Judas Priest: recensione di Invincibile Shield

Judas Priest

Invincible Shield

Columbia Records

8 marzo 2024

genere: heavy metal, power metal, NWOBHM, hard rock

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Recensione a cura di Marco Calvarese

A distanza di sei anni esatti dal pur ottimo Firepower, i padri dell’heavy metal Judas Priest, con “The Voice” Rob Halford ormai settantaduenne, danno alla luce il loro diciannovesimo album intitolato Invincible Shield, tagliando il traguardo del mezzo secolo di attività. Impossibile, per gli amanti del genere, non acquistarlo, combattendo tra entusiasmo, nostalgia e quella sottile ansia di trovare la leggenda Judas Priest appassita come la pelle di Iggy Pop.

È bastato il primo ascolto affinché, della triade di sentimenti, restasse in vita solo l’entusiasmo. Invincibile Shield non ha alcun bisogno di essere soppesato facendo la tara degli anni che passano, poiché non mostra mezza ruga e non cambia la direzione della band: i Judas Priest sono il dardo di una balestra britannica e vanno dritti al bersaglio facendo a pezzi tutto ciò che incontrano sulla loro traiettoria.

I cinque eroi di Birmingham sanno perfettamente di essere la pietra angolare del metal duro e puro e ne fanno giustamente motivo di orgoglio tanto nei testi, quanto nelle note, mostrando al mondo intero di poter restare uguali a sé stessi senza bisogno di ricercare alcunché, risultando sempre freschi e attuali. Sì, perché questa release ci restituisce dei Judas Priest in grande spolvero, fedelissimi al proprio inconfondibile sound e con doti tecniche immense, poste al servizio dell’emozione e dell’headbanging, così come il genere richiede.

Qui, grazie ad una produzione semplicemente perfetta, è possibile apprezzare un Rob Halford capace ancora di farmi sussultare con i suoi cambi di tonalità, una coppia di asce dal granitico mordente nel riffing e mai banale negli assoli, e una sessione ritmica varia e discreta, con picchi di protagonismo che non lasciano coni d’ombra sul palcoscenico. Questo sarebbe un lavoro “candidato all’Oscar” del 2024, se solo avesse avuto l’acume di accorciare leggermente nei rallentamenti, ma poco importa.

Invincibile Shield è una corsa in macchina che conosce poche curve e che ti inchioda al sedile fin dalla partenza al fulmicotone: Panic Attack brilla di luce propria per un main riff azzeccatissimo e un lungo assolo finale da leccarsi i baffi e The Serpent And The King inserisce il turbo con un tiro degno dei tempi migliori, mentre Rob si destreggia tra acuti da correre a inscatolare la cristalliera di casa.

Non è ancora tempo di scalare le marce, perché subito dopo c’è la title track: un vero inno al sacro metallo, come eravamo avvezzi ad ascoltarne 40 anni fa, ma è anche un capolavoro di arrangiamenti, con bridge e assoli condotti su scale classiche. Un brano non immediato come i due precedenti, ma che cresce dopo ogni ascolto. È proprio adesso che Rob & Co. decidono di lasciarci tirare il fiato, rallentando sul mid-tempo di Devil in Disguise, sorretto da un riff notevole e arricchito dall’assolo più bello di tutti, per uno degli episodi più cupi e, a mio parere, più riusciti dell’intero disco.

Ora che ci siamo seduti, ci gustiamo uno dei più bei richiami al passato remoto che si potesse sperare, tanto vintage da suonare quasi glam: immaginate una di quelle canzoni che attacca lasciando “cantare” la chitarra, creando l’atmosfera, per poi far partire uno di quei riff immediati anni ’80, col batterista che picchia sodo sui tom e l’assolo che, quando arriva, ti spiazza. Ecco, questa è Gates to Hell, e non potrebbe esserci modo migliore per introdurre la melodia di Crown Of Horns, un meraviglioso tuffo a ritroso nell’hard rock radiofonico che apre con quello che a me suona tanto come un omaggio a Cliff Burton. E poi scivola che è un piacere su un ruffiano dadaumpa, con interludio molto sabbathiano.

Cribbio, è un brano stupendo, avrei tanto voluto che sfumasse 40 secondi prima, ma insomma cosa cavolo vado cercando? Dopo il revival puramente power metal di As God is My Witness, ci attende un altro singolo: Trial by Fire non è una pièce comune (per quanto banalotto sia il titolo), con quei tempi dispari e un superlavoro alle pelli, ma ha una melodia bellissima ed epica che richiama i Judas Priest 2.0.

Escape From Reality ci porta su un terreno paludoso, grazie all’arpeggio e alla melodia vocale, e di nuovo non si riesce a non pensare ai Black Sabbath di Ozzy in uno dei passaggi qualificanti del brano, ma occhio, perché poi Sons Of Thunder è una sgasata improvvisa, come un’iniezione di alti ottani nel motore: forse il brano più metallaro dell’intera opera, dal titolo fino all’ultima nota.

Il modo migliore per introduci alla closing track, Giants in The Sky, una perla che onora la memoria di chi, insieme a loro, ha scritto le tavole della legge del metal e che ora non c’è più, ma di cui Rob reclama l’eredità, quasi l’investitura. È proprio nel finale che l’alone sabbathiano si materializza, come se questi eterni ragazzi (ma non dimentico neppure per un istante il ruolo fondamentale di Richie Faulkner) volessero annunciare al mondo che il confine tra storia e leggenda sta per essere varcato, ed è un viaggio di sola andata.

Ora la vera “trial by fire” sarà l’esecuzione live, ma intanto, a mo’ di lungo addio, come si usa nei concerti, i ragazzi tornano sul palco e aggiungono ben tre bonus track da leccarsi i baffi: il mix di southern-glam e power di Fight Of Your Life; quel riff thrasheggiante, quei cambi di tempo, quel giro di basso arrapante della stupenda Vicious Circle, impreziosita da un breve assolo rubato agli Helloween; la orchestrale The Lodger, come fosse un brano classico interpretato in chiave metal.

Tre tracce un po’ sui generis, che avrebbero fatto la fortuna di qualunque album e di qualunque band, ma per gli eterni ragazzi di Birmingham sono solo b-sides. Qualcuno mi svegli dal sogno e mi spieghi, per favore, che questo è il canto del cigno dei Judas Priest e non uno dei migliori album mai stampati dai padri del mio genere preferito.

Tracklist:

01. Panic Attack. 02. The Serpent And The King. 03. Invincible Shield. 04. Devil In Disguise. 05. Gates Of Hell. 06. Crown Of Horns. 07. As God Is My Witness. 08. Trial By Fire. 09. Escape From Reality. 10. Sons Of Thunder. 11. Giants In The Sky.
Deluxe edition bonus tracks: 12. Fight Of Your Life. 13. Vicious Circle. 14. The Lodger

Lineup:

Rob Halford – voce
Glenn Tipton – chitarra
Richie Faulkner – chitarra
Ian Hill – basso
Scott Travis – batteria

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