Frank Fear: recensione di Criminal Experiment

Frank Fear

Criminal Experiment

Hellbones Records

5 giugno 2020

genere: techno metal, industrial metal, drum and bass, elettronica, gothic, space rock, trip hop, trance-ambient, darkwave

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Atmosfere da rave party anni Novanta. Sensazione alquanto strana di questi tempi, visto che la criticità contemporanea degli eventi pandemici continua ad imporre, pressoché ovunque (per evitare i tanto temuti assembramenti), la chiusura di ogni tipologia di disco club, ed in generale di qualsiasi esibizione dal vivo. Per fortuna, almeno la produzione musicale underground non si è fermata. Anzi, ci ha portato novità discografiche interessanti.

Tra queste, Criminal Experiment, il nuovo album dei Frank Fear, edito lo scorso 5 giugno per l’etichetta romana Hellbones Records, composto da 10 tracce ed anticipato dall’uscita dai videoclip di Fade To Grey e Deep Ocean Song.

L'”esperimento criminale” del duo savonese potrebbe essere riassunto nell’azzeramento della dicotomia tra realtà diametralmente opposte quali techno music, cultura rave ed heavy metal. Esplorazione di campi strumentali eterogenei testata con successo già nei decenni precedenti da parte di DJ e musicisti metallari, nonostante la distanza tra le ideologie integraliste dei rispettivi fanclub.

Il risultato di questo crossover nostalgico è una riuscita saldatura tra la tecnologia hardware e software delle workstation e l’acciaio analogico del metal estremo, in una fusione tra sonorità e vibrazioni sintetiche, malate, psicotiche e apocalittiche.

Disturbante, coinvolgente e ballabile, Criminal Experiment (release scaturita dal sodalizio tra Claudio Laratta aka Frank Fear alle tastiere, programmings e voce e Thomas Laratta aka Thomas Lee alle chitarre), è una sorta di retrospettiva vintage dedicata agli anni ’80 e ’90, sulle orme post-global tracciate da band seminali quali New Order, Prodigy, Chemical Brothers e Slayer, nella quale convergono le linee acide della techno music, la densità del drum and bass (Hagen D & B), l’adrenalina del breakbeat britannico (We Have A Lucky Day) e le atmosfere energiche e cupe dell’hardcore metal.

Fermatevi un attimo ed immaginate Tom Araya che canta su una base dei Prodigy. C’è poco da immaginare, perché è proprio quello che ascolterete in Shout Of Heaven (calembour omaggio al brano degli Slayer); pezzo nel quale il campionamento della voce mefistofelica di Tom Araya (un breve estratto di South Of Heaven) si mescola al beatmaking jungle-breakbeat nello stile Fat Of The Land dei Prodigy.

Con la versione elettro-dance di Help Me dei Beatles (ovviamente, parliamo ancora di campionamento) sembra di essere tornati ai tempi del puro sperimentalismo post punk dei Devo.

Il disco continua con la rilettura industriale delle trame introspettive e new romantic di Fade To Grey dei Visage, il richiamo trance-ambient della natura selvaggia di Ocean Deep Song che poi si trasforma nel verso “gracidante” di Space Rock e gli angusti confini sonori di Space Shuttle.

Criminal Experiment si chiude con le nuances darkwave di Brain Wash, le quali svelano il lato oscuro dell’umanità e la malvagità che si cela dietro la gente comune, le persone essenzialmente buone, considerate normali. Il costante lavaggio del cervello per mezzo degli organi d’informazione ci ha portato, paradossalmente, a legittimare le nostre azioni. È forse questo l’esperimento criminale della società moderna e dei Frank Fear. Quello che, già parecchio tempo fa, intendeva Hannah Arendt con la banalità del male.

Membri della band:

Thomas Laratta aka Thomas Lee: chitarre

Claudio Laratta aka Frank Fear: voce, tastiere, programming

Tracklist:

1. Hagen D & B

2. Fade to Grey

3. Ocean Deep Song

4. Space Rock

5. Help Me!

6. We Have a Lucky Day

7. Shout of Heaven

8. Criminal Experiment

9. Space Shuttle

10. Brain Wash

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