David Bowie: Lodger – 7 febbraio 1979

Prosegue il viaggio nella produzione berlinese di David Bowie con il suo tredicesimo lavoro discografico, edito per RCA, nonché album conclusivo della trilogia: Lodger.

Uscito nel 1979, e con lo stesso team di Low e Heroes, Lodger è diviso in due parti. Se con i primi cinque brani l’artista tocca il tema del viaggio, nell’altra metà del disco intavola una critica alla società occidentale.

Infatti, la prima traccia che incontriamo è Fantastic Voyage: voce pulita che quasi richiama i dischi degli albori. Il ritornello profondamente pop, con un pizzico di pianoforte di accompagnamento, rende il brano leggero e molto piacevole all’ascolto.

Lodger, oltre che trattare il tema del viaggio, almeno per la prima metà, è l’incontro con altre culture.

Yassassin(Turkish Long Live) è un pezzo dalle influenze raggae e orientali. Sicuramente un innovazione per quel periodo, in cui il raggae stesso era agli inizi e l’ardire di riprodurlo, in una maniera così innovativa e unica, non poteva che appartenere a Bowie e a Brian Eno, quest’ultimo costantemente presente nei lavori musicali.

Dj è la prima canzone di critica verso il mondo nascente dei disk jockey.
Il brano ricorda molto le canzoni che usciranno in seguito, con un taglio nettamente più glam e sbarazzino. Sentiamo la distinzione forte tra il Bowie di Ziggy Stardust e il Duca Bianco.

Look Back In Anger è un pezzo stravagante: unisce un fondo rock e duro con la voce chiara e limpida di Bowie. Il brano è caratterizzato da una batteria prominente per quasi l’intera durata del pezzo, mentre le chitarre distorte restano un marchio di fabbrica inconfondibile.

Boys Keep Swinging, scritta a quattro mani con Brian Eno, probabilmente, è la canzone più bella del disco: fu inizialmente scelta come singolo, che fu poi rimpiazzato da Look Back In Anger.

Per ottenere un suono più rude, da band alle prime armi, i musicisti durante le sedi di registrazioni, hanno cambiato postazioni. Carlos Alomar, presente in tutte le tracce come chitarrista, ha suonato la batteria e Davis (solitamente batterista) si è cimentato al basso. Il risultato è una canzone forte e decisa, dall’innegabile stile romantic chic di Bowie.

E così si chiude un periodo di estrema creatività e crescita spirituale per un artista che ha vestito tutti i panni delle sue personalità. Un uomo che per fuggire dalla schizofrenia, malattia di cui era affetta la maggior parte della sua famiglia, ha usato la musica rendendola arte.

Simona Iannotti

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