Firenze Rocks, 15 giugno 2018: Guns N’Roses

Firenze Rocks, 15 giugno 2018: un concerto da svenimento.

I Guns N’Roses hanno infiammato e alzato la pressione dei 65mila presenti all’ippodromo di Visarno per più di tre ore, dalle 20:15 alle 23:30.

Più di tre ore di concerto, che diciamocelo, al giorno d’oggi, chi te le fa più.

Musicisti che hanno superato abbondantemente la soglia dei cinquanta anni, che riescono ancora ad alimentare e a trasmettere la loro passione per il rock. Musicisti che io amo definire “gente de core”.

Facendo un rapido resoconto della seconda giornata del Firenze Rocks: quest’evento si è aperto già nel pomeriggio, dalle ore 17, con i tre gruppi spalla che hanno scaldato quella folla di gente accorsa lì, principalmente, per vedere gli headliner Guns N’Roses.

Alle 17 hanno aperto le danze i Pink Slips, una band rock noise giovane, verace, però ancora un pò grezza, capitanata dalla cantante Grace McKagan.

Si, proprio lei, la figlia del famoso bassista dei Guns N’Roses , che si è presentata al pubblico del Visarno con un rossetto alla Joker e soprattutto con tanta grinta e personalità.
Papà Duff sarà stato sicuramente orgoglioso della sua ‘bambina’.

Dopo i Pink Slips, si sono avvicendati sul palco le altre due band spalla, prima i Baroness e poi i Volbeat.

E devo dire, in tutta sincerità, che la setlist dei gruppi spalla di Imola, lo scorso anno, è stata di gran lunga migliore. Delle loro performance di ieri pomeriggio mi è rimasto davvero poco o nulla.

Considerando la prestazione delle tre band che hanno anticipato l’ingresso dei Guns N’Roses , mi dispiace dire che non mi è rimasto impresso davvero nulla, né un bel riff cazzuto, né un ritornello avvincente, nulla di questo.

Eccezion fatta per il volume troppo basso del microfono del cantante dei Baroness, i capelli alla Jason Newsted della chitarrista dei Baroness, il fastidioso volume stavolta troppo alto della cassa durante l’esibizione dei Volbeat, praticamente si sentiva soltanto la batteria, ed infine la cover di una canzone di Johnny Cash rivisitata dai Volbeat, letteralmente inascoltabile.

Il cantante ci ha pure chiesto: “Vi piace Johnny Cash?”.

Johnny, dall’alto dei cieli, sii buono con loro, perdonali.

Alle 19:15 i Volbeat salutano il pubblico (grazie al cielo), lasciando dunque che venisse allestito il palco per l’entrata dei Guns N’Roses

L’immensa folla non aspettava altro, la lunga attesa era quasi terminata.
Alle ore 20:15 sono tutti sul palco: Axl Rose, Duff, Slash, Richard Fortus, Dizzy Reed e Frank Ferrer.

Il pubblico impazzisce letteralmente di gioia e scatena tutta l’adrenalina sulle note di It’s so Easy, Mr.Brownstone, Welcome to the Jungle, Chinese Democracy e Double Talkin Jive.
Mica male come inizio, meglio di Disneyland.

Pensavo a quei fan presenti anche il giorno prima, che avevano avuto la fortuna di vedere i Foo Fighters suonare It’s so Easy proprio insieme ad Axl, Duff e Slash, sullo stesso palco.
Se avete pianto per la gioia, vi capisco benissimo.

L’unico appunto che mi sento di fare ai Guns N’Roses è il fatto di avere in scaletta troppe cover: considerando l’ampia discografia, nonostante lo scioglimento del gruppo dopo il 1993, faccio fatica a leggere una setlist con tutte quelle cover.

Personalmente ne metterei di meno, e poi toglierei qualche brano diventato oramai troppo fastidioso per le corde vocali di Axl.

È vero, Axl, fisicamente, è apparso un pò imbolsito, ma, nonostante questo, la sua voce ha retto alla grande, e soprattutto tiene ancora il palco da vero trascinatore, in maniera naturale, come solamente le rockstar sanno fare.

