3 gennaio 1970.
Viene pubblicato ‘The Madcap Laughs’, il primo disco solista di Syd Barrett, il primo dopo essere stato allontanato dai Pink Floyd.
L’ho riascoltato proprio stamane in macchina.
Nella copertina del disco viene ripreso nella sua stanza londinese dove viveva, praticamente vuota, senza mobilio, eccetto un vaso di fiori: un disco di chitarra acustica e voce folk, un pò Beatles, un pò Beach Boys, melodico, distorto e struggente, in cui Syd si mostra indifeso, solo, annoiato, fragile, stralunato, tormentato, a tratti assente, in preda ai suoi demoni, alle sue paure, alle sue angosce, alle sue paranoie, all’irreversibile disfacimento mentale dovuto all’uso perpetuo di LSD, cannabis, hashish e sedativi, il tutto raccontato con il suo modo di cantare lucido e alienante, tra cantilene ipnotiche e pezzi più frizzanti, ma soprattutto irripetibile per qualsiasi altro artista ‘ordinario’.
Un disco decisamente folle, a tratti incomprensibile, ma l’arte a volte è così, non ci deve essere per forza una spiegazione a tutto.
E poi, l’arte in generale è così, meno la capisci e più è bella.
La “Testa Matta Ride”: la traduzione del titolo di quest’album è già più che sufficiente per riassumere quanto fosse disarmante e splendente quel diamante grezzo di Roger Keith Barrett.
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