Franco Battiato: recensione di La Voce del Padrone

Recensione a cura di Chiara Profili

21 Settembre 1981.

Franco Battiato fa conoscere al mondo quello che diventerà il suo disco più famoso: La Voce del Padrone.

Parlarne adesso, a quarant’anni di distanza dalla sua uscita e a pochi mesi dalla scomparsa dell’artista siciliano, rende il compito ancora più arduo; c’è il rischio che la commozione prenda il sopravvento. D’altronde, abbiamo perso da poco uno dei più grandi cantautori italiani di sempre (se lo chiedete a me, il più grande). Una persona dotata di uno stupefacente gusto musicale, di una spiccata intelligenza, di una curiosità fuori dal comune e di un misticismo oltremodo intrigante.

Chi non ha mai canticchiato Centro di Gravità Permanente o Cuccurucucù, intonandole con leggerezza, alla stessa stregua di un jingle pubblicitario?

In quanti, però, si sono veramente preoccupati di capire cosa volesse dirci Battiato con le liriche di questi componimenti apparentemente naïf e decisamente orecchiabili?

Poco importa, perché il poeta contorto e indecifrabile degli anni ’70 riesce a trovare, con La Voce del Padrone, una linea diretta col pubblico mainstream pur mantenendo il suo tipico stile criptico, che viene accompagnato da melodie accattivanti e ritornelli irresistibili.

Giochi di parole, citazioni colte (ma anche pop), personaggi esotici e atmosfere metafisiche, si intrecciano a momenti di sensualità, ironia e critica sociale.

Il tutto in soli 7 brani per appena 30 minuti di musica. Less is more, ça va sans dire.

Summer on a Solitary Beach, Bandiera Bianca e Gli Uccelli nel lato A; Cuccurucucù, Segnali di vita, Centro di Gravità Permanente e Sentimiento Nuevo incisi sul lato B. Potenzialmente, sette singoli di successo. Praticamente un greatest hits.

La chitarra di Alberto Radius, gli arrangiamenti di Giusto Pio e la produzione di Angelo Carrara vanno ad impreziosire un mosaico fatto di tasselli autoportanti, ma che si incastrano alla perfezione gli uni con gli altri.

La Voce del Padrone è un capolavoro di rara bellezza; di certo non l’unico nella discografia di Franco Battiato, sicuramente il più popolare. Un disco imprescindibile, che ognuno di noi dovrebbe possedere e che dovremmo riascoltare ogni qualvolta ci sentiamo sommersi da immondizie musicali.

Perché è bellissimo perdersi in quest’incantesimo.

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