Rough Enough: recensione di Molto Poco Zen – 18 gennaio 2019

Rough Enough

Molto Poco Zen

Overdub Recordings

18 gennaio 2019

genere: garage rock, garage punk, alternative rock italiano, post-rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Esce il 18 gennaio 2019, per Overdub Recordings, il secondo album del power duo catanese Rough Enough intitolato Molto Poco Zen, anticipato da un primo video tratto dal singolo Mackie.

Introspettivi e vibranti, i Rough Enough (Fabiano Gulisano, chitarra, voce, testi e Raffaele Auteri, batteria e cori) si presentano come una formazione minimal (come non ricordare coppie rock internazionali quali White Stripes, Black Keys, Deap Valley, Royal Blood, Mazzy Star, senza necessariamente scomodare Simon & Garfunkel) che trasuda rabbia, istinto e genuinità, attraverso canzoni ruvide, rumorose e potenti, cantate in italiano, con suoni e riff sporchi, spigolosi, angolari, stridenti, viscerali e distorti, che rimandano immediatamente all’epoca d’oro dell’alternative rock, del revival punk e del post-rock transatlantico.

Tornano gli anni ’90, quasi come un boomerang (chissà se più come nostalgia personale o culturale), fertilizzando di nuovo quel terreno emotivo che ha contribuito alla crescita e allo sviluppo della scena rock alternativa, sia internazionale che italiana.

Un mix di influenze e sonorità eterogenee che fornì quella fonte di energia rinnovabile che serviva al genere rock per uscire dallo stato di saturazione ed inerzia raggiunto alla fine anni ’80, portandosi dietro, però, le stesse paure, l’angoscia, la crisi morale, la rabbia e l’individualismo dell’essere umano; tematiche che, a prescindere dallo spazio temporale, rappresentano, ancora oggi, realtà introspettive ormai congenite e indelebili della società moderna, nonché sorgente d’ispirazione per giovani band come i Rough Enough.

Nell’era della condivisione streaming e dell’interattività virtuale, dominata e circondata dalle nuove tecnologie e dell’uso oramai imprescindibile dell’elettronica, dove tutto sembra girare intorno all’ossessione quantitativa del tempo e sempre meno alla sua natura kairologica, i Rough Enough ci raccontano la loro visione ironica e irriverente della società contemporanea sempre più cieca (come scriverebbe José Saramago), che guarda ma non vede.

Molto Poco Zen affronta l’esplorazione della psicologia dell’essere umano moderno, il quale, anziché cercare di superare i condizionamenti e gli attaccamenti dietro cui si nasconde la realtà e immergersi nella vita attimo dopo attimo, si ritrova sempre più smarrito e spogliato di ogni modello di riferimento ed ogni residua forma di appartenenza. Ci hanno trasformato in “isole”, eppure dovremmo capire che non siamo affatto isole; come cantano i Fukjo nel loro ultimo disco, prodotto sempre da Overdub Recordings.

Il “cerchio zen” della coppia garage rock Rough Enough si chiude in maniera diretta, dissacrante e sufficientemente grezza (Molto Poco Zen); puntando il dito contro l’omologazione, la manipolazione, il degrado, la volgarità, la materialità del nostro vivere quotidiano e sprigionando una forza espressiva seraficamente tagliente e letale, che finisce per soffocarci dolcemente… con la polvere del Nesquik.

Membri della band:

Fabiano Gulisano (chitarra, voce, testi)

Raffaele Auteri (batteria e cori)

Tracklist:

1. Mackie

2. Una lunga serie di scelte sbagliate

3. Finchè morte non ci separi

4. Non è colpa mia

5. Il quarto stato

6. Polvere

7. U.F.O.

8. Kairo

9. Ode ai relitti

10. Noia

11. Esercizio di stile

12. Molto poco zen

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