Balefullies: recensione di Nostalghia

Balefullies

Nostalghia

Karma Conspiracy Records

21 maggio 2021

genere: psych blues, southern, dark folk, garage rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Con alle spalle un’intensa attività live per tutto il centro Italia, a distanza di sette anni dalla pubblicazione dell’EP d’esordio, la band perugina Balefullies torna a riempire la scena underground con il suo primo full-length intitolato Nostalghia, edito lo scorso 21 maggio per l’etichetta beneventana Karma Conspiracy Records e anticipato dall’uscita dei videoclip dei singoli In My Mind (già in anteprima proprio su queste pagine) e Things Undo, quest’ultimo dedicato alla memoria del regista statunitense George Romero.

“Non è facile riassumere tutto lo spessore che circonda questo disco. Nostalghia è un album lungo cinque anni, una catarsi diventata rivincita, un atto di forza e d’amore, una lettera ad un caro amico e a tutti coloro che se ne sono andati troppo presto lasciando un vuoto intorno a noi, ma che sono presenza costante nei nostri ricordi. Nostalghia è una dissonante e impavida speranza nel futuro nonostante il fardello dei fallimenti, degli abbandoni, del dolore, nonostante la pesantezza dei luoghi bui insiti nella nostra anima”.

Con queste parole, Alessia Antonelli, bassista del gruppo, descrive la nuova fatica discografica dei Balefullies e, soprattutto, il significato introspettivo che si cela dietro la simbologia di quelle montagne raffigurate nell’artwork.

Quella dei Balefullies è musica che nasce per superare un destino drammatico, che alza lo sguardo oltre la realtà per cercare risposte in un altrove del tutto personale: un disco che punta al riscatto, alla catarsi, alla voglia di reagire agli ostacoli, alle mancanze e a quel senso di impotenza e alienazione a cui ci costringe la contemporaneità, continuando a sognare attraverso la forza della passione.

I tre grifoni Balefullies (forti della collaborazione dei due batteristi turnisti, Daniele Berioli e Dieghino Mariani) riflettono sul tema del sacrificio; quel sacrificio ampio, stratificato, empatico, devozionale e salvifico necessario per raggiungere una via di fuga ideale, una sorta di pacificazione con tutto ciò che concerne i cambiamenti, che siano di natura interpersonale o climatica. Con Nostalghia tornano, seppur sfocate, quelle immagini color seppia aderenti alla poesia tarkovskiana, come pellicole in bianco e nero strappate al loro mondo, ma ingrandite dalla camera oscura dell’emozione.

Gli otto brani dell’album creano un mosaico di frammenti mnemonici e tracciano un percorso tortuoso costituito da spazi emotivi diversi tra loro: canzoni come preghiere sciamaniche che, anziché specchiarsi nelle forme liquide del mainstream, si stringono attorno a una struttura melodica incisiva e compatta dal punto di vista sonoro, riuscendo a cucire passato e presente seguendo quella bussola stilistica revival e retrò sixties e seventies, che, da un lato, riconduce a interpreti rappresentativi della tradizione dark blues e southern, e dall’altro bussa prepotentemente alla serranda groove garage dei Black Keys.

Quello di Nostalghia è uno spartito ricoperto da un alone ieratico, mistico, litanico e sporco di cenere, in cui ogni elemento resta sospeso in un immaginario onirico e solfureo che, scorticando l’intimità di corde epidermiche, si muove liberamente nella parte più torbida, fluida e sinuosa della psichedelia, mescolando gli echi lugubri del country blues elettrificato, la densa polvere dei paesaggi western e la magia malinconica della musica soul.

Un lungometraggio che procede, dunque, tra rifrazioni e asfissianti riverberazioni notturne, tormenti chitarristici, ruvidi e tremolanti, frustate heavy rock (Nostalghia, Things Undo) ed un canto ipnotico, smorzato, ovattato e, al contempo, viscerale.

Ne consegue un distillato folk elettrico, desertico, mesmerico, cromatico e agreste dal retrogusto noir, il quale sprigiona una pruriginosa energia spirituale e arde di quel fuoco delta blues proveniente dal ventre paludoso ancora pulsante del profondo sud statunitense; un luogo dell’anima in cui ogni cosa profuma di ruggine e demoni di provincia: quegli stessi demoni interiori perennemente in conflitto con le ambiguità del presente, in quel rapporto simbiotico e dicotomico che c’è tra “fede e follia”, per dirla alla Nero Kane.

Nostalghia dei Balefullies scorre via così, come pioggia funesta che esplode nella mente e poi risale dalle lande spoglie e aride degli abissi umani, finendo per dissolversi e redimersi, di fatto, in un dolce distacco dalle cose terrene, ritrovandosi immersi in un corale spirito country folk che sfuma in quel calore irlandese misto mediterraneo proveniente dalle note bucoliche ed elettroacustiche di Well, I Guess (I’m Doing Fine).

https://youtu.be/HJRJb4JjenQ

https://www.facebook.com/Balefullies/

Membri della band:

Francesco Bellucci: voce e chitarra

Alessia Antonelli: basso e voce

Carlo Fastelli: chitarra

Credits:

Dieghino Mariani: batteria nei brani Keep My Eyes e This Is The Sun.

Daniele Berioli: batteria in tutti gli altri brani.

Tracklist:

1. Nostalghia
2. This Is the Sun
3. Things Undo
4. In My Mind
5. I Can Get
6. Yeah Yeah Yeah
7. Keep My Eyes
8. Well, I Guess (I’m Doing Fine)

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