Axl è un leader carismatico, unfuoriclasse del palcoscenico, un animatore di folle, gli è sufficiente un semplice gesto, come ad esempio alzare una mano verso l’alto e muoverla, che immediatamente tutta la folla sotto di lui farà il suo stesso gesto.

Altri cantanti, invece, il coinvolgimento del pubblico lo devono chiedere, quasi elemosinare.

Nel frattempo Slash ha mandato in visibilio la folla con i suoi virtuosismi, i suoi assoli ed il suo tocco inconfondibile, non si è mai risparmiato; mentre Duff è stato il solito Duff, leggermente più impostato rispetto agli altri della band, ci ha regalato la sua nota attitudine punk con la cover di You Can’t Put Your Arms Around A Memory e Attitude.

Per Slash e Duff il tempo sembra essersi fermato all’inizio degli anni ’90.

Ovviamente, nessun paragone con quegli anni, piuttosto c’è da apprezzare che, nonostante tutto, siano ancora sul pezzo, in tour, a tenere ancora alto e turgido il vessillo del rock, a fare impazzire il pubblico, composto anche da ragazzini che hanno conosciuto i Guns N’Roses soltanto recentemente, e che per forza di cose non hanno idea di ciò che sono stati alla fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90.

Alla fine, come già detto, Axl ha tenuto bene a livello vocale, a parte tre canzoni, verso la fine del concerto: evidentemente ha un pò accusato il fatto di aver perso, col passare degli anni, potenza sulle note basse, per l’immensa gioia dei suoi detrattori che non vedevano l’ora di vederlo in difficoltà.

Coma, Knockin on Heaven’s Door e This i Love, le tre fasi dolenti, mentre Shadow of Your Love, November Rain e Rocket Queen sono state eseguite in maniera magistrale da Axl Rose.

Gli ultimi due minuti di Rocket Queen, a mio avviso, sono, ancora oggi, i due minuti più belli degli anni ’80, ed io ho ancora la pelle d’oca.

Però Axl, dopo un breve passaggio di sofferenza, è risorto, come l’araba fenice, tornando su alti livelli proprio nella parte conclusiva del concerto.

Personalmente, a parte l’aspetto vocale, ho trovato addirittura un Axl Rose cambiato, più empatico, più sorridente ed interattivo con il pubblico.

Soltanto un anno fa, a Imola, durante il tour della reunion, mi ricordo un Axl piuttosto distaccato: ieri sera invece era diverso, Axl se l’è quasi coccolato il suo pubblico, lo ha coinvolto, lo ha abbracciato e si è fatto abbracciare a sua volta.

Chi è fan di Axl, sin dagli anni ’80, sa bene che è un fatto del tutto inusuale ed inedito.

Mi piace pensare che l’età lo abbia addolcito e ammorbidito un pò.

Secondo me, chi critica Axl, facendo ancora paragoni con il 1988 o il 1992, è semplicemente patetico, e non lo dico per offendere: i Guns N’Roses non devono piacere per forza e non hanno bisogno di avvocati difensori.

Semplicemente in maniera affettuosa, nel senso che sono passati trent’anni anni, le cose cambiano, nemmeno noi siamo più i fan che eravamo una volta: il ritornello “Axl Rose non è quello di una volta” lo abbiamo imparato a memoria.

Oppure i soliti disfattisti: “Eh però senza Izzy e Steven non sono i Guns d’una volta”, ed infine gli incontenabili: “Ma Don’t Cry non la fanno?”.

Mi verrebbe da chiedere a qualche contestatore presente ieri sera, ma voi che siete venuti a fare?

Ieri sera abbiamo cantato, abbiamo perso la voce, abbiamo ballato, ci siamo innamorati e abbiamo addirittura visto una stella cadente.

E dopo tutto questo tempo, abbiamo assistito ad un concerto meraviglioso.
Si può riavvolgere il nastro e tornare a ieri sera?

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