Machine Gun Kelly: recensione di Tickets to My Downfall

Machine Gun Kelly

Tickets to My Downfall

EST 19XX, Bad Boy, Interscope

25 settembre 2020

genere: pop punk

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Recensione a cura di Lorenzo Marsili

Dell’ultimo album di Machine Gun Kelly, Tickets to My Downfall, ci sarebbe da dire tutto e nulla. Musicalmente inconsistente,
enorme dal punto di vista dell’impatto.

La visione di MGK non è tanto nell’arte della composizione, quanto nel saper comunicare alle nuove generazioni. Certo, Tickets to My Downfall rimane pur sempre uno sforzo onesto, un appassionato e spontaneo racconto bibliografico. Come tutte le produzioni moderne, è penalizzato dalla produzione che tende a nascondere i difetti d’intonazione, tant’è che la “title track” brilla proprio quando l’autotune è spento.

Ad ogni modo, se da una parte l’assegnazione del disco rock dell’anno ad un rapper che ha preso la chitarra in
mano dieci minuti fa ha fatto storcere il naso a tanti vecchi rocker nostalgici, dall’altra ci sono milioni di ragazzi che non aspettavano altro che quest’album.

Sarà pure pop-punk, chiamiamolo pure pop, ma bisogna riconoscere che MGK, a differenza di tante altre mummie del rock, è riuscito finalmente a fare breccia tra quei milioni di giovani che ogni giorno si filmano mentre suonano la chitarra nella loro cameretta, anche per pochi secondi, nella speranza di diventare virali attraverso i vari #hashtag.

Ironicamente, l’attore-rapper che abbiamo già apprezzato in Roadies, Birdbox o The Dirt è salito sul trono della scena più nostalgica e reazionaria. Se c’è una cosa di cui possiamo essere certi, è che i singoli di questo disco saranno tra i pochi a finire su Virgin Radio, in mezzo ad una Sweet Child ‘O Mine, un brano degli AC/DC ed uno degli Imagine Dragons.

Che vi piaccia o no, il vero volto del rock revival non sono i Greta Van Fleet, ma MGK. In ogni caso, se l’idea dei Blink 182 un po’ aggiornati vi attira (il produttore è il batterista Travis Barker), questo è il disco che fa per voi, sempre dando per scontato che il pop-punk sia un genere, di fatto, morto da almeno quindici anni. Di per sé, Tickets to My Downfall non è neanche necessariamente brutto: è semplicemente innocuo, come il trentenne in copertina che si atteggia da liceale.

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