Heat Fandango
Reboot System
Araghost Records, Bloody Sound Fucktory
1 ottobre 2021
genere: psych, rock ‘n’ roll, garage rock, post-punk, alternative rock, rockabilly, blues elettronico
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Recensione a cura di Andrea Musumeci
Reboot System è l’album d’esordio del trio garage rock marchigiano Heat Fandango, in uscita il primo ottobre per le etichette Bloody Sound Fucktory e Araghost Records.
Provenienti da una lunga militanza in varie band del fervido territorio alternative rock underground marchigiano (Lush Rimbaud, Jesus Franco and the Drogas, NewLaserMen, Beurk!), gli Heat Fandango, composti da Tommaso Pela, Marco Giaccani e Michele Alessandrini, condividono un home recording di nove tracce inedite, concepite durante il lockdown, a distanza, in smart working.
Sul versante tematico, intersecandosi a un immaginario distopico, Reboot System racconta quella quotidianità condita di riflessioni, sogni, visioni, smarrimento, voglia di riscatto, senso di fallimento e di tutte quelle dinamiche ansiogene alimentate dai rapporti interpersonali e amplificate dal momento storico che stiamo vivendo.
Da un lato c’è il senso di inquietudine e inadeguatezza di fronte agli avvenimenti dell’attualità, dall’altro c’è quella irrinunciabile e velleitaria fiducia e smania di futuro. Il tutto accompagnato da una residua e disillusa urgenza di continuare a cercare un proprio posto nel mondo, di fuggire oltreoceano verso le luci rassicuranti dell’esterofilia anglofona demodé, lontano dalla condizione defilata, statica, ripetitiva e marginale della provincia, sospesa tra campagne, fabbriche, instabilità, contraddizioni e rassegnazione.
Quella provincia intesa non come luogo fisico e sociale, bensì come un luogo dell’anima, dal quale, invece, scappare è pressoché impossibile. Così come dalla ciclicità della vita.
Per quanto concerne, invece, l’aspetto strumentale, lo spartito della release prende forma e sostanza attraverso un bouquet di profumazioni lisergiche e morfinose che, mosse da una sensibilità retrò analogica che potrebbe suonare anche piuttosto manieristica, trasmettono un’antica l’elettricità addosso, imbevuta di atmosfere plumbee, ovattate, spettrali, e di spiritualismo oppiaceo con un non so che di psichedelia indiana: una centrifuga caleidoscopica di ritmiche groove anestetizzanti, convulsive e tribaleggianti mescolate a distorsioni fuzz tremolanti, narcotiche, ipnotiche e sfocate (come già raffigurato nell’artwork di Salvatore Liberti) che, in diversi episodi, portano all’orecchio assonanze con il sound boogie-garage dei Primal Scream e il chitarrismo hard rock seventies di scuola Detroit classe MC5, con singhiozzi rockabilly e certa psichedelia sixties di sponda doorsiana.
Masticando traiettorie beat allucinate e spulciando nel funambolismo post-punk che si contorce sulle “danze moderne pereubiane”, i tre Fandangos delle Marche si ridestano dal torpore pandemico per liberare tonalità vocali nevrotiche, cupe e baritonali, bagliori luccicanti, taglienti ed elettrificati, veemenze riverberate e anfetaminiche, bassi iper-pulsanti, un incalzante blues elettronico (come se i Kasabian facessero il verso ai Led Zeppelin di Immigrant Song) e liquidità blues-acida di rimando Jane’s Addiction, con le seducenti, arabescate, deliranti e astratte note di un vecchio organo elettronico Farfisa Matador 78, riesumato da un sperduto mercatino delle pulci, a fare da collante epidermico tra i diversi passaggi dell’opera.
Diviso tra classic rock ed elettronica ammiccante, Reboot System assimila, dunque, un guardaroba eterogeneo di contaminazioni sonore e stati d’animo, attraverso i quali gli Heat Fandango riflettono sul concetto di sopravvivenza in questo presente claustrofobico, sfuggente ed immerso nella giungla digitale delle nuove dinamiche interattive, in cui i punti di riferimento sono divenuti via via sempre più perversi ed effimeri.
Scandagliando le profonde contraddizioni degli abissi umani e pur sapendo inconsciamente di essere fuori tempo massimo, c’è chi, come gli Heat Fandango, persevera nella ricerca di un qualcosa che profumi di speranza, di rinascita post pandemia, di illusioni e nuove sfide, soffermandosi sulla lezione della tradizione e, parallelamente, facendo i conti con l’amarezza della sconfitta di un sistema che ha fallito, osservando le macerie accartocciate della cultura contemporanea e perseguendo, ognuno a modo suo, una via di fuga nel potere salvifico che, storicamente, la musica porta con sé in dote.
https://www.facebook.com/HeatFandangoBand/
Tracklist:
1. Reboot System
2. Controlled
3. Hard Nite
4. Guilty
5. Here They Come
6. Jungle Fighting
7. C’mon Babe
8. Feelings
9. I Wish You
Membri della band:
Tommaso Pela: chitarra e voce
Marco Giaccani: Farfisa, basso e voce
Michele Alessandrini: batteria
Credits:
Registrato in casa da Heat Fandango tra marzo e maggio 2020. Mixato e masterizzato da Filippo Strang al VDSS Studio di Frosinone. Artwork e design di Salvatore Liberti.
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