The Smiths: la recensione di ‘Strangeways, Here We Come’

The Smiths

Strangeways, Here We Come

Rough Trade (UK), Sire, (USA)

28 Settembre 1987

genere: alternative rock, indie pop

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Recensione a cura di Mamunia

Ultimo album in studio degli Smiths, Strageways, Here We Come racconta la consapevolezza di vivere qualcosa che finisce quando qualcos’altro si appresta ad iniziare, tra malinconia e disperata speranza. Lo possiamo leggere nei versi e lo ascoltiamo negli intensi primi accordi di Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me.

La copertina dell’album è curata da Morrissey, così come ogni cover dei quattro singoli estratti. In copertina c’è Richard Davalos, immortalato in un fotogramma de La valle dell’Eden mentre osserva James Dean.

Per Girlfriend In A Coma, invece, Morrissey sceglie un close-up di Shelagh Delaney (autrice di A Taste of Honey) virato sul grigio per il 45 giri originale, con alcune varianti colore per i mercati export.

La copertina di Girlfriend in a Coma

Billy Fury posa per Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me, mentre per Stop Me If You Think You’ve Heard This One Before e I Started Something I Couldn’t Finish gli attori Murray Head e Avril Angers sono immortalati mentre recitano nella pellicola del 1966 The Family Way (titolo familiare agli appassionati dei Beatles, con la colonna sonora a cura di Paul McCartney).

Le copertine degli Smiths sono immediatamente riconoscibili e hanno subito emulazioni e citazioni in numerose occasioni; tra queste, è impossibile non notare una certa familiarità con quasi tutte le cover realizzate dalla band scozzese Belle & Sebastian.

Dieci canzoni compongono l’album, perfetta colonna sonora a un’atmosfera granitica, di stallo, a una cortina di piombo che cala tra due stagioni, tra due relazioni o tra due personalità.

I travelled to a mystical time zone“: pur senza il bisogno di citarla esplicitamente, su A Rush And A Push And The Land Is Our ad essere evocata è un’altra zona, quella dello Stalker di Tarkovskij. Una terra misteriosa, brulla, sommersa dalla nebbia, popolata da edifici sventrati; tra le macerie si nasconde la consapevolezza che “la debolezza è potenza e la forza è niente”.

La metafora della zona confluisce nel brano successivo, quando Mossissey ammette “I forced you to a zone and you were clearly never meant to go”.

I Started Something I Couldn’t Finish è il secondo singolo tratto dall’album (dopo Girlfriend in a Coma) e contiene una chiara ammissione di colpa in riferimento all’imminente rottura con Marr. “Typical me, I started something and now I’m not too sure”, Morrissey non si risparmia e questi testi schietti e autocritici hanno fatto la fortuna degli Smiths prima e della sua carriera solista in seguito.

La copertina di I Started Something I Couldn’t Finish

Durante le registrazioni di Strangeways, Here We Come gli Smiths sono consapevoli di lavorare al loro ultimo album come band, ma non c’è tensione tra i musicisti durante le lunghe giornate in studio, il clima è disteso. Le uniche armi che Morrissey decide di usare sono la sua voce e la sua penna e le mette a disposizione del progetto meglio riuscito dell’intera discografia del gruppo. Curiosamente, su Death Of A Disco Dancer, Moz è accreditato al pianoforte: “ci sono caduto sopra e ho cominciato a sbatterci le mani”. L’eccellente e stridula chitarra di Johnny Marr, il crescendo di basso, piano e batteria e il ripetuto mantra “love, peace and harmony” rendono questo brano il vero gioiello del primo lato, spesso ingiustamente dimenticato in favore di uno dei successi discografici più importanti degli Smiths: Girlfriend In A Coma.

Segue (e per troppi eclissa) Death Of A Disco Dancer nella tracklist ed è la prima canzone a essere scelta come singolo. Pur raggiungendo “solo” il 13° posto nella classifica UK, Girlfriend In A Coma ha segnato l’immaginario collettivo. Tuttora, è uno dei brani più conosciuti e apprezzati della band di Manchester. Marr commenta:

“Negli ultimi anni ho sentito Girlfriend In A Coma nei negozi e nelle automobili della gente e mi sono sempre sorpreso da quanto suoni bene ancora oggi.”

A chiudere questo strepitoso lato A, Stop Me If You Think You’ve Heard This One Before, il quarto e ultimo singolo dell’album e degli Smiths. Non venne distribuito in UK a causa del testo: il verso “I smelt the last ten seconds of life, I crashed down on the crossbar […] and plan a mass murder” fu considerato un riferimento troppo esplicito alla tragedia di Hungerford (una strage con 17 vittime, incluso il folle omicida). Morrissey, implacabile, commenta:

“L’etichetta disse che la gente avrebbe istantaneamente collegato il brano con quello che era successo a Hungerford e che questo avrebbe spinto migliaia di persone a uscire per comprare mitragliatrici e uccidere i propri nonni.”

