Recensione a cura di Simona Iannotti
5150 è il settimo album in studio della band californiana Van Halen, uscito il 24 marzo del 1986.
Un album decisamente diverso dai lavori precedenti, in quanto è il primo della nuova era del gruppo senza il loro trascinante leader David Lee Roth.
Oltre a David Lee Roth, i Van Halen perdono anche il loro storico produttore, Ted Templeman, che preferì seguire il carismatico frontman nei suoi lavori da solista.
Così, i Van Halen si trovano a reinventarsi, ma questa volta al microfono c’è una vecchia conoscenza di Eddie Van Halen, Sammy Hagar, con il quale inizia a lavorare sui nuovi pezzi che faranno poi parte di 5150.
Il brano che apre l’album è Good Enough, un classico musicale del genere e della band. L’impostazione oscilla tra l’hard rock e l’heavy metal, con una forte presenza di chitarre e sintetizzatori fumanti. Sammy Hagar è molto meno istrionico di Lee Roth, ma le potenzialità canore sono all’altezza del brivido rock & roll.
Why Can’t This Be Love è una di quelle canzoni che ti trascinano alla follia.
Una ballad a tutti gli effetti, armonica, prorompente e carica di adrenalina. La voce di Hagar si spalma meravigliosamente sullo stile glam e raffinato del suo amico Eddie: l’incastro tra tutti i musicisti sembra essere quello giusto.
Al terzo posto di 5150 troviamo un’altra canzone d’amore dal titolo Dreams. Qui c’è l’essenza del glam rock al suo apice. Sintetizzatori che accompagnano l’intero brano, la batteria, come un martello pneumatico, dà struttura e incisività al pezzo. Ma dov’è che Dreams diventa arte? Proprio nella voce di Hagar, che qui sfoggia tutta la sua verve, e nella chitarra del grandioso Eddie.
Eddie Van Halen si conferma protagonista indiscusso grazie a un riff indomabile e tremendamente rock. Il pezzo si chiude con un assolo che sembra essere stato scritto dall’alto.
La sesta traccia è un’altra ballad: Love Walks In. Un lento che non perde i caratteri di tutti e quattro i musicisti. Suoni chiari e limpidi, voce pulita e cristallina, tutti gli elementi per parlare dell’amore. Vorrei attrarre la vostra attenzione sulla chitarra di Eddie che, anche in questo caso, ha il ruolo di co-protagonista. Non a caso parliamo del numero 8 della classifica dei migliori 100 chitarristi stilata da Rolling Stone.
Ed ora giungiamo alla fine di 5150 con il brano che dà il nome al disco. La titletrack, a tinte hard rock, non è altro che il numero verde della California per chiamare le forze dell’ordine che si occupano degli infermi mentali.
La batteria pervade ogni centimetro del nostro corpo e la combinazione con le chitarre è letale. Le sonorità sono quelle di una band che nasce in un contesto vivace e glam come quello dell’hair metal degli anni ’80, genere che ha fatto breccia nel cuore di tanti giovani.
Quando uscirono i Van Halen, la musica era già in pieno sviluppo e si erano già scoperti innumerevoli band di talento. Loro sono riusciti a conquistarsi un posto tra i musicisti più importanti tra la fine degli anni ’70 e tutto il decennio successivo.
Si possono non amare, ma quello che sanno dare attraverso la loro musica è brivido puro.
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