Demagò: recensione di Anime Nella Pioggia

Demagò

Anime Nella Pioggia

(R)esisto Distribuzione

28 aprile 2023

genere: power rock, cantautorato rock italiano, emo-rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di due anni dalla pubblicazione dell’EP Ferite, la rock band umbra Demagò manda alle stampe il suo secondo full-lenght intitolato Anime Nella Pioggia, edito per l’etichetta ferrarese (R)esisto Distribuzione, sotto la produzione di Michele Guberti e Manuele Fusaroli, e anticipato dall’uscita dei singoli Anime Nella Pioggia e Specchio dei Nostri Occhi.

Il quartetto originario di Città di Castello – composto da Carlo Dadi e Moreno Martinelli alle chitarre, Emanuele Bruschi alla voce e Marco Signorelli alla batteria – continua ad alimentare il proprio trademark cantautorale attraverso un tessuto sonoro di otto tracce dalle trame malinconiche e passionali, rievocando quelle atmosfere elettrificate, melodiche e radiofoniche, quand’anche più serrate e granitiche, che riconducono al vecchio canovaccio del cantautorato rock italiano degli anni Novanta e Duemila, Negrita e Zen Circus su tutti (Specchio Dei Nostri Occhi, Vivi Si Muore).

Sotto l’aspetto tematico, ritraendosi nella nostalgia depressiva del passato, tra direzioni sbagliate e aspettative disattese, i Demagò tentano di focalizzare la propria sensibilità narrativa (alternando dolcezza e ruvidezza) sulle macerie emotive della contemporaneità, sulle trasformazioni di più generazioni a confronto, sulla condivisione di certi stati d’animo ma con percezioni differenti legate all’età, spaziando tra elementi simili e al tempo stesso contrastanti come speranza e disincanto, rabbia e disillusione.

Anime Nella Pioggia è un disco introspettivo, sentimentale e motivazionale, che pone l’accento sulle dinamiche di quei rapporti interpersonali soffocati dalle ipocrisie di una società densa di contraddizioni e sovrastrutture convenzionali (Ossa Di Sabbia), dove ognuno di noi cerca di nascondere le proprie fragilità, le proprie zone d’ombra, schermandosi dietro la rassicurante retorica dell’amore e le ambiguità di un mondo parallelo fatto di maschere, preghiere e apparenze.

C’è chi non ha mai smesso di fare i conti con i demoni del passato e si ritrova in precario equilibrio sul cornicione della vita, tra confusione e stanchezza, ad accumulare occasioni perse e a misurare la distanza tra rimorso e rimpianto. C’è chi da tempo ha smesso di credere agli eroi e si è arreso all’abitudine del sopravvivere quotidiano (“ma i grandi sono stanchi, è da tanto che non credono agli eroi”), e chi invece, nonostante tutto, prova a inseguire un desiderio di rivalsa, a rifugiarsi nel valore salvifico della fantasia, dell’arte, a riconsiderare i propri limiti come un’opportunità di crescita, manifestando la voglia di osservare l’ignoto con occhi diversi e tornare a sorprendersi.

Come cantavano i Negrita diversi anni fa: “c’era chi era incapace a sognare, e chi sognava già, c’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”.

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