Obituary: recensione di Dying Of Everything

Obituary

Dying Of Everything

Relapse Records

13 gennaio 2023

genere: death metal, thrash metal

_______________

Recensione a cura di Marco Calvarese

Non so come la pensiate voi, ma gli Obituary sono una di quelle band da cui, bene o male, sai già cosa aspettarti: li riconosci dalla prima nota e, anche qualora non li amassi, non puoi prescindere da loro.

Dopo un lungo periodo di sperimentazioni più o meno riuscite, il sound degli Obituary è tornato a graffiare in profondità già cinque anni fa con l’album omonimo, grazie al quale abbiamo riassaporato appieno la corposità pomposa, grezza e oscena dei ritmi cadenzati, del cantato abrasivo, dei bassi ultra-distorti e di quelle compressioni parossistiche che hanno firmato in modo inconfondibile i migliori prodotti artistici dei cinque deathsters americani.

Impossibile, e neppure auspicabile, immaginare qualcosa di molto diverso da Dying Of Everything, disco freschissimo di stampa: non è mai facile, con dieci LP alle spalle, restare nel solco di certa ispirazione senza cambiare e, allo stesso tempo, senza clonare sé stessi, specie per una band con un suono così definito e ormai scolpito nelle tavole della legge del death metal. I nostri eroi, invece, con Dying Of Everything, riescono nell’intento, sfornando un album sincero e appassionato, sulla scia del precedente e aggiungendo sempre nuovi motivi di interesse.

I fratelli Tardy & Co. hanno qui rivendicato con orgoglio la propria identità sonora e lavorato per conferirgli, senza alterarlo, ulteriore immediatezza e varietà: robuste iniezioni di riff thrash vengono disseminate lungo il percorso di Dying Of Everything, dalla opening alla closing track, ma è soprattutto la disarmante solidità del sound a colpire nel segno, tanto in chiave dinamica e groovy, quanto nei sulfurei low-tempo da sempre loro marchio di fabbrica.

Dying Of Everything è l’emblema di come si possa fare ottima musica e regalare un caleidoscopio emotivo all’ascoltatore senza bisogno di trasformarsi in altro, né perdersi in alchimie tecniche: semplice, genuino e ineccepibile, come da loro tradizione pluritrentennale.

Sebbene queste premesse siano già sufficienti a fare di questa pubblicazione un must per gli amanti del genere estremo, il vero punto di forza di Dying Of Everything sta nel fatto che ogni traccia sappia raccontare una storia avvincente, distinguendosi l’una dalle altre: pregio tutt’altro che secondario quando si ha a che fare con il collettivo di Tampa.

La traccia d’apertura Barely Alive, ad esempio, è un grind coinvolgente e dalle spiccate venature slayeriane, talmente tirato da essere definito dallo stesso Donald Tardy come il brano più veloce della storia degli Obituary. Con The Wrong Time (uno dei singoli che hanno fatto da apripista alla release), però, riemerge il meglio del repertorio di casa, quel mid-tempo rabbioso e scuotente reso corposo dall’uso della doppia cassa, che mi ha indotto a riesumare la vecchia definizione di “death & roll” risalente ai tempi di World Demise.

Se con le melodie ai limiti del crossover di Without A Conscience si tira un po’ il fiato, ci pensa la feroce War a scuotere le fondamenta di casa, trasudando crudeltà e freddezza in perfetto ed essenziale stile Obituary. È con l’arrembante title track, tuttavia, che si torna a pogare contro il muro, senza tregua: tornano a far capolino, sia nelle strofe che nei bridge, i forti richiami a Kerry King e soci, segnando il punto di svolta dell’album, perché, da qui in poi, non ci saranno più cedimenti. My Will To Live, altro singolo, è uno splendido tappeto sonoro doom adagiato sul caratteristico due quarti, in cui effettistica e azzeccatissime linee vocali tengono incollato l’ascoltatore alle cuffie.

La straziante ugola di John Tardy e il muro sonoro della sua truppa, con il decisivo effetto groove del doppio pedale, riservano il meglio in coda al disco: prima ci deliziano con la ritmica nella cavalcata allucinante di By The Dawn, poi ci incalzano con la perla death-old-style di Weaponize The Hate (mai titolo fu più premonitore e azzeccato), vero clinic di arrangiamenti e talento.

Quindi, dopo essere idealmente usciti con mani e piedi dal mosh-pit, Torn Apart ci insegue e ci ributta nella mischia con i suoi riff taglienti stesi su ritmica quattro quarti, lasciandoci interdetti e tramortiti: forse il brano più atipico e thrash dell’intera opera, quasi da far pensare ai Bolt Thrower.

Infine, per chiudere in bellezza, direttamente dalle fucine dell’inferno, ecco il doom mastodontico di Be Warned, che ci tormenta anima e corpo facendoci sperare che il dilaniante e insano piacere non abbia mai fine.

Gli Obituary, più in forma che mai, disarmano ogni critica, per stile e continuità, e, dopo tanti anni, non smettono di farci sognare, con quello che si candida fin d’ora tra i top album del 2023. E questo è, ne sono certo, soltanto un nuovo inizio.

Tracklist:

1. Barely Alive
2. The Wrong Time
3. Without A Conscience
4. War
5. Dying Of Everything
6. My Will To Live
7. By The Dawn
8. Weaponize The Hate
9. Torn Apart
10. Be Warned

Membri della band:

John Tardy: voce
Trevor Peres: chitarra
Ken Andrews: chitarra
Terry Butler: basso
Donald Tardy: batteria

© 2023, Fotografie ROCK. All rights reserved.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.