MANICAs: recensione di Posh Punk

MANICAs

Posh Punk

Semplicemente Dischi

17 giugno

genere: alternative rock, synth rock, shoegaze, indie-rock, it-pop, emocore, disco-funk

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A tre anni di distanza dall’EP La Faccia Degli Dei e a due dal singolo Stella Danzante, la band alt-rock bolognese MANICAs manda alle stampe il suo primo full-lenght intitolato Posh Punk, edito per Semplicemente Dischi e anticipato dall’uscita del singolo Lilium.

Un lavoro di produzione cominciato al Natural Head Quarter di Manuele Fusaroli, proseguito sotto la guida di Glezӧs Alberganti – figura storica del punk italiano – e conclusosi con il mix e master di Francesco Terrana al Prisma Studio.

Il progetto MANICAs – composto da Francesco Popup (basso, voce, synth), Andrea Manica (voce, chitarra) e Ricardo Tomba (batteria) – si tuffa nella disillusione della contemporaneità, tra le onde farraginose della nostalgia, attraverso un sound derivativo caratterizzato da testi in italiano e melodie sintetiche, accattivanti, malinconiche e radiofoniche, mescolando quel romanticismo decadente che aveva contraddistinto i suoni scintillanti e frizzanti di gran parte del trend discografico ottantiano a certo imprinting cantautorale dal taglio vintage – per gli amanti dei bei tempi andati – e alla verve impattante e coinvolgente di ritmiche incalzanti emocore e disco-wave.

Una tracklist di otto brani al cui interno si snodano vecchi ricordi, storie personali, inquietudini e crisi identitarie di più generazioni a confronto, evidenziando, anche con una discreta dose di sarcasmo, uno spaccato culturale facilmente plagiabile, come quello che stiamo vivendo, e le trasformazioni del tessuto sociale del capoluogo emiliano: canzoni che vanno a fotografare quel mood da maschi sfigati nel relazionarsi con il sesso opposto (Lilium) e realtà tutt’oggi in cerca d’autore, sospese tra rimpianti, incertezze e i “troppi se che dilagano”, infatuate da tutte le promesse fittizie poi disattese dalla società dei consumi di massa.

Se da un lato Posh Punk, con il suo carico emozionale e l’effetto nostalgia ad amplificare il tutto, potrebbe ricondurre a una sorta di parodia sia di quel punk da “fighetti poser” del nuovo millennio, sia di quel citazionismo ruffiano del “voglio una vita rock’n’roll”, dall’altro va ad abbracciare diverse influenze sonore del nostro territorio cosiddetto indie: dai tappeti elettronici dei Baustelle all’energia elettrica dei Sick Tamburo, dalla melensa spensieratezza dei conterranei Lunapop di Squèrez alla indolente irriverenza degli Zen Circus, fino a sfiorare le atmosfere shoegaze e disco-funk dei Cosmetic.

Mentre Alberto Camerini, all’inizio degli anni ’80, vestiva idealmente i panni di uno scanzonato Arlecchino robotico, quale profetica metafora della ricerca di un proprio posto nel mondo, del desiderio di spingersi oltre l’apatia incolore del conformismo, aprendosi così a nuovi scenari espressivi e anticipando quella che sarebbe stata la generazione elettronica dell’avvenire, i MANICAs si vestono invece da Pinocchio Con il Frac per simboleggiare l’involuzione delle dinamiche interattive dell’attualità, dove gli individui vengono mossi da meravigliose illusioni, dai fili invisibili di un sistema burattinaio, consumati dai continui pegni da pagare in nome di fatue libertà, in nome di un affitto a fine mese (Alla Nostra Età, Senza Pretese), spesso insistendo nel rincorrere situazioni in “upper class” e millantando un’apparente condizione di esclusività.

Con questo nuovo step autorale, il trio felsineo intraprende un percorso di evoluzione interiore e artistica, passando da uno stato grezzo a uno decisamente più definito, che si consuma in mezzo ad umori, traumi, desideri posticipati, frammenti di esperienze autobiografiche e l’ingenuo ottimismo di aver creduto che post lockdown e post pandemia ci avrebbero resi persone migliori. Prospettive che, invece, hanno accentuato ulteriormente eccessi e difetti di una collettività già alla deriva.

Dunque, Posh Punk rappresenta una critica sintomatica nei confronti della società moderna, delle sue molteplici personalità, con tutte le contraddizioni, l’inevitabile retorica e le implicazioni emotive che ne conseguono. Ci ritroviamo, così, a ballare su un mondo senza pretese, che ci vuole sempre più inclini ad assecondare il flusso effimero del superfluo e rassegnati alle mancanze di un futuro coniugato sempre più al passato e cristallizzato nelle cornici digitali del presente.

facebook/MANICAs

Membri della band:

Francesco Popup: basso, voce, synth

Andrea Manica: voce, chitarra

Ricardo Tomba: batteria

Tracklist:

1. Intro

2. Lilium

3. Le Donne di Notte

4. Pinocchio Con il Frac (feat. Dandy Bestia degli Skiantos)

5. Alla Nostra Età

6. Senza Pretese

7. Egle

8. Ciò Che Appare è Buono

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