Soundgarden: recensione di Badmotorfinger

Recensione a cura di Andrea Musumeci

8 ottobre 1991. I Soundgarden pubblicano l’album Badmotorfinger, lo stesso anno di pubblicazione di Ten dei Pearl Jam e Nevermind dei Nirvana.

Il 1991 ha rappresentato la genesi dell’era grunge, ma fu anche l’anno della nuova guerra petrolifera (la terza dell’ultimo ventennio), sotto il nome di Guerra del Golfo, che vide gli Stati Uniti, assieme ai i suoi alleati, schierarsi contro l’Iraq di Saddam Hussein.

Nel frattempo, l’URSS cessò di esistere e venne divisa in una confederazione di stati indipendenti, Slovenia e Croazia ottennero l’indipendenza dalla Jugoslavia a seguito di una vera e propria guerra civile, mentre la secessione economica distrusse il sogno americano del benessere maturato dal dopoguerra fino al decennio ’80, causando disoccupazione e allargando sempre di più la forbice tra il ceto sociale benestante e tutti gli altri.

Contestualmente, tecnologia ed informatica stavano gettando le basi per un futuro sempre più dipendente dal supporto digitale, mentre tornava di moda la sperimentazione, e si affacciava sempre più urgente la necessità di fusione tra generi diversi per sopravvivere all’instabilità del cambiamento.

Tornando all’ambito musicale; lo tsunami grunge dei ’90, tema oramai più che discusso e inflazionato, travolse tutto ciò che aveva vissuto di fama, virtuosismo, sfarzo economico e lustrini nel decennio antecedente, sebbene il tracollo del metal anni ’80 non fu del tutto immediato; basti pensare solamente al successo del doppio Use Your Illusion dei Guns N’ Roses e del Black Album dei Metallica, entrambi pubblicati nel 1991

Tra i lavori discografici più interessanti e seminali pubblicati nel 1991, provenienti dalla nascente scena di Seattle, ci fu senz’altro Badmotorfinger dei Soundgarden.

Badmotorfinger fu l’anello di congiunzione tra il sound ancora troppo ruvido e grezzo di Louder Than Love e quello dalle tonalità decisamente più “pop” di Superunknown.

Badmotorfinger, probabilmente, racchiude l’essenza più genuina dei Soundgarden.

Chris Cornell, relegato in quella che era la nascente realtà grunge, dimostrò, invece, a dispetto di certi inquadramenti stilistici, di essere un performer versatile, una specie di Robert Plant in camicia da boscaiolo, forte del suo timbro soul e di una notevole estensione vocale.

La domanda che sorge spontanea è: i Soundgarden riuscirono a rompere quella gabbia di ruggine? Diciamo che, sicuramente, riuscirono a fare un upgrading importante dal loro status underground di gruppo spalla delle band hard rock degli anni ’80 a quello di nuovi idoli delle arene rock.

Rusty Cage, Outshined, Face Pollution, Drawning Flies, Jesus Christ Pose, Mind Riot e Searching With My Eye Closed, sono alcune delle tracce più significative di Badmotorfinger; composizioni che vanno a determinare l’anima portante di una struttura sonora dalle inequivocabili influenze heavy metal (tanto che in alcuni momenti dell’album sembra addirittura di ascoltare i Sepultura post Chaos A.D. feat. Chris Cornell), senza dimenticare i richiami a contaminazioni stoner, doom e hard rock, fino a sollecitare certi retaggi psichedelici anni ’70 in stile, nemmeno a dirlo, Led Zeppelin e Black Sabbath. Di fatti, non è un caso che il chitarrista Thayil faccia un uso costante della tecnica drop D, tanto cara a Tony Iommi.

Ricordo ancora la prima volta che vidi il video di Jesus Christ Pose in rotazione su MTV: in quel periodo l’immagine della band era più vicina a quella di una qualsiasi band heavy metal e quasi per nulla riconducibile al principio di narrativa grunge che, invece, arrivava dai canali tematici dell’epoca.

Badmotorfinger è, dunque, un marchio definito e riconoscibile, nonostante si cada spesso nel tranello di omologare prodotti non sempre omogenei e compatibili tra loro, col rischio di inserire troppi ingredienti nel grande frullatore grunge; semplificazione critica grazie alla quale, però, gli stessi Soundgarden trovarono funzionale in prospettiva, riuscendo a ottenere il pass partout per la sovraesposizione mediatica, per raggiungere il grande pubblico e, di conseguenza, il successo commerciale.

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