Recensione di Simona Iannotti
Low è l’incipit della trilogia berlinese di David Bowie, registrato a Parigi e pubblicato il 14 gennaio 1977.
Questo disco nasce da una profonda collaborazione con Iggy Pop, difatti alcuni brani scartati da The Idiot, vengono invece introdotti in Low.
Le canzoni di questo album figurano come colonna sonora nel film L’Uomo Caduto Sulla Terra, interpretato dallo stesso Bowie.
La rosa dei partecipanti in sala di registrazione resta invariata per tutti e tre i capolavori: Tony Visconti, imprescindibile alla produzione e Brian Eno come presenza ispiratrice.
Inoltre, compare anche Iggy Pop tra le voci coriste in What in The World.
La prima traccia di Low è Speed Of Life. Una canzone puramente strumentale che nasce in dissolvenza, cosa che ci dà come la sensazione di qualcosa di già iniziato. Effetto questo che enfatizza come la vita possa scorrere veloce attorno a noi.
Composta da sintetizzatori e dal suono della batteria leggermente distorto sembra l’anello di congiunzione tra la metamorfosi ottenuta a Berlino, e l’istrionico Ziggy dal gusto glam.
Proseguendo al terzo posto dell’album troviamo What In The World. Sin dalle prime note si distingue la voce profonda e piena di Iggy Pop. La canzone ci risulta caotica, con i suoni distorti dai sintetizzatori e un testo che tratta il senso di isolamento provato, probabilmente, dal protagonista in quei giorni.
Con Sound And Vision raggiungiamo quello che è il massimo del guizzo creativo di David Bowie. Ricordiamo che Bowie era fuggito dagli eccessi di Los Angeles per approdare a Berlino e utilizzare la musica come sfogo artistico e terapia dell’anima.
Sound And Vision è la più famosa del disco, infatti viene scelta come singolo. Brano dal ritmo accattivante, ma sempre intriso di un alone di ironica tristezza. Il testo gioca sull’ambiguo significato in inglese del termine Blue, che può riferirsi sia al colore, ma anche alla definizione di uno stato d’animo.
Ora, saltando qualche traccia centrale, vorrei portarvi dove il disco si veste di sperimentazione, genialità e stravaganza. Le ultime tre composizioni sono il frutto di ciò che Bowie vede e sente durante il suo soggiorno nella Berlino del muro.
Per la stesura di Warszawa, Bowie trae ispirazione da un suo viaggio nella città polacca e decide, così, di intrappolarne il senso di desolazione dal quale si era sentito investito durante questa escursione, in un brano molto lento, con uno spirito quasi religioso e interamente realizzato da Brian Eno.
Brian Eno e David Bowie, in queste ultime tre tracce, abbandonano i toni pop per giocare e saggiare nuove sonorità. Particolarmente evidente il loro sodalizio musicale in Art Decade, il quale ci trascina in uno stato d’animo inquieto, onirico, quasi fosse la scena criptica di un film.
In realtà è la reazione di Bowie alla Berlino ovest, imprigionata e tagliata fuori dalla cortina di ferro del blocco sovietico. Città definita dallo stesso autore “Arte decaduta”.
Weeping Wall. Muro piangente.
La visione del muro di ferro, dagli Hansa. Questo è ciò che si aveva davanti agli occhi affacciandosi dagli studi di registrazione Hansa. E questa canzone ne suscita in pieno le sensazioni lugubri e malinconiche.
Low si chiude con Subterraneans: un brano dalle atmosfere tetre e incidenti e volto ai cittadini dimenticati della Berlino Est, che nella fazione Ovest hanno lasciato familiari, amori, amici. L’assolo di sassofono rielaborato da Eno e Bowie, completa l’opera di per sè già amara.
Low è il prodotto di un artista immenso in una città massacrata dalla guerra, con la quale è riuscito ad entrare intimamente in empatia. Grazie anche a Brian Eno e Tony Visconti che con il loro contributo hanno regalato alla musica un disco meraviglioso.
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