ACID MAMMOTH: recensione di UNDER ACID HOOF

ACID MAMMOTH

UNDER ACID HOOF

24 gennaio 2020

Heavy Psych Sound

genere: doom, stoner, heavy psych, greek metal

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Nella terra di Zeus, la scena underground heavy stoner e doom psichedelica è decisamente attiva ormai da diverso tempo; basti pensare a band greche consolidate a livello internazione quali Nightstalker e 1000mods.

A distanza di tre anni dal disco d’esordio omonimo, esce Under Acid Hoof, secondo album della band doom metal ellenica Acid Mammoth, edito per la Heavy Psych Sound.

Mixato e masterizzato da Dionysis Dimitrakos dei Descent Studios, la nuova release degli Acid Mammoth continua il percorso oscuro intrapreso nel 2017, che in questo capitolo si fa più pesante e minaccioso.

Le chitarre del duo Babalis Senior e Junior (rispettivamente padre e figlio), la voce lamentosa ed osbourniana di Chris Babalis e la sezione ritmica densa e claustrofobica stordiscono l’ascoltatore con tappeti sonori cadenzati e malvagi mescolati a riff roventi e psichedelici ripetuti all’infinito, che ripercorrono, in maniera maniacale, i principi della dottrina ortodossa dei Blue Cheer, Electric Wizard, Sleep, St. Vitus, Iron Butterfly e soprattutto Black Sabbath.

Dimenticatevi gli strumenti greci convenzionali dell’antichità come Lira, Cetra, Cimbali e Flauti: quello degli Acid Mammoth è un magma sonoro che ribolle in superficie, incandescente come asfalto liquido, pesante ed ingombrante come zoccoli di mammuth in un campo minato, al pari di un rullo compressore che avanza e schiaccia ogni roccia dinanzi a sé.

Under Acid Hoof parte dalle fatiscenti strade del Pireo per arrivare a bombardare la fortezza divina del Partenone, fino a ridurlo in macerie, ma mantenendone magnetismo e bellezza storica.

Le cinque danze selvagge, esoteriche e dionisiache dei quattro sciamani ellenici si sviluppano in un suggestivo barrito liturgico di 35 minuti, tra sonorità lente, deflagranti, tetre e grasse, nelle quali domina il re indiscusso dei pedali stoner, il fuzz, in mezzo a solchi ipnotici e assoli visionari che si propagano nell’atmosfera plumbea.

Immaginate di trovarvi da soli, in una enorme casa a due piani, completamente al buio, senza corrente elettrica, circondati soltanto dal sibilo assordante del silenzio in sottofondo e da sinistri rumori che vengono dal piano di sopra, mentre venite sopraffatti da un’improvvisa sensazione di paura e sgomento.

Il realismo magico prodotto dagli Acid Mammoth aumenta brano dopo brano e trova la sua massima espressione emotiva nella metafora del mammuth, simbolo della coscienza umana, della distruzione del passato, dell’estinzione della tradizione, a favore della modernizzazione, dell’industrializzazione. Un crepuscolo umano nel quale vengono annientati i sogni e le certezze del passato mentre si affollano le ombre dell’inquietudine e dell’incomunicabilità.

Siamo, dunque, diventati come i mammuth: una specie a rischio estinzione, che insegue l’obiettivo utopico che qualcosa possa tornare com’era una volta.

Under Acid Hoof è un omaggio alla tradizione e all’insegnamento delle linee guida del genere doom: un atto ossequioso, pagano e cerimoniale nei confronti del pachiderma dalle grandi corna imbevute nell’acido lisergico.

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MEMBRI DELLA BAND:

Chris Babalis Jr. – voce, chitarra

Chris Babalis Sr. – chitarra

Dimosthenis Varikos – basso

Marios Louvaris – batteria

TRACKLIST:

1. Them!

2. Tree Of Woe

3. Tusks Of Doom

4. Jack The Riffer

5. Under Acid Hoof

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