Stonewood: recensione di Stonewood – 2 novembre 2018

Stonewood

Stonewood

autoproduzione

2 novembre 2018

genere: stoner, hard rock, southern

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Benvenuti nella foresta di pietra.

Un detto cinese locale dice: ” Se vai a Kunming e non vedi la foresta di pietra, allora hai sprecato il tuo tempo”.

Stonewood è, dunque, una tappa obbligata per raggiungere la suggestiva Foresta di Pietra.

Vi chiederete, cosa c’entrano l’elettricità del deserto e le strade polverose del sud della California con le antiche vie di Roma?

Probabilmente, dovremmo chiederlo ai cinque sciamani romani Stonewood, emergente band rock stoner della capitale che nel suo debut album omonimo, autoprodotto e pubblicato lo scorso anno, ha deciso di affrontare tematiche e sonorità legate allo spazio (Down From the Stars), all’universo e all’atmosfera.

Tematiche predilette dal genere stoner, il quale, negli anni Novanta, spostò la sua attenzione dal deserto alle stelle, habitat ideale per raccontare storie fantasy di allucinazioni e trip cerebrali.

L’artwork di Stonewood raffigura una capra spaziale. C’è chi, in passato, ha inviato la cagnolina Laika nello spazio e chi, come il quintetto romano, ha, invece, pensato di affidare la sua missione ad una capra (Space Goat), nonostante la reputazione negativa che porta con sé questo animale, storicamente legato ad una cultura rurale ed esoterica.

Gli Stonewood arrivano da Roma e fanno il loro esordio discografico nel 2018, dopo quattro anni dalla loro fondazione ed in seguito ad un’intensa attività live come opening act di band nazionali ed internazionali come Nebula, Gozu, Holy Grove, No Mute, Black Rainbows e Mondo Generator.

Le 5 “capre spaziali”, Augusto, Fabio, Carlo, Francesco e Vito, hanno sfornato un prodotto casalingo e casereccio composto da otto canzoni, cantato (belato) in inglese, fatto di accordature basse e ronzanti tipiche della tradizione blues stoner (Bluestone) californiana e di riff heavy di matrice doom seventies.

Il tutto senza trascurare la contaminazione con sonorità southern e alternative rock più radiofoniche, che trasferiscono al disco un ascolto più malleabile e versatile.

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