The Who: recensione di WHO

The Who

WHO

6 Dicembre 2019

Polydor Records

rock, hard rock, folk rock

______________“Guess Who‘s back?”… diceva una famosa canzone di Eminem.
Sono tornati i The Who, o per meglio dire i due superstiti del nucleo originale Pete Townshend e Roger Daltrey, insieme a un manipolo di ottimi musicisti.
WHO è il loro dodicesimo album in studio e arriva a tredici anni di distanza dall’ultima pubblicazione inedita Endless Wire.

Cosa può ancora offrirci una band che ha iniziato la propria carriera nel lontano 1964? Sono molti i dinosauri del rock ancora in attività e se alcuni, come Iggy Pop o Bruce Springsteen, preferiscono virare dal consueto proponendo album spiazzanti e fuori dai loro classici schemi, altri scelgono invece di rimanere sulla strada già battuta in passato e questo è proprio il caso degli Who.

In un’epoca in cui anche le giovani band vivono di revival, che male c’è a godersi ancora un po’ di sano rock old style? Sono dell’opinione che un artista non debba necessariamente andare in pensione, se il suo desiderio di fare musica è ancora forte e vivo. Ne sono la riprova Ozzy Osbourne, che alla bellezza di 71 anni sforna ancora singoli di altissimo livello (in attesa dell’uscita dell’album, prevista per gennaio), Paul McCartney, inossidabile 77enne ancora in tour, e naturalmente Roger Daltrey e Pete Townshend, rispettivamente di anni 75 e 74.

Per questo motivo credo che il nuovo album degli Who non debba essere visto come un disperato tentativo di sparare gli ultimi fuochi d’artificio prima del silenzio, bensì come un’opportunità per poter ascoltare ancora una volta la voce di chi ha fatto la storia del rock.

Gli Who ci regalano ben quattordici tracce, nelle quali si alternano musicisti di spessore come il batterista Zak Starkey (figlio di Ringo Starr), che collabora con la band già dal 1996 ed è stato anche membro degli Oasis, e il tastierista Benmont Tench, tra i fondatori dei Tom Petty and the Heartbreakers.

Il disco si apre con All This Music Must Fade, secondo singolo estratto, un brano radiofonico, energico, in pieno stile Who; “it’s not new, not diverse”, lo canta anche Daltrey. Se non vi sono mai piaciuti, non cambierete idea con questa canzone.

Ball and Chain è invece il primo singolo estratto, un rock blues sporco, che non ha però nulla a che vedere col brano omonimo portato al successo da Janis Joplin.

Il disco prosegue alternando brani dal mood differente, perché non c’è un tema ben definito o un concept dietro a questo album, come dichiarato dallo stesso Townshend. Si rimane comunque sul classic rock, fatta eccezione per un paio di brani, tra cui I’ll Be Back, una ballad soul alla Dionne Warwick, e la bellissima Break the News, un pezzo folk davvero coinvolgente.
Troviamo, inoltre, una chitarra che sa di flamenco in She Rocked My World.

C’è un po’ di tutto in questo coloratissimo disco, come preannuncia la copertina, ma soprattutto ci sono gli Who: una band che non si è arresa al passare del tempo, ai lutti, alle mode, alla stanchezza, ma che è stata capace di segnare un’epoca e di rimanere a galla fino alle porte del terzo decennio degli anni 2000.
https://youtu.be/o4HVg4LW_PM

© 2019 – 2020, Fotografie ROCK. All rights reserved.