La copertina di Stop Me If You Think You’ve Heard This One Before

L’esordio del secondo lato conferma ogni aspettativa e la supera: Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me è il brano preferito dagli Smiths, sull’album preferito dagli Smiths:

Strangeways risulta sofferente perché è stato il nostro ultimo disco e così la gente pensa che ci siano state discussioni ed irrequietudini nel registrarlo, ma non ce ne furono. Morrissey e io pensiamo che sia forse il nostro miglior album… Ha dei momenti come Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me. L’ultima volta che ho incontrato Morrissey mi ha detto che era la sua canzone preferita degli Smiths. E potrebbe aver ragione”

confesserà Johnny Marr qualche anno dopo.

Una intro di pianoforte cupa e dolorosa che si perde tra lo schiamazzo della folla, Morrissey irrompe a gridare tutta la sua delusione: “last night I dreamt that somebody loved me, no hope no harm just another false alarm”. Epica eppure intima, è una canzone sulla fine di un gruppo musicale e di un matrimonio artistico. Musica e versi assumono una valenza universale, nello spazio e nel tempo, celebrazione melanconica di un cuore spezzato e di un’anima delusa.

La copertina di Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me

Mentre le ultime note di Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me si trascinano amare, Unhappy Birthday esplode improvvisa e prorompente. La caratterizza una spiazzante dicotomia tra testo e melodia, un’ambivalenza che rende interessante ed unico nel suo genere questo augurio di in-felicità pronunciato in occasione di un compleanno. “Loved and lost”: una poesia sull’amore e sull’abbandono, firmata da “the one you left behind”, che restituisce la stessa straniante carica emotiva della scena finale di Full Metal Jacket, sulle note fischiettate di un’alienante Marcia di Topolino.

Le polemiche con l’ambiente discografico non accennano a placarsi e sono il cuore narrativo di Paint a Vulgar Picture, incentrata su un’ipotetica riunione durante la quale, tra superficialità e noncuranza, vengono contese le sorti di un musicista ormai morto. Trascinante l’incedere melodico di Marr, spietati i versi di Moz: “at the record company meeting, on their hands – a dead star; […] the sycophantic slags all say “I knew him first, and I knew him well”. Re-issue! Re-package! Re-package! Re-evaluate the songs! Double-pack with a photograph, extra track and a tacky badge”.

Subito prima del gran finale, gli Smiths tornano ad affrontare nuovamente il tema della morte con Death at One’s Elbow, rievocando un vecchio caso di cronaca nera. L’attualità, anche quella meno recente, è la linfa vitale dei testi di Morrissey: il titolo della canzone è una citazione ai diari di Joe Orton che Moz aveva appena finito di leggere. Nel libro l’autore condivide le sue riflessioni nel rientrare a casa la sera prima del funerale di sua madre: “As the corpse is downstairs in the main living-room, it means going out or watching television with death at one’s elbow“. Morrissey è abile nel traslare questa citazione alla morte dello stesso Orton, ucciso per opera di un amante deluso con nove colpi di martello sulla testa: “don’t come to the house tonight, because there’s somebody here, who’ll take a hatchet to your ear, the frustration it renders me hateful”.

Ma è significativa soprattutto l’ultima traccia: “well, that’s ok, just as long as you know life tends to come and go, I won’t share you with the drive and the dreams inside”. Su queste parole si chiude Strangeways, Here We Come, I Won’t Share You sentenzia la fine dell’album e della discografia a firma Morrissey/Marr. Pur concordando nel ritenere Strangeways, Here We Come l’album migliore degli Smiths, la distanza ormai è incolmabile e come Morrissey non manca di sottolineare:

“We say it quite often. At the same time. In our sleep. But in different beds”.

Ma la musica per me continua a suonare, perché A Rush And A Push and the Land is Ours ricomincia, mi perdo nuovamente nella zona mistica “and I missed my bed and I soon came home”.

Credits:
Tutte le canzoni sono scritte e prodotte da Morrissey e Marr. Gli Smiths sono Mike Joyce (batteria e percussioni), Johnny Marr (chitarra), Steven Morrissey (voce) e Andy Rourke (basso).
https://www.facebook.com/TheSmiths

Tracklist:

Lato 1
1. A Rush And A Push And The Land Is Ours
2. I Started Something I Couldn’t Finish
3. Death Of A Disco Dancer
4. Girlfriend In A Coma
5. Stop Me If You Think You’ve Heard This One Before

Lato 2
6. Last Night I Dreamt That Somebody Loved Me
7. Unhappy Birthday
8. Paint A Vulgar Picture
9. Death At One’s Elbow
10. I Won’t Share You

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