Slowdive: recensione di Everything Is Alive

Slowdive

Everything Is Alive

Dead Oceans

1 settembre 2023

genere: shoegaze, dream pop, folk ambient, new wave, synth wave, post-rock

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Se San Cristoforo è considerato per antonomasia il santo protettore dei viaggiatori, gli Slowdive possono essere quotati, senz’altro, come pastori spirituali per tutto ciò che rappresenta il movimento shoegaze.

A distanza di sei anni dalla pubblicazione del disco omonimo, successivo alla reunion del 2014, gli Slowdive mandano alle stampe Everything Is Alive, nuovo sforzo discografico (quinto in carriera) prodotto dall’iconica shoegaze band britannica, edito per Dead Oceans e anticipato dall’uscita dei singoli Kisses, Alife e The Slab.

Dedicato alla madre della cantante Rachel Goswell e al padre del bassista Simon Scott, entrambi deceduti nel 2020, Everything Is Alive, in tutta la sua autoreferenzialità melodico-compositiva dai connotati nostalgico-dreamy, è la soundtrack ideale per accompagnare la fine dell’estate, coi suoi ultimi afflati di spensieratezza e i postumi di sogni infranti, cedendo il passo alle prime avvisaglie di malinconia settembrina, in cui note più tristi, riflessive e velatamente irrequiete fanno da anticamera a quell’imminente transizione emotiva da cui nasce l’incipit di un nuovo viaggio, confidando nel passato quale unico appiglio sicuro.

Ci si sposta in motorino – ovviamente senza casco – tra le strade metropolitane di una Napoli (come si vede nel videoclip di Kisses) dai suoni inediti e dalle luci trasognate, foss’anche per distrarci da quella strana sensazione di eterno spin-off che permea il nostro presente. Eppure, veniamo risucchiati dalle frenesie quotidiane del progresso e rincorriamo tutto ciò che è novità, ma a volte il nuovo non funziona (“living for the new thing, sometimes the new won’t do”), e allora ci rifugiamo nell’abbraccio terapeutico dei ricordi, nell’incantesimo ammaliante di radicate velleità che fungono da ancore di salvezza vaghe ed evanescenti.

Nel frattempo, il tempo scorre inesorabile, sconosciuto e volubile come la corrente di un fiume, continuando a prendersi gioco di tutti noi che rimaniamo fregati dall’inconsistenza della felicità, sospesi nell’incapacità di convivere coi nostri fantasmi e smarriti nel misterioso labirinto della nostra mente, come partecipanti di una specie di “mind game” cervellotico del quale, in fondo, conosciamo già la soluzione finale.

Posandosi con la stessa leggerezza di una farfalla – a simboleggiare la triade trasformazione, rinascita e speranza – e con la delicatezza di un tessuto francese a pois (“wearing your favorite shirt french cloth and polka-dot”), gli Slowdive si raccolgono nell’idea di abbandonarsi a un avvolgente torpore notturno, quando in completa distensione sensoriale trance chill-out dai beat motorik (Shanty), quando attraverso l’intima congiunzione tra melodie vibrate e picchi di intensità emozionale.

Così, alimentando quel prezioso trademark genetico modulato da effetti feedback, chorus e delay, le otto tracce di Everything Is Alive tratteggiano con cura minuziosa suggestivi paesaggi dove cieli frastagliati si avvicendano a nuvole rosso fuoco (Andalucia Plays, Prayer Remembered), scuotendosi da quello stato di quiete cinematica per mezzo di improvvisi squarci elettrici post-rock alla Maserati, per intenderci, e grazie a certo barocchismo british dai suadenti echi new wave 80s riconducibili a Pet Shop Boys, Psychedelic Furs e Cocteau Twins (Chained To A Cloud, The Slab, Kisses).

La musica degli Slowdive, con il suo flusso armonioso di sequenze slowtempo e midtempo ed un’esplicita malinconia retrospettiva orientata più all’etere che al terreno, penetra lentamente sottopelle, guidandoci con stile sobrio e schivo in un’essenza sonora dalle sembianze dilatate e rarefatte: si va da eleganti incursioni di elettronica dream-wave dalle consistenze glucosiche, vaporose e ovattate ad atmosfere ambient pseudo-sigurrossiane, passando per manipolazioni vocali dalle timbriche celestiali, tremule e balsamiche (coniugate al femminile e al maschile da Rachel Goswell e Neil Halstead), fino ad assecondare attività di rilassamento mindfulness mediante riverberazioni agrodolci di trame folk retrò (Andalucia Plays).

Impermeabile, pertanto, alla retorica e alle omologazioni della contemporaneità, il quintetto di Reading, con questo nuovo capitolo autorale, è riuscito a rivitalizzare la propria epica strumentale e narrativa, focalizzandosi su tematiche esistenziali ed eteree che ruotano attorno a quei fattori di caducità, spesso dai significati inafferrabili, che regolano e determinano la qualità dei rapporti umani, ricercando un’antica ispirazione e soprattutto un antico mordente ricettivo che riveli, seppur timidamente e nonostante l’arrendevolezza dei nostri volti appassiti e dei nostri sguardi disillusi, che tutto è ancora vivo.

Membri della band:

Neil Halstead: voce, chitarra, tastiere – Rachel Goswell: voce, chitarra, tastiere – Nick Chaplin: basso – Christian Savill: chitarra – Simon Scott: batteria

Tracklist:

01. Shanty 02. Prayer Remembered 03. Alife 04. Andalucia Plays 05. Kisses 06. Skin In The Game 07. Chained To A Cloud 08. The Slab

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