The Aerovons: recensione di A Little More

The Aerovons

A Little More

Transistor Music (Another Planet Music)

2 Luglio 2021

genere: psychedelic, sunshine pop, beat

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Recensione a cura di Mamunia

Ho scoperto un varco temporale e dimensionale. Attraversandolo mi sono ritrovata in Inghilterra, in un momento imprecisato alla fine degli anni 60. I miei sensi si risvegliano in un mondo invaso dall’effervescente ottimismo britannico e posso osservare in diretta la rivoluzione stilistica introdotta dalla minigonna di Mary Quant e la sua successiva influenza sulle mode di Soho e Kensington. Nelle strade riecheggia la musica immortale di quel decennio, segnato da svolte culturali tanto repentine quanto improvvise. In quella Londra, si vive un’epifania dopo l’altra, senza interruzione di continuità.

Cammino in Carnaby Street e solo in questo momento mi rendo conto di quanto la sua versione del 2021 risulti sbiadita. I colori, i profumi, un turbinio di personalità mod e hippie, in un melting pot di personalità che convivono mantenendo la propria unicità, senza perdere i propri tratti distintivi. Un’onda inarrestabile ha travolto una delle società più conservatrici della storia e l’ha profondamente trasformata, liberata, trascinando i protagonisti di questo cambiamento al centro del mondo: quello che succede a Londra viene immediatamente emulato nelle altre capitali europee, la Swinging London diventa la culla di ogni nuova tendenza destinata a diffondersi ovunque, per durare.

Sono felice di poter condividere un posto su questa macchina del tempo con chi condivide la mia stessa passione per la musica degli anni 60. Per iniziare a viaggiare, basta tirare un profondo respiro e prepararsi a premere “play”: il nuovo album degli Aerovons è uscito da poco più di un mese, disponibile sulle principali piattaforme di streaming e in digipack. Il contraccolpo emotivo potrebbe essere sconvolgente, perciò tenetevi forte: dopo appena poche e secche note al piano, Stopped! vi trascinerà in immersione, affogando ogni vostro senso in una dimensione che non esiste più e che, eppure, non ha mai cessato di esistere (“I am dead yet I live“, cit.).

Tom Hartman aveva 17 anni nel 1969, quando volò da St. Louis in Inghilterra insieme ai fratelli Billy e Mike Lombardo, per incidere Resurrection, il disco d’esordio degli Aerovons. Arrivati a Londra, poterono contare sull’appoggio dei professionisti migliori in circolazione: Alan Parsons stava lavorando all’engeneering tanto di Resurrection quanto di un certo Abbey Road, lo stesso George Harrison contribuirà con alcuni consigli alle partiture di chitarra del giovane Tom. Quei giovanissimi americani sembravano proprio dei predestinati. Alla EMI non si parlava d’altro, perfino i Beatles vollero restare informati sulle fasi di sviluppo del loro album.

Poi, improvvisamente, l’incanto si spezzò. Il gruppo era rientrato negli States e, prima di tornare a Londra per completare le registrazioni, si sciolse per una serie di cause interne ed esterne: divergenze creative in fase di composizione, vicende personali dei singoli membri, budget di produzione elevato, riscontro di pubblico contenuto per i singoli estratti. Sopravviveranno alla storia solo due 45 giri, segni tangibili del passaggio degli Aerovons (World of You e The Train) e oggi disponibili sul mercato dell’usato a cifre esorbitanti.

Nel 2003, improvvisa e inaspettata, una svolta: Resurrection viene finalmente dato alle stampe. Il titolo che voleva creare un riferimento con la cultura psichedelica in declino alla fine degli anni 60, si rivela profetico.

Quasi vent’anni dopo, Tom Hartman ci riprova ancora. Con A Little More prendono forma e nuova consistenza alcune canzoni composte tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70. Altri brani, come Swinging London, sono di gestazione più recente ma restano comunque il risultato di anni di lenta e ponderata gestazione: Tom è un professionista affermato, non ha mai abbandonato la musica ma ha incentrato la sua carriera sul lavoro di compositore per soundtrack e commercial; quello che ha scelto di fare con A Little More è di indugiare, senza pressione, su ciò che lo appassiona di più, rielaborando in chiave positiva ed edonista quella splendida favola che ha vissuto circa 50 anni prima.

A Little More, infatti, non si profila come la cura per un rimorso, un rimpianto, né per una delusione. L’album esplode tutta la grande bellezza e la gratitudine per essere stato parte, anche se per un breve frangente, di qualcosa di unico e speciale. Gli otto brani che lo compongono raccontano ognuna un pezzetto della passione di Tom per una certa musica e un certo modo di vivere. Per un certo modo di amare. Musica, vita, passioni, sono al centro di un album genuino e vero, in modo giusto e gentile.

Da Stopped! a Swinging London inizia un viaggio nel tempo che dura meno di mezz’ora, ma che lascia di stucco. La qualità delle composizioni è molto alta, le tecniche di registrazione sono le più avanzate a disposizione, la produzione di Tom avvolge l’album in una patina vintage che risulta autentica e commovente. Le radici culturali affondano dalle parti degli Everly Brothers, dei Beach Boys, di Rick Nelson, ma soprattutto dei Beatles e della musica britannica più in generale.

Da settimane non riesco a resistere alla tentazione di immergermi nuovamente nell’atmosfera unica di A Little More. Ognuno dei singoli brani si staglia in modo nitido per una specifica citazione (la maccartiana Stopped!, l’harrisoniana So Sorry, la beachboysiana The Way Things Went Tonight) o per preziose peculiarità compositive (Me and My Bomb, You & Me). Con la traccia di chiusura, Swinging London, arriva il colpo al cuore finale: una gemma dalla delicata outro, che si fissa nella memoria grazie all’immediatezza della linea melodica, chiude l’album lasciandoti addosso la voglia di ricominciare daccapo, ancora e ancora.

Mentre i brani scorrono, delicati, rifletto sul destino. Tom non mi dà l’impressione di aver vissuto la sua vita in attesa che si compisse il destino che riteneva di meritare. Sono gioia e gratitudine le emozioni che scaturiscono da ciascun brano: gli Aerovons erano davvero dei predestinati, avevano ragione in EMI alla fine degli anni 60. Tom ha saputo ritagliarsi il suo spazio: piccolo o grande, non importa, quello che conta è essere consapevoli che il destino è solo nelle nostre mani e che, in qualunque momento, si può decidere di prendere in mano le redini della propria vita per scegliere di fare ciò che davvero amiamo.

https://www.facebook.com/The-Aerovons-891186387736858/

Credits: tutti i brani sono composti e prodotti da Tom Hartman, anche alle chitarre, basso, keyboards e string arrangements. Joey Curatolo è voce principale in Me and My Bomb e A Little More, con alcune parti vocali anche in Shades of Blue e So Sorry. Robert Kowalski è alla batteria e ai backing vocals. Chuck Kirkpatrick ha curato i backing vocals e le armonie vocali in The Way Things Went Tonight.

Tracklist:

1. Stopped!
2. Shades Of Blue
3. Me And My Bomb
4. You & Me
5. So Sorry
6. A Little More
7. The Way Things Went Tonight
8. Swinging London

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