Supergrass: recensione di Supergrass

Supergrass

Supergrass

Parlophone

20 Settembre 1999

genere: brit rock, indie rock

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Recensione a cura di Anna Tassello

Nel 1995, una delle band più sottovalutate del periodo, i Supergrass originari di Oxford, si trovano in competizione con Oasis, Blur e Pulp sul lato britannico, mentre sul versante punk d’oltreoceano se la devono vedere con gli esordi di Green Day e Foo Fighters.

I Should Coco, uscito nello stesso anno come prima incisione del gruppo, è caratterizzato da un diffuso senso di leggerezza, frivolezza e grinta: nei riff (a tratti più punk), nei saliscendi di intensità del suono, che arrivano sempre al momento giusto, e nei testi che parlano di divertimento, sbornie, gente strana e bisogni primari.

In For The Money, del 1997, ha invece un impatto acustico più corposo, come se ci fosse un passaggio intermedio dalla giovinezza del precedente capitolo alla maturità di questo. Potrebbe essere il disco dei 25 anni, quando realizzi che stai diventando grande e ti senti forte e invincibile. Un’opera nella quale è chiara la voglia di suonare, ma anche di ricercare maggior concretezza nei contenuti, negli arrangiamenti e nei cori.

Dopo le ritmiche incalzanti dei primi due album, il gruppo decide di fare quel salto di categoria mandando alle stampe l’omonimo Supergrass; disco più elaborato, maturo, introspettivo e, per la prima volta in carriera, interamente autoprodotto. Nonostante il tramonto del Brit Pop, i Supergrass non smettono di reinventarsi senza, però, rinnegare il proprio passato.

Si passa dal rock marchiato Stones di Pumping On Your Stereo, (da vedere l’esilarante video in stile Muppet Show) alla ritmica di Mary, (con videoclip splatter ai margini della censura), arrivando fino al pezzo migliore della release, ovvero Moving: intro leggero e modulato ma con un inciso graffiante. Un brano dalle mille sfumature.

Supergrass è, però, anche un lavoro molto completo e ricco di sfaccettature rock: ecco presentarsi Your Love e Jesus Came From Outta Space con reminiscenze dei vecchi Supergrass, ma con qualche anno in più di gavetta alle spalle, oppure la stuzzicante What Went Wrong (In Your Head) o il forte rock’n’roll di Beautiful People, il cui ritornello gira in testa.

Le tracce più elaborate le troviamo nella dolce Shotover Hill o nel curato strumentale che introduce Eon, nelle orchestrazioni di Born Again, ma soprattutto in quel bijoux che è Faraway, minimale a tratti, ma avvincente ed incalzante col passare dei minuti. Conclude la filastrocca Mama & Papa, quasi una sorta di ninna nanna.

Il terzo capitolo discografico del quartetto di Oxford racchiude semplici ballate e canzoni ben strutturate e fluide, alle quali si aggiungono elementi nuovi: più spazio, dunque, all’elettronica di tastiere e synth e alla lucentezza delle chitarre acustiche, ma sempre nello stile british, radiofonico e scanzonato dei Supergrass, che sprizzano vitalità e genuinità da tutti i pori.

Membri della band:

Gaz Coombes – voce, chitarra
Mick Quinn – basso, voce
Rob Coombes – tastiere
Danny Goffey – batteria, cori

Tracklist:

1.Moving
2.Your love
3.What went wrong (in your head)
4.Beautiful people
5.Shotover Hill
6.Eon
7.Mary
8.Jesus came from outta space
9.Pumping on your stereo
10.Born again
11.Faraway
12.Mama & papa

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