1° settembre 1989.
I Mötley Crüe pubblicano il loro quinto album Dr. Feelgood, uscito per l’etichetta discografica Elektra Records: il canto del cigno per la band di Los Angeles e per tutto il genere glam metal degli anni ’80.
Era il 1989 e con la pubblicazione di Dr. Feelgood i Mötley Crüe si posizionarono finalmente sul grande ingranaggio, in cima alla macchina da soldi del business discografico, in cui ogni concerto dei Crüe era sold out e ogni loro azione finiva sui giornali.
Ma non c’è modo di scendere dalla macchina senza farsi male, o addirittura morire.
È così fu… negli anni ’90.
“Gli Aerosmith stavano registrando ‘Pump’ nello studio accanto al nostro e vedevano il nostro stesso analista.
Così, dopo il lavoro, facevamo insieme le classiche cose ridicole che fanno le rockstar sobrie, tipo bere la Perrier o fare jogging lungo un lago.
Naturalmente tutto ciò era in netto contrasto con il principio punk al quale mi ero aggrappato quando ero un teenager.
Mi piaceva ancora il rock and roll chiassoso, grezzo, approssimativo e pieno di errori, volevo che ‘Same Ol’ Situation’ trasudasse sporcizia, che ‘Dr. Feelgood’ avesse un groove che ti spacca la testa, che ‘Kickstart my Heart’ trasmettesse la frenesia di una speedball (canzone ispirata all’overdose che aveva quasi ucciso Nikky Sixx, ndr), e ‘Don’t Go Away Mad’ doveva avere un rito che ti far venir voglia di distruggere la stanza.
Ma allo stesso tempo volevo un album di cui essere finalmente orgoglioso.
In clinica mi avevano detto che l’unico modo per disintossicarmi era di credere in un potete superiore capace di restituirmi la sanità mentale, e di cercare il suo aiuto.
La maggior parte delle persone sceglie Dio o l’amore. Io ho scelto l’unica donna che non mi aveva mai abbandonato in tutta la mia vita: la musica. Ed era ora di ripagarla per la sua fiducia e perseveranza.
Stavo agendo basandomi su una fede incondizionata. Travolti dall’eccitazione per il nuovo materiale sul quale stavamo lavorando così duramente, non avevamo realizzato che dopo ‘Girls Girls Girls’ per l’industria discografica eravamo belli che finiti.
Eravamo in giro da un decennio buono e, per quanto mi riguarda, era già tanto.
Gli anni ’80 erano quasi terminati, era iniziato il fermento a Seattle e noi eravamo solo un gruppo con la lacca nei capelli che aveva avuto la fortuna con un paio di singoli.
Nelle loro teste, eravamo morti e sepolti.
Ma è anche vero che ci avevano dati per spacciati troppo presto”. (Nikky Sixx)
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