Benediction: recensione di Ravage Of Empires

Benediction

Ravage Of Empires

Nuclear Blast

04 aprile 2025

genere: death metal, thrash-death

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Ah, la potenza salvifica e vitalizzante della nostalgia! Chi di noi, che abbiamo superato gli “anta”, può dirsene immune? Chi non ha, almeno una volta, pensato a quanto sarebbe bello tornare negli anni d’oro con il bagaglio di esperienza di adesso?

Se ci fosse una riedizione in versione metal di Sliding Doors, la colonna sonora spetterebbe di diritto ai britannici Benediction, i quali, con il nuovo album freschissimo di stampa Ravage Of Empires, mostrano di saperlo fare benissimo. Grazie a una produzione fresca, moderna e vicinissima alla precedente release, dove melodie e armonie sono più prossime a Trascend The Rubicon e, ancor più, a Grind Bastard, i Benediction mettono a segno la perfetta amalgama di passato e presente.

Rileggendo i titoli della loro discografia, mi viene da pensare che i deathsters inglesi sono una di quelle band che puoi comodamente acquistare a scatola chiusa, perché sai già cosa aspettarti e quindi non rimarrai mai deluso. Io no di certo: tutta la perizia analitica di questo mondo (o, per lo meno, quella di cui sono capace) non può spiegare in alcun modo quanti e quali ricordi mi evochi questa formazione, ma in particolare quest’album.

Ma voi avete presente quanto è bello il death metal old school, se mixato con il bilanciamento e la pulizia delle produzioni moderne? Certo, non lo scopriamo oggi, ma sarebbe bello saperlo riscoprire ogni volta. Se a questo bagaglio emotivo aggiungiamo una corposa vena ispirata e un songwriting senza cadute di tono, capirete il perché di tanto entusiasmo.

La cover dell’album mi aveva già ispirato, con l’inconfondibile logo e i colori sgargianti a far da sfondo a uno scenario apocalittico in cui passeggia a mezz’aria una sorta di (citazione letteraria) Randal Flagg. Ma è il succo sonoro ad avermi folgorato sin dal primo ascolto: dal profondo e nitido growl di Dave Ingram a un riffing vintage, ma per nulla scontato, che si avverte sin dalla cangiante opener A Carrion Harvest.

E stai fresco a dire che ci sono dischi che devono essere assimilati, metabolizzati, lasciati decantare. Tutto vero, ma vuoi mettere l’amore a prima vista? Quando capita, non stai lì a chiederti se sia la più bella, colta, raffinata del reame: l’ami e basta. E a me così è capitato con la stupenda Beyond The Veil, un’anima thrash degna dei (secondo me) migliori Sepultura: melodie vocali inconfondibili e ben scandite. Restare fermo, durante l’ascolto, diventa impossibile, tarantolato come sono dal morso dei Benediction.

Le radici thrasheggianti del gruppo si snodano lungo l’intero platter, in profondità: ma chi sono io per affibbiare ai veterani di Birmingham un’etichetta? “Do I have the right?”, canta Dave nella sontuosa Genesis Chamber, dove sound della batteria e main riff tremolato riprendono i motivi di A Carrion Harvest, per svilupparli lungo nuovi e più articolati percorsi, chiudendo uno splendido trittico “scary”. Si, perché poi Ingram e soci, in Deviant Spine, danno sfoggio del loro vasto campionario tecnico, con lo straordinario lavoro dietro le pelli di Giovanni Durst, supportato da un arrangiamento cupo e vagamente sincopato.

Questo splendido brano fa da ponte verso un filotto di puro sapore thrash metal: quello nudo e crudo di Engine Of War, quello dal riff di stampo hardcore di The Finality Of Perpetuation, fino a quello dagli accenni groove della potentissima Crawling Over Corpses. Tre mazzate tra capo e collo che lasciano la loro scia di sangue nelle tiratissime (e ottimamente arrangiate) In The Dread Of The Night e Drought Of Mercy: tra le loro strofe si potrebbe trovare il compendio della bravura di Dave, che sembra crescere con gli anni dietro il microfono, nonché lo spirito dell’intera opera.

Un ascolto, quello di The Ravage Of Empires, mai avaro di emozioni, che a tratti mi genera le stesse vibrazioni di un album degli Obituary: semplice, immediato, dritto al sodo, senza fronzoli (né assoli), con una ispirazione e una precisione degna di un killer professionista. E (lo dico sommessamente), in Psychosister ne sento persino l’eco.

Dulcis in fundo (o venenum in cauda, se preferite), la chiusura viene riservata alla title track, forse l’episodio più groovy in assoluto: i Benediction salutano con un feroce headbanging e già non vedo l’ora di mandare da capo un disco che, con ogni probabilità, non sarà ricordato come il più bello e completo dell’anno, ma sicuramente concorrerà per essere il mio preferito. E questo, mi concederete, non è affatto secondario. Semplicemente imperdibile, se avete vissuto da deathsters i dorati anni ’90.

Tracklist:

1. A Carrion Harvest. 2. Beyond the Veil (of the grey mare). 3. Genesis Chamber. 4. Deviant Spine. 5. Engine of War. 6. The Finality of Perpetuation. 7. Crawling over Corpses. 8. In the Dread of the Night. 9. Drought of Mercy. 10. Psychosister. 11. Ravage of Empires.

Lineup:

Dave Ingram – voce
Peter Rewinsky – chitarra
Darren Brookes – chitarra
Giovanni Durst – batteria
Nik Sampson – basso

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