Brand New Heroes: Intervista per Fotografie ROCK

I Brand New Heroes sono un gruppo alternative rock formato a Firenze nel 2015 e attualmente composto da Francesco (voce), Ale W. (chitarra), Massimiliano (chitarra-voce), Ale L. (basso-tastiere), Giulio(batteria).

All’indomani della pubblicazione del primo singolo Beverly Hills, brano che anticipa l’uscita del nuovo album Let It Out, Fotografie ROCK ha voluto intervistare il quintetto fiorentino per conoscere meglio la loro storia ed il loro percorso musicale, dagli esordi ad oggi; un cammino ricco di atmosfere e contaminazioni che rimandano chiaramente al retrogusto malinconico del sound alt-rock anni ’90.

Innanzitutto, partiamo dal nome: “Eroi Nuovi di Zecca”. Come nasce la scelta del nome Brand New Heroes?

Ammettiamo prima di tutto un fatto: per quanto si possa amare la nostra splendida lingua, la versione italiana del nostro nome ha un po’ meno appeal di quella inglese… A parte le battute, il nome viene da amore e passione: abbiamo vissuto l’adolescenza negli anni ’90 e primi 2000, ci siamo cibati di eroi ed eroine di ogni tipo a partire da Lady Oscar, Holly e Benji, Mila e Shiro, passando per i Cavalieri dello Zodiaco e Dragonball, per poi essere catapultati in età più matura nell’Universo Marvel. Quindi c’era bisogno di nuovi eroi, ma anche di anti-eroi e ciò ci porta a quando Francesco (il cantante) ha sintetizzato il significato del nome della band nella frase che in questo gruppo “siamo eroi gli uni per gli altri”.

Seppur prevedibili, considerando cantato e sonorità di evidente riferimento anglofono, come considerate il vostro genere e quali sono le influenze musicali del passato, e/o contemporanee, che hanno ispirato le vostre canzoni e determinato, nel complesso, un’impronta chiave al vostro trademark sonoro?

Questa domanda centra un punto fondamentale della nostra produzione artistica. Il processo creativo, avendo ciascuno di noi riferimenti diversi che spaziano dal punk-rock al brit-rock, si sviluppa dal concept fino alla produzione in un mix di idee riconducibili a sonorità di band diverse fra loro come Foo Fighters, All Time Low, Strokes, Jimmy Eat World o Nothing But Thieves. La nostra speranza è che da tutto questo esca fuori un caos ordinato che riesca a rappresentarci tutti e che possa piacere anche al pubblico.

Dunque, avete già esordito nel 2016 con un album omonimo, edito per la label statunitense Sweet Salt Records. Durante questi cinque anni, in base al modo con cui vi rapportate all’aspetto prettamente compositivo, sia strumentale che testuale, quali differenze avete notato, se esistono, nell’evoluzione del vostro progetto, dal punto di vista professionale, individuale e come collettivo?

All’interno di Let It Out ci sono brani che sono stati composti e arrangiati in pochissimi giorni e altri che invece hanno richiesto più tempo. La maturità e l’esperienza acquisite durante questi 5 anni, soprattutto nella fase di pre-produzione – più curata rispetto al primo disco – ci hanno permesso appunto di affinare alcuni aspetti legati all’arrangiamento e alla scrittura dei testi. In questo album abbiamo imparato a togliere e a snellire, cercando un impatto più diretto con l’ascoltatore.

Avete avuto la fortuna di conoscere Marcello di Overdub Recordings, una delle etichette indipendenti più prolifiche e appassionate della scena underground tricolore: come nasce, dunque, la collaborazione con Overdub Recordings?

Ad inizio 2020 stavamo cercando un’etichetta che credesse nel nostro progetto. Con Overdub c’è stata subito una grande intesa artistica. In particolare Marcello ci ha lasciato libertà nello sviluppo del disco, dandoci comunque preziosi consigli in fase di produzione anche al fine di amalgamare al meglio il prodotto finale.

Come abbiamo già detto, Beverly Hills è il titolo del vostro primo singolo. A tal proposito, la curiosità ci porta a chiedervi: perché andare a rispolverare una delle serie tv più popolari degli anni ’90 come Beverly Hills 90210? Inoltre, tra le principali protagoniste della serie, chi era la vostra preferita? Kelly Taylor, Brenda Walsh, Donna Martin o Andrea Zuckerman?

Beverly Hills è un omaggio all’adolescenza di noi “millennials”. Il brano vuole essere un riferimento ad un periodo felice e spensierato delle nostre vite a cui siamo tutt’oggi molto legati. Per rispondere alla seconda parte della domanda, non riusciremo mai ad essere tutti d’accordo!

Dopo aver rilasciato Beverly Hills, avete realizzato e rilasciato una live session in studio per esorcizzare il momento storico che stiamo vivendo, in cui la mancanza della musica dal vivo ha ormai toccato derive drammatiche. Pertanto, che idea vi siete fatti riguardo al fatto che la politica ha, diciamo, bistrattato il mondo dello spettacolo che non rientra nei canoni del business della cultura di massa televisiva?

Eravamo in astinenza da live e quindi ci siamo organizzati per farne uno a modo nostro! Purtroppo questa piaga sta colpendo questo settore proprio nel vivo, perché il concerto, almeno nel nostro ambito, è soprattutto contatto fisico, condivisione di emozioni, sudore e gioia.
La situazione degli operatori dello spettacolo è tragica e sicuramente la politica dei sussidi non potrà continuare all’infinito. Ci vorrebbe uno sforzo maggiore per cercare soluzioni alternative che non penalizzino così tanto tutto il comparto.

Cosa ne pensate di quella che si sta paventando come la nuova frontiera della musica dal vivo, ovvero il live streaming?

È un modo di promozione interessante e stimolante, che però sicuramente avvantaggia dal punto di vista commerciale esclusivamente le band mainstream. Un gruppo come il nostro non può prescindere dal contatto col pubblico per farsi apprezzare e conoscere. Rimane il fatto, valido per qualsiasi artista e per qualsiasi genere musicale, che un live-stream non potrà mai arrivare a farti provare le stesse emozioni che un concerto dal vivo è in grado di suscitare.

Dopo il trionfo dