Abbiamo intervistato i Cannibali Commestibili, trio stoner rock di Trento, che ha rilasciato il 13 settembre l’album di esordio omonimo, per Overdub Recordings.
A rispondere alle nostre domande è stato Maurizio, voce e batteria della band.
FR: Allora Maurizio, come sta andando Cannibali Commestibili?
M: Bene, è stata una bella esperienza, per me era la prima volta in uno studio di registrazione. È anche una bella soddisfazione poter portare in giro i propri pezzi e vedere che la gente li apprezza.
FR: Come nasce il nome della band?
M: Il nome nasce dal fatto che io e Daniel, il chitarrista, una sera stavamo guardando un programma in tv, The Cannibal in The Jungle. La storia ci era piaciuta, era pazzesca. Parlava di un ornitologo, in una giungla, che era stato imprigionato e accusato di cannibalismo. Noi eravamo convinti che fosse una storia vera, invece si trattava di un finto documentario!
FR: Maledette fake news!
M: Ci abbiamo messo tre o quattro giorni a capirlo [ride]. Comunque decidemmo che da questa storia doveva nascere qualcosa, un progetto. Io e Daniel ci conosciamo praticamente da sempre, eravamo vicini di casa, abbiamo frequentato le stesse scuole e le stesse compagnie. Siamo amici di vecchia data. Anche con il bassista, Turo, ci conosciamo da quando avevamo sedici anni, abbiamo sempre suonato insieme, in cantina, tra un bicchiere di vino e l’altro. Così sono nati i Cannibali Commestibili.
FR: Sicuramente, quindi, vi ha aiutato la profonda conoscenza reciproca. Già quello è un buon punto di partenza. Quand’è nata l’idea di fare un album con pezzi vostri?
M: Un paio d’anni fa ci siamo dati una scadenza. Ci dicemmo che in un anno avremmo messo insieme delle canzoni e le avremmo registrate e così è stato.
FR: E della collaborazione con Overdub Recordings e Marcello Venditti cosa ci dici?
M: Daniel mandò in giro il disco, online, a varie etichette. Marcello ci rispose quasi subito e ci sentimmo via Skype. È una persona che ci ha convinti fin dall’inizio e abbiamo accettato di buon grado i suoi suggerimenti.
FR: Quali sono le vostre influenze e ispirazioni stilistiche?
M: Come in tutti i gruppi, le personalità e i gusti sono diversi per ognuno di noi. Turo viene dal blues, ma ama sperimentare e mettersi in gioco, mentre io e Daniel amiamo i Queens of The Stone Age, i Them Crooked Vultures, i Turbowolf e tanti altri artisti underground.
FR: Gran super gruppo i Them Crooked Vultures, John Paul Jones, Dave Grohl e Josh Homme. Comunque voi avete una vostra identità come band, ma è normale che ci siano ispirazioni, così come in tutti i gruppi.
M: Sì, poi noi cantiamo in italiano e quindi anche gruppi come gli Afterhours o i Verdena non mancano mai tra i nostri ascolti e ci hanno sicuramente influenzati.
FR: Noi abbiamo sentito nella vostra musica anche un’affinità con quella dei Ritmo Tribale post Edda.
M: Il bello è che non siamo partiti con l’idea di portare avanti un genere, tralasciandone un altro. Abbiamo fatto semplicemente quello ci che veniva, in maniera spontanea.
FR: Infatti c’è Pioggia Acida che è un pezzo molto diverso dal concept strumentale degli altri brani del disco, che forse accontenta il bassista che è amante del blues.
M: Sì. Tra l’altro lui in quel pezzo suona la chitarra. Mentre io ho fatto un’intro all’armonica.
FR: I testi chi li scrive di voi?
M: I testi li scrivo io, insieme a Daniel.
FR: Quindi se è colpa di Edgar Allan Poe lo chiediamo a te?
