Kataklysm: recensione di Goliath

Kataklysm

Goliath

Nuclear Blast Records

11 agosto 2023

genere: groove metal, thrash-death, northern hyperblast

_______________

Recensione a cura di Marco Calvarese

Non chiamatelo death metal. Anche se gli ingredienti sono sempre quelli, qui l’amalgama e la cottura sono completamente diversi. Se, finora, i Kataklysm avevano sempre messo i loro proverbiali fastbeat, palm muting e breakdown al servizio di un death ricco comunque di melodia e tecnica, in Goliath, quindicesimo LP in studio dei canadesi, è il ritmo a prendere il sopravvento e a conquistare l’anima del disco e di chi lo ascolta.

A ben vedere, le avvisaglie c’erano già tutte in buona parte di Unconquered, del 2020, ma in modo ancora informe, sotterraneo: il groove scorreva come un fiume carsico. Quest’anno è emerso, invece, in modo dirompente, generando una cascata di emozioni nuove e l’album risulta più intenso, scorrevole, godibile e, tra fughe e rallentamenti, non c’è mai la sensazione di farraginosità.

Al contrario, sembra che Iacono e soci, tra temi epici e sonore tranvate, abbiano fatto proprio il nuovo linguaggio musicale senza mutare pelle, regalandoci una perla (quasi) senza cali di tensione, imboccando la strada giusta, per quello che, a mio avviso, è l’album groove metal dell’anno; sicuramente uno dei più dinamici e trascinanti.

Non dovete aspettarvi grosse sorprese dal graffiante semigrowl del vocalist italo-canadese, anche se l’apertura, con Dark Wings of Deception, ha un forte retrogusto metalcore. Dovete solo chiudere gli occhi e provare a non scatenare l’headbanging, se ci riuscite… perché poi la title track vi renderà impossibile anche solo pensare di restare fermi, con quel ritmo che fa tanto death & roll, ed è difficile non tornare con la mente ai migliori Entombed.

I breakdown si susseguono come colate laviche e non è ancora niente, perché subito l’epica Die as a King vi scuoterà con la sua batteria devastante e gli arrangiamenti vocali che restano scolpiti nelle sinapsi. Si comincia a far largo lo stupore per il lavoro di Stéphane Barbe, perché il suo riffing al basso rappresenta, a mio modesto parere, l’asse portante e, insieme, il tratto distintivo e qualificante dell’intera opera. Die as a King é l’urlo che si staglia sulla fuga liberatoria del brano, di cui Bringer of Vengeance, a seguire, rappresenta il durissimo sequel, cattivo al punto giusto.

Non aspettatevi i classici assoli dai Kataklysm: solo arpeggi atmosferici e tanta varietà di riff che ne rendono riconoscibile ciascun episodio e perfino più aggressivo lo spirito, come in Combustion, apparentemente la pièce meno “catchy”, ma in realtà una delle più feroci, nonostante il passaggio un po’ forzato in cui la voce vira sullo scream. Qui forse James Payne raggiunge lo zenith quanto a velocità e cambi di tempo e, pur pagando dazio in originalità, getta le basi per una cavalcata senza tregua.

Combustion segna lo spartiacque dell’album, perché ci introduce ad una seconda parte in cui la componente thrash-death torna a farla un po’ da padrona, a partire da From the Land of the Living to the Land of the Dead, tiratissima come nessun’altra. Tuttavia, non dovete intendere questa formale suddivisione come un cut off netto, ma piuttosto come una sfumatura, nella continuità di una proposta decisamente movimentata e divertente, sempre di immediata presa.

Così accade con The Redeemer, il brano più thrash dell’opera, per proseguire poi con Heroes to Villains, con quel crescendo che sfocia nel più tradizionale dei breakdown: il filo conduttore dell’opera non viene mai meno, ma il registro strutturale dei singoli varia, spaziando dai tempi cangianti ed eccentrici, sottesi ai riff granitici, di Gravestones & Coffins, dal neppure tanto vago sapore nu metal, alla conclusiva The Sacrifice for Truth, che ci riserva il riff più bello dell’intera release e un richiamo centrale al dark metal dei migliori Paradise Lost.

Cupa e suadente come un cimitero monumentale, sfumando con quel doppio pedale supersonico e quel malinconico arpeggio, la closing track rappresenta l’anima stessa dei Kataklysm e la chiosa più personale ed evocativa possibile, per un lavoro discografico di ottima fattura.

E al diavolo le aspettative, i rimpianti e la voglia di novità: il metal è ricerca, d’accordo, ma è soprattutto la più riuscita forma di sublimazione ed esorcismo delle negatività della vita. Goliath è una devastante, adrenalinica, a tratti irresistibile dose di ultra-violenza, velocità ed endorfine.

Non ve lo nascondo: è nella mia top list dell’anno. Se poi preferite ascolti più ricercati, più esclusivi o più soft, de gustibus: passate pure oltre. Ma per i fan della band e per gli amanti del groove, Goliath è un must assoluto. Però non chiamatelo death metal.

Tracklist:

01.Dark Wings of Deception
02.Goliath
03.Die as a King
04.Bringer of Vengeance
05.Combustion
06.From the Land of the Living to the Land of the Dead
07.The Redeemer
08.Heroes to Villains
09.Gravestones & Coffins
10.The Sacrifice for Truth

Lineup:

Maurizio Iacono – voce
Jean-François Dagenais – chitarra
Stéphane Barbe – basso
James Payne – batteria

© 2023, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.