Måneskin: recensione di Rush!

Måneskin

Rush!

20 Gennaio 2023

Sony Music Entertainment Italy

Genere: pop rock, glamour rock, alternative rock, disco rock, post punk revival, crossover

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Recensione a cura di Chiara Profili

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Mettiamo subito in chiaro una cosa: nessuno ci paga per scrivere le recensioni, né questa, né altre. Se un disco ci tira fuori la voglia di dire qualcosa, nel bene (spesso) e nel male (più raramente), allora decidiamo di parlarne. E qui, di cose da dire, ce ne sono parecchie.

I Måneskin hanno pubblicato, a distanza di due anni dal loro ultimo lavoro in studio, Teatro d’Ira Vol. 1, il long playing Rush!, con le sue 17 tracce, per un totale di 52 minuti di musica.

Dalla vittoria al Festival di Sanremo, nel 2021, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e la band romana è riuscita rapidamente, grazie anche e soprattutto al trionfo all’Eurovision, ad imporsi nel panorama rock a livello mondiale, che vi piaccia o no.

La scelta del titolo della release simboleggia proprio quest’impennata verso il successo: un’escalation che nessuna band italiana aveva mai sperimentato prima, sfociata in uno tsunami di popolarità che i Måneskin sono stati bravi a cavalcare, come dei navigati surfisti. Carpe diem, come si suol dire.

Il successo di un artista è imprescindibilmente legato al suo pubblico: allargando la platea, è necessario adattarsi a ciò che il pubblico richiede, ovvero sonorità più radiofoniche, testi in inglese e ritmiche ballerecce.

Per Damiano David (voce), Victoria De Angelis (basso), Thomas Raggi (chitarra) e Ethan Torchio (che non è un personaggio di Maccio Capatonda, bensì il batterista), questo doveva essere il disco della consacrazione internazionale. La Sony Italia, ansiosa di spremere il succo dai suoi limoni più preziosi, ha messo insieme una squadra di autori e producer in grado di affiancare i quattro musicisti nostrani in questa nuova fatica discografica. Il risultato, lo diciamo subito, è più che discreto, ma con qualche rimpianto.

Si parte con l’energica Own My Mind, che con un arrangiamento più disco e meno rock potrebbe essere la nuova hit di Lady Gaga, e si conclude con The Loneliest, una ballad po’ troppo Harry Stylish, seppure d’impatto.

Nel mezzo, una valanga di canzoni (troppe) di diverso stile e solo tre brani in italiano, tra i migliori dell’intera release. Uno di questi, Mark Chapman, citando lo psicopatico assassino di John Lennon, tratta il tema dell’ossessione verso un idolo e contemporaneamente dello stalking. La successiva traccia, invece, ci riporta ai fasti di Teatro d’Ira: a metà tra Zitti e Buoni e In Nome del Padre, La Fine è un pezzo che non sfigurerebbe in un album di Salmo. Questi sono i Måneskin con più carattere, in grado di tirar fuori quel qualcosa in più, ovviamente, anche a livello testuale. A chiudere questa tripletta tricolore, la ben riuscita Il Dono della Vita, impreziosita da un riff di chitarra che ricorda John Frusciante e i Red Hot di Snow e da un bell’assolo di Thomas Raggi.

È pleonastico constatare come la band romana, con Rush!, abbia cercato di avvicinarsi ad un pubblico anglofono, giovane e consumista, andando ad attingere avidamente dalle attuali classifiche pop. Timezone, Baby Said (che fa molto Maroon 5), Feel (una versione clubbing dei The White Stripes), Read Your Diary e Supermodel hanno un sound fresco e internazionale.

Gli estimatori dei primi Måneskin potranno invece trovare più interessanti Don’t Wanna Sleep – dove finalmente ritroviamo un po’ di quel funky groove che permeava i lavori precedenti – e Bla Bla Bla, con le sue citazioni cólte e un po’ banali; citazioni che riaffiorano copiose anche in If Not For You, una canzone d’amore (per il pubblico, per la fidanzata o per la musica in generale) nella quale si evince come Damiano e soci abbiano interiorizzato l’esperienza di Elvis (la pellicola di Baz Luhrmann).

Una breve menzione per Kool Kids, un unicum all’interno di questo disco. Il brano è in pieno stile post punk revival, nella moda di oggi, e va probabilmente ad omaggiare uno dei gruppi simbolo del genere, ovvero gli Idles, tanto cari ai Måneskin. O forse è solo uno sfottò diretto a tutte quelle band che tanto piacciono ai critici snob e che ripropongono, né più né meno, le atmosfere cupe e strafottenti di Kool Kids. Se questo pezzo l’avessero scritto i Fontaines DC sarebbe già nei Best Of di mezza editoria di settore.

Tirando le somme, se agli esordi della loro carriera i Måneskin avevano impresso chiaramente la loro cifra stilistica, lo stesso non possiamo dire stavolta, ascoltando quello che è un disco sì variegato e per tutti i gusti, ma allo stesso tempo senza una direzione ben precisa. Certo, non è facile rimanere se stessi, con il rischio di diventare noiosi, mentre tutto intorno si muove vorticosamente; mentre la stampa si divide tra chi ti elogia e chi ti sfrutta per fare click facili; mentre sul web, in madrepatria, impazzano i feroci commenti di attempati leoni da tastiera e bastian contrari di professione, improbabili antagonisti di una band che rivolge la propria musica ad un target ben preciso, ma che è sulla bocca di tutti anche e soprattutto grazie a questa folta schiera di haters.

Le radio sono piene di immondizie musicali e non saranno certo i Måneskin ad abbassare il livello qualitativo della discografia moderna. Questi ragazzi, con merito o no, poco importa, stanno vivendo un’esperienza che nessun altro artista rock italiano era mai riuscito anche solo a sfiorare.

Tracklist:

Own my mind
Gossip feat. Tom Morello
Timezone
Bla Bla Bla
Baby Said
Gasoline
Feel
Don’t Wanna Sleep
Kool Kids
If Not for You
Read Your Diary
Mark Chapman
La Fine
Il Dono della Vita
Mammamia
Supermodel
The Loneliest

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