Pearl Jam: recensione di Dark Matter

Pearl Jam

Dark Matter

Monkeywrench Records/Republic Records

19 aprile 2024

genere: hard rock, power rock, emotional folk-rock

_______________

Recensione a cura di Andrea Musumeci

Nel clima di divisioni ideologiche e conflittualità verbali in cui versa oggigiorno il mondo dei social, c’è chi come i Pearl Jam tenta con ogni mezzo di venire incontro all’esigenza di ritrovare una visione che sia aggregante, inclusiva e positiva, cercando di ritornare su sentieri già battuti, per ripeterli e tracciarvi a fianco nuovi cammini.

A quattro anni di distanza dalla pubblicazione di Gigaton, guidati da un imponente hype mediatico e dalla voglia di dimostrare di essere ancora socialmente utili nell’attività di sostegno alla musica rock, i Pearl Jam tornano alla ribalta della scena mainstream con il loro nuovo e attesissimo album (dodicesimo in carriera) intitolato Dark Matter, edito per Monkeywrench Records/Republic Records, sotto la produzione di Andrew Watt e anticipato dall’uscita dei singoli Running e la titletrack Dark Matter.

Negli ultimi quindici anni, per via di una scarsa ispirazione creativa che accompagna la loro parabola discendente dai tempi di Backspacer, Eddie Vedder e sodali sono stati piuttosto criticati (eufemismo) dalla loro stessa fanbase: se da una parte c’è chi afferma di aver smesso di seguirli addirittura dai tempi di Vitalogy, dall’altra c’è chi ha brillantemente intuito che gli ormai sessantenni Pearl Jam non sono più quelli di Ten e Versus.

Se da un lato il genere rock ha raggiunto da tempo il suo indice di obsolescenza programmata, dall’altro dimostra che, giocando a carte scoperte, può ancora sopravvivere grazie al business di quella forma deliziosa di ricatto che è la nostalgia, spillando altri soldi alle tasche di quei poveri fan oltranzisti e creduloni.

“Oh, help to carry me home, just need a few of you, oh maybe just the two of you”, canta Vedder nell’episodio di Upper Hand. Il significato è che nessuno si salva da solo, come faceva intendere José Saramago nel suo celebre romanzo Cecità. Così, anche i Pearl Jam, tra le righe testuali di Dark Matter, sembrano voler condividere l’essenza di questo pensiero filosofico, di questo messaggio umanistico: toccare con mano le fragilità interiori e constatare quanto basti poco per ritrovarsi nel caos, confusi, disorientati, e sopraffatti da quel senso di inadeguatezza che Italo Svevo descriveva ne La Coscienza di Zeno.

Insomma, solo la lotta può salvarci da quella materia oscura che neghiamo di conoscere e che condiziona l’animo umano. Ma è chiaro che non possiamo farlo da soli. Si può riassumere così la sostanza tematica di Dark Matter: contenuti cupi e introspettivi, che raccontano storie di disagio e solitudine, abbracciando l’atteggiamento positivo dei buoni propositi.

Strani giorni quelli in cui si è costretti a pagare per gli errori di altri e per tutti quegli errori che continuiamo a ripetere ciclicamente. Ci ritroviamo, pertanto, a frugare tra le macerie emotive del presente (“combing through the wreckage”), dove resistere rappresenta l’unica speranza di tornare a vedere la luce del sole (“you’re like the sun, hiding somewhere beyond the rain, I’m needing for the light”).

Secondo quanto riportato da alcune testate giornalistiche: “Dark Matter segna, da un punto di vista musicale, un netto ritorno alle origini, con un sound ricco e graffiante e testi come sempre ispirati e profondi”. Al netto di una componente testuale tanto profonda quanto retorica, fa storcere un po’ il naso quel “netto ritorno alle origini da un punto di vista musicale”. Viene da chiedersi quali siano queste origini: quelle di Ten e Versus che risalgono a più di trent’anni fa? Solo perché in alcune canzoni il sound è “ricco e graffiante”? Diciamo che certi paragoni con un passato così lontano rischiano di apparire davvero troppo forzati, per non dire impietosi ed eccessivamente indulgenti.

Sotto l’aspetto strumentale, in Dark Matter non c’è alcun riferimento al passato dei primi Pearl Jam: mancano quei singoli trainanti, sebbene la direzione sonora, sempre più “vedder-centrica”, sia sicuramente quella della radiofonia e del rock da stadio. Ciò che affiora è dunque il consolidamento di una realtà che, invecchiando, ha cambiato pelle, mitigando quel sound primigenio, com’era fisiologico che fosse, per valorizzare la sua attuale vena emotional macchiata di country folk (Upper Hand, Wreckage, Something Special, Setting Sun) e intrisa di un calligrafismo classic-rock che attinge dal repertorio dei vari The Who e Tom Petty. In alcuni brani, è vero, si avverte un’estensione più “graffiante” (React Respond, Dark Matter, Running), tanto nel rinforzo dei riff quanto nella passione degli assoli, foss’anche per controbilanciare il tasso glicemico di diverse ballad melodiche fin troppo melense.

A tutto questo si aggiunge un altro cambiamento evidente, ovvero quello che riguarda la voce di Eddie Vedder, sempre più imbolsita e settata su tonalità calde, grazie a quel timbro baritonale così intenso, gorgheggiante e gradevole nei momenti più sommessamente folk, ma che invece sembra arrancare sullo sforzo richiesto dalle note alte.

Insomma, al di là di qualsiasi considerazione e analisi personale, l’unico modo per godersi appieno le nuove canzoni dei Pearl Jam – nel bene e nel male – è quello di non fare confronti con la gloria di certi ricordi, coi ritorni impossibili. “Bisogna gettare il passato dietro di sé per andare avanti”, diceva la mamma di Forrest Gump: a un certo punto ci accorgiamo di essere troppo stanchi per continuare a correre. Tutto a un tratto, finiscono i giorni di corridore. Finiscono i viaggiatori, ma non il viaggio.

Tracklist:

1. Scared Of Fear 2. React, Respond 3. Wreckage 4. Dark Matter 5. Won’t Tell 6. Upper Hand 7. Waiting For Stevie 8. Running 9. Something Special 10. Got to Give 11. Setting Sun

Membri della band:

Eddie Vedder, Mike McCready, Stone Gossard, Jeff Ament, Matt Cameron

© 2024, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.