Demagó: recensione di Ferite

Demagó

Ferite

(R)esisto

19 marzo 2021

genere: pop rock

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Recensione a cura di Luca Paisiello

Gli umbri Demagó hanno preso il nome dal bar “Les deux Magots”, frequentato a Parigi da poeti come Rimbaud e Baudelaire e il Re Lucertola.

Originari di Città di Castello, i Demagó hanno iniziato a suonare assieme nel 2013, pubblicando nel 2015 Linea di Confine, il loro primo disco, aprendo poi ai concerti di Roy Paci, Rezophonic, Pinguini Tattici Nucleari, Banco del Mutuo Soccorso.

Ferite è il nuovo EP di questi cinque ragazzi contenente quattro tracce pop rock, cambiando passo dopo la prima esperienza discografica, intraprendendo un nuovo percorso grazie ad un sound più vicino alla scena britannica e raccontando Il Mio Demone interiore e tormenti esistenziali, mentre descrivono nei loro testi un futuro pericolosamente in bilico a causa di mestieri e relazioni instabili.

Precario parla proprio di mutui e di casse integrazioni, sogni e crisi economiche da combattere. Le Mani è un brano introspettivo che racconta di attese di rinascita mentre si rimane al buio dell’anima. Stendimi, l’ultimo brano di questo EP, fa una panoramica su noie e pensieri della loro generazione stordita dalle insicurezze.

Le inflessioni cantautorali raccontate in prima persona si insinuano nel riffing piuttosto semplice e meccanico, scivolando sempre su una certa orecchiabilità, provando dinamiche e strutture che svecchiano la formula consolidata strofa e ritornello perfettamente calibrato.

Una band da rivedere sulla lunga distanza di un album completo, in cui speriamo di trovare spazio anche a sperimentazioni più audaci.

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Tracklist:

1. Il Mio Demone

2. Precario

3. Le Mani

4. Stendimi

Membri della band:

Carlo Dadi: chitarra

Moreno Martinelli: chitarra

Emanuele Bruschi: voce

Marco Signorelli: batteria

Luca Moscatelli: basso

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