M: Sì, anche quella storia l’abbiamo scoperta per caso, visto che eravamo reduci dal documentario fasullo e cercavamo qualcosa sul cannibalismo. Ci siamo imbattuti in Gordon Pym, abbiamo letto la vicenda e ne abbiamo estrapolato la parte che ci piaceva, che era appunto quella dell’atto di cannibalismo. Da lì abbiamo estratto due pagine, evidenziando le parole che ci piacevano di più, e con la tecnica del cut up abbiamo fatto il testo.
FR: È una tecnica abbastanza comune, quella del cut up, anche se molte band che la usano non lo ammettono.
M: Sì, anche gli Afterhours usavano spesso questa tecnica.
FR: Nel concept dell’album, che gira intorno al cannibalismo, c’è anche qualcosa di più profondo?
M: Quando ti metti a scrivere dei testi, qualcosa di profondo esce sempre fuori, che è spesso influenzato dal periodo che stai vivendo. Il chitarrista, Daniel, stava per diventare padre e ci è venuto naturale, in quel momento, pensare al futuro; i testi sono nati da una chiacchierata tra amici ed un bicchiere di vino. Il vino aiuta sempre!
FR: Come vedete il panorama musicale rock italiano di oggi e in particolare quello del vostro territorio?
M: Il panorama rock del nostro territorio in questo momento è veramente figo, come da anni non lo si vedeva. Ci sono vari gruppi come i Crinemia, gli Humus, i Mondo Frowno, L’Opera di Amanda, tutte band della scena underground che sono davvero in gamba. Creano movimento in un territorio che di movimento ne ha pochissimo. Inoltre c’è anche un progetto, che si chiama Overground Collective, volto all’organizzazione di concerti sul territorio, che spinge parecchio per far sì che questa band emergenti riescano a sfogarsi e a trovare dei luoghi nei quali poter diffondere la propria arte. Purtroppo mancano i luoghi dove poter suonare.
FR: Come un po’ in tutta Italia. È un male comune a tanti vostri colleghi in tutto lo stivale.
M: Sì, purtroppo il reggaeton e le cover band la fanno da padrone nei locali. I gruppi che fanno pezzi propri sono sempre svantaggiati e vengono visti come disturbatori della quiete pubblica. Però essere dei disturbatori è comunque bello.
FR: Parlando ancora di territorio, tra i vostri corregionali ci sono anche i The Bastard Sons of Dioniso.
M: Seguiamo anche loro, vado spesso a vederli live.
FR: Loro uscirono da un talent show: un compromesso valido, secondo te, per ottenere visibilità?
M: In seguito a quell’esperienza i The Bastard Sons of Dioniso si sono distaccati dalle major e si autoproducono tutti i dischi, hanno il loro studio di registrazione e sono liberi. Non sono scesi a compromessi. Sicuramente a livello di visibilità i talent aiutano, ma sono un mondo assurdo, nel quale dei giovani vengono riempiti di illusioni e buttati in un tritacarne.
FR: Che opinione hai, invece, dei social network usati come mezzo per promuovere la propria musica?
M: I social credo siano utilissimi ed indispensabili al giorno d’oggi per poter divulgare le proprie idee e la propria arte.
FR: Parlando di musica contemporanea, cosa ascoltate in questo periodo?
M: Io ascolto quasi esclusivamente Reignwolf, è un chitarrista bravissimo, canta e suona anche la batteria, ha una voce fantastica e mi piace tantissimo.
FR: Anche tu canti e suoni la batteria. Ci torna alla mente un vecchio gruppo anni ‘70, i Grand Funk Railroad, in cui il cantante era proprio il batterista. A parte questo, quali sono i vostri progetti futuri? Avete delle date?
M: Sì, per ora siamo fermi, ma appena finito il periodo di vendemmia riprenderemo a suonare. Abbiamo anche in mente di organizzarci in acustico, rivisitando il tutto e riarrangiando i brani per poterli suonare anche in inverno all’interno dei locali.
FR: Bene Maurizio, in bocca al lupo per tutto e grazie per il tuo tempo.
M: Grazie a voi, per l’interesse e per tutto quello che fate per promuovere gruppi come il nostro.
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