Recensione a cura di Chiara Profili
3 settembre 1984. Gli Iron Maiden pubblicano Powerslave, il loro quinto album in studio, edito per EMI Records.
Per un amante dell’antico Egitto, come me, non può non balzare subito all’occhio la copertina di questo disco, che ritrae un Eddie in versione faraonica, raffigurato come una gigantesca statua che ricorda il tempio di Abu Simbel.
Gli Iron Maiden trassero spunto proprio da un viaggio che Dave Murray fece in Egitto. Durante il World Slavery Tour, il tour promozionale dell’album, le scenografie utilizzate dagli Iron Maiden erano, naturalmente, a tema egizio; davvero spettacolari.
Il disco si apre con due brani sulla guerra, una passata e una temuta.
Il primo, Aces High, si riferisce alla seconda guerra mondiale e sarà preceduto, nell’album live pubblicato dopo Powerslave, il Live After Death, dalla registrazione di un celebre discorso di Winston Churchill che anticiperà sempre il brano, negli anni a venire, nei concerti dei Maiden.
La seconda traccia, Two Minutes to Midnight, parla invece del momento in cui ci si è avvicinati di più all’avvento di una guerra nucleare, con particolare riferimento all’orologio dell’apocalisse (Doomsday Clock), un orologio simbolico creato dagli scienziati dell’Università di Chicago nel 1947.
Secondo tale orologio, la mezzanotte segnerebbe la fine del mondo, causata, appunto, da una guerra atomica.
Al momento della sua creazione, durante la guerra fredda, l’orologio fu impostato sette minuti prima della mezzanotte.
Nel settembre 1953 raggiunse le 11:58 (quindi 2 minuti a mezzanotte): si trattò del record, causato dallo sviluppo di bombe a idrogeno da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.
Il disco prosegue in maniera scorrevole, con le tipiche sonorità heavy metal che esaltano l’estensione vocale e le capacità interpretative di Bruce Dickinson.
La title track riprende il tema della copertina, ed è un grande classico degli Iron Maiden.
Ma il vero capolavoro di quest’album è l’epilogo, dulcis in fundo, come si suol dire. The Rime of the Ancient Mariner, tratta dall’omonima poesia di Samuel Coleridge, con i suoi 13 minuti e 41 secondi, è uno di quei brani lunghissimi, ma che non ti stanchi mai di ascoltare.
La superba voce di Dickinson ti trasporta nel racconto del marinaio e le sferzate delle chitarre ti colpiscono come le onde del mare.
Powerslave rappresenta, a parer mio, il culmine della carriera degli Iron Maiden, l’apice della loro crescita sia a livello musicale che a livello creativo.
Solo due anni prima, era uscito l’altro capolavoro della band inglese, The Number of the Beast.
I fan si dividono, ancora oggi, su quale sia il miglior disco fra i due. Io scelgo proprio Powerslave.
Sicuramente uno dei migliori dischi metal degli anni ‘80.
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