Diaframma
Siberia
I.R.A.
5 dicembre 1984
genere: new wave, rock d’autore, post-punk, darkwave
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
Correva l’anno 1984 (c’era ancora la Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e la vecchia Russia) quando i Diaframma pubblicavano, per I.R.A. Records, il loro debut album in studio dal titolo Siberia: un vero e proprio diamante grezzo della musica italiana degli anni Ottanta.
In quel periodo storico, stavano acquistando notorietà a livello internazionale le nuove realtà new pop ed elettro-dance, mentre in Italia cresceva l’interesse, da un lato, per il cosiddetto it-pop e dall’altro per la scena new wave nostrana, di riflesso a quella pioneristica britannica, con epicentro Firenze, grazie alla nascita di gruppi come Diaframma, Litfiba e Neon.
La sfavillante scena bolognese degli anni ’70, dei Morandi, Guccini, Dalla, Gaznevada e Skiantos, era stata scalzata dalla primigenia scena indie rock fiorentina, per quello che potremmo definire quale primo esemplare di Firenze Rocks, ma completamente autoctono.
In quel contesto sociale, i Diaframma (Miro Sassolini – voce, Federico Fiumani – chitarra, Leandro Cicchi – basso, Gianni Cicchi – batteria) realizzarono un prodotto musicale di culto come Siberia, un’opera discografica che già nell’artwork anticipava le atmosfere sonore misteriose, fredde e tenebrose che avrebbero avvolto la struttura sonora del disco.
In questa release, scritta interamente dall’allora chitarrista e oggi unico superstite del gruppo Federico Fiumani, emerge la rabbia, la spinta emotiva e l’urgenza post adolescenziale di esprimere un nuovo tipo di rock, sull’onda del successo della corrente post-punk anglosassone di fine anni ’70, trainata da band seminali quali Joy Division, New Order, Clash, Sex Pistols, Gang Of Four, Echo and The Bunnymen, etc. D’altronde, sappiamo tutti che in Italia le cose arrivano sempre con un segnale leggermente in differita.
Le parole di Fiumani sono pura poesia bohemien di metà ‘800, decadente e malinconica, sulla scia cantautorale di Tom Verlaine dei Television e con tutte le difficoltà che la scrittura in italiano comporta, eppure così attuali. In quegli anni, parecchi volevano emulare il registro timbrico di Ian Curtis e Ian McCulloch, mentre Miro Sassolini si distingueva per la sua voce potente, profonda, quasi lirica, più simile al primo David Byrne, e per i suoi assoli di sax: una sorta di David Bowie trapiantato nella valle dell’Arno.
Siberia esordisce proprio con la titletrack, probabilmente uno dei brani più evocativi e rappresentativi dell’intera discografia dei Diaframma. Immagino che Federico Fiumani sia pressoché esausto di riproporla ad ogni sacrosanto concerto, ma è un artista che non si risparmia e che non delude mai le aspettative dei suoi fan, di vecchia e nuova generazione.
L’intera opera rappresenta l’esaltazione del malessere dell’essere umano: l’atmosfera oscura e glaciale di Siberia (Il ghiaccio si confonde con il cielo e con gli occhi…) si attenua alla fine della composizione con un messaggio che sa di speranza, di esistenzialismo camusiano, “Poi in un momento diverso dagli altri, io coprirò il peso di queste distanze”, che fa pensare a una transizione concettuale in un tempo indefinito, alla riscoperta di un fuoco sotterrato e latente che risiede nel nostro inconscio, nelle nostre paure, nei blocchi della nostra mente.
Questo pathos lirico e strumentale, ampiamente accentuato dall’utilizzo di Fender piano e tastiere elettroniche, rimanda trasversalmente alle liriche dei The Sound di Adrian Borland, in particolar modo al brano Resistance, in cui Borland cantava: “Perso nel bagliore, sono sotto la neve”. La neve che nasconde sempre qualcosa, come un tappeto, una casa, un luogo dell’anima, oppure come momento di difficoltà e di crescita da affrontare ciclicamente.
I Diaframma riuscirono ad equilibrare parole e musica, concedendosi anche a momenti più radiofonici come il refrain di Amsterdam: “Dove il giorno ferito, impazziva di luce”. Questa canzone verrà reinterpretata, soltanto un anno più tardi, dai Diaframma con la collaborazione dei Litfiba.
Delorenzo racconta, invece, il senso di colpevolezza e di impotenza di fronte allo stato d’animo del rimorso, “La mia parte di strada porta a qualcosa di triste”, e la rassegnazione alla noia, musa tanto cara ai poeti maledetti, “La mia sola alleata, che mi ha seguito ovunque”. Le linee di basso si fanno sempre grasse, dark, sinistre e alienanti nelle tracce Specchi D’Acqua e Memoria, fino al raggiungimento dell’autodistruzione nichilista nel Desiderio del Nulla.
Fiumani, durante questi lunghi anni, ha dimostrato di essere un cantautore dipendente in maniera tossica dalla poesia, dalla simbologia per spiegare e interpretare la vita, e dalla cultura come mantra imprescindibile per dare forma ai suoi abissi emozionali, ai suoi paesaggi notturni e umorali, e voce alla sua solitudine, alla sua inquietudine. Il tutto senza scendere a compromessi con le esigenze commerciali dell’industria musicale, ma scegliendo di calarsi nell’umidità e nell’odore della lotta dei locali fatiscenti. Ed è forse anche per questo motivo che la sua musica, anche in veste solista, è sempre stata un’arte di nicchia e di culto, per veri affezionati del genere: “Si, perché per molti la musica è passione, mentre per altri è una religione”. (Cit. Federico Fiumani)
Siberia, dunque, è un lampo improvviso in una notte oscura che da inizio dicembre si protrae fino a gennaio inoltrato, illuminata dalla sola luce esterna dei neon: un diamante grezzo di inestimabile valore che, ancora oggi, come uno scrigno cantautorale che custodisce l’importanza sentimentale dei ricordi, sopravvive tra sogno e realtà. Nessuno può fuggire da se stesso, ed evidentemente, qualcuno, più di altri, era destinato al peso della sensibilità.
Membri della band:
Miro Sassolini – voce
Federico Fiumani – chitarra
Leandro Cicchi – basso
Gianni Cicchi – batteria
Credits:
Ernesto De Pascale – tastiere elettroniche
Francesco Magnelli – Fender piano in Siberia
Francesco Bassi – sax in Siberia
Tracklist:
Lato A:
1. Siberia
2. Neogrigio
3. Impronte
4. Amsterdam
Lato B:
1. Delorenzo
2. Memoria
3. Specchi d’acqua
4. Desiderio del nulla
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