Rainbow Bridge: recensione di Unlock

Rainbow Bridge

Unlock

autoproduzione

7 agosto 2020

genere: blues rock psichedelico, garage fuzz, stoner

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Dopo il periodo di stand-by forzato, a causa della quarantena pandemica, è ripartita l’attività produttiva della formazione hard blues pugliese Rainbow Bridge con la pubblicazione del nuovo EP intitolato Unlock, rilasciato in autoproduzione lo scorso 7 agosto.

La nuova creatura strumentale (partorita durante le fasi di lockdown) dei tre stregoni bluesman di Barletta (Giuseppe JimiRay Piazzolla, voce e chitarra, Fabio Chiarazzo, basso e Paolo Ormas, batteria) è un ritorno in studio che porta in dote una rinnovata energia ed un approccio decisamente più ruvido rispetto ai lavori precedenti, e che rinuncia alla parte lirica per dare maggiore visibilità all’opulenza oversize sprigionata dai suoni riverberati e dagli effetti overdrive, fuzz e wah wah.

Con alle spalle due lavori discografici, Dirty Sunday e Lama, ed un EP digitale, Neverending Trip (contenente una nuova canzone inedita, I’M Just A Man e cinque tribute cover di classici del rock), il power trio Rainbow Bridge torna, dunque, sulle scene con sei tracce inedite e, come già detto, interamente strumentali (nell’ordine: Marvin Berry, Speero The Hero, Marley, The Girl That I Would Meet This Summer, Jack Sound).

Unlock è un comeback revivalistico di matrice voodoo hendrixiana e di memoria zeppeliniana (drumming d’apertura nella prima traccia Marvin Berry alla Led Zeppelin di Dazed And Confused), che esalta, nutre ed allarga, con venerazione ascetica, le radici e le linee guida dei consumati solchi della psichedelia blues elettrificata e del rock & roll garage degli anni ’60 e ’70.

Immaginate di immergervi in una foresta equatoriale di sonorità primordiali ed atmosfere fumose, tra danze sciamaniche doorsiane, tribalismi afro, scenografie allucinate e dosi di mescalina e peyote shakerate in un cocktail lounge narcotico e speziato.

Un flusso orgiastico e parossistico di contaminazioni che si ridesta dal suo torpore cosmico e pandemico per dare libero sfogo a riff monster, evoluzioni solistiche strascinate, bending languidi, cavalcate groove e rock & roll, sferzate hard rock canoniche, fusion rhythm & blues (con quel tocco alla Jim McCarthy e Gary Moore), divagazioni funky-reggae e jam session kraut stoner.

Unlock è un ponte arcobaleno che funge da trait d’union tra il mondo del rock & blues vintage ad una realtà che non si è mai voluta allineare con le mode musicali contemporanee, al pari di un fiore che non appassisce mai, che resiste e sopravvive a tutto, come un cactus immortale.

Con quest’ultima espressione discografica i veterani Rainbow Bridge si abbandonano ad un linguaggio promiscuo dell’anima, quale metafora di vita che trascende dal concetto spazio fratto tempo, sia che vi troviate nel deserto di Atacama, sulle sponde del Rio Grande al confine tra Texas e Messico, a San Francisco nel bel mezzo di un assembramento hippie della Summer Of Love insieme ai Blue Cheer, oppure nella Bassa Valle del fiume Ofanto.

Membri della band:

Giuseppe JimiRay Piazzolla – chitarra

Fabio Chiarazzo – basso

Paolo Ormas – batteria

Tracklist:

1. Marvin Berry

2. Speero The Hero

3. Marley

4. The Girl That I Would Meet This Summer

5. Jack Sound

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