabile, fino a modificare in maniera significativa usi e costumi degli esseri umani in ogni settore della vita.

Nel 1992, nell’ambito musicale, queste erano le uscite discografiche nel panorama rock e hard rock/metal: Dirt degli Alice In Chains, Core degli Stone Temple Pilots, l’MTV Unplugged dei Pearl Jam, Vulgar Display Of Power dei Pantera, Countdown To Extinction dei Megadeth, Blues For The Red Sun dei Kyuss, Dirty dei Sonic Youth, Fear of the Dark degli Iron Maiden, Incesticide dei Nirvana, Lucky Town di Bruce Springsteen, America’s Least Wanted degli Ugly Kid Joe, Keep the Faith dei Bon Jovi, Adrenalize dei Def Leppard, Revenge dei Kiss, Opiate dei Tool, The Crimson Idol degli WASP e Wish dei The Cure. Questo, ovviamente, è solo un elenco parziale ed eterogeneo della produzione musicale rock di quell’anno.

I R.A.T.M. erano ossessionati dal rap e da un modo alternativo di songwriting, non ci sono vere e proprie melodie nei loro album, ma al contrario di gruppi come Korn, Limp Bizkit e Linkin Park, erano parecchio musicali e radiofonici.

Il chitarrista Tom Morello sapeva bene come produrre effetti bizzarri con la sei corde e soprattutto riff memorabili, geniali e indimenticabili. Basti pensare ai riff di brani quali Take The Power Back, Know Your Enemy, Killing In The Name, Wake Up e Bombtrack. I Rage Against The Machine sottolinearono sempre che tutti i suoni dei loro album sono stati prodotti da chitarra, basso, batteria e voce. Nessun sintetizzatore. Vinnie Vincent fece la stessa cosa negli anni ’80 e prima di lui era successo anche ai Queen.

I R.A.T.M. sono stati una delle migliori band emerse negli anni ’90: nel loro debut album, l’argomento principale era l’innocenza dell’attivista nativo americano Leonard Peltier, secondo le cronache, imprigionato ingiustamente. Però, il fatto che De La Rocha abbia sempre appoggiato soltanto presunti colpevoli lascia un po’ interdetti e scettici. Abbiamo dovuto aspettare ben quattro anni per ascoltare il loro secondo disco: forse perché ci è voluto un po’ di tempo prima che Zack trovasse altri argomenti che lo facessero incazzare?

In Evil Empire del 1996, la sua attenzione si spostò sull’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e sull’ingiusta condanna a morte di Mumia Abu-Jamal, accusato di aver ucciso un poliziotto. Anche in questo caso, quello dei Rage, sembra più un appoggio a prescindere, forse perché secondo loro i poliziotti meritano di essere fatti fuori in ogni caso.

Anche senza un grande sostegno da parte delle radio, i R.A.T.M. riuscirono comunque a ottenere un grosso successo commerciale, e la maggior parte del merito va sicuramente a De La Rocha, per il fatto che faceva tendenza l’essere sempre informati su quello che accadeva nel mondo. Quando, ad esempio, Zach cantava “Fuck You, I Won’t Do What Ya Tell Me”, è innegabile la forte presa emotiva che ebbe sul pubblico adolescenziale e sui fan di quel genere musicale.

Però mi sono sempre chiesto, chissà quanti di quegli adolescenti, cantando quel ritornello a squarciagola, stavano davvero pensando ai combattenti messicani dell’esercito di liberazione. Probabilmente, è più verosimile che gli adolescenti stessero protestando contro i compiti in classe. Però, va detto che c’erano anche coloro a cui piacevano quei testi e che pensavano veramente a Zapata. E Zack sembrava rivolgersi proprio a quei pochi.

Rage Against the Machine è un disco assolutamente imperdibile, del quale, però, sconsiglierei l’ascolto a tutto volume mentre si è alla guida di un’automobile: rischiereste di fomentarvi troppo e di ritrovarvi addosso ad un guardrail, oppure potreste ritrovarvi a ripetere il ritornello di Killing In The Name al tizio della polizia municipale che vi ha semplicemente chiesto patente e libretto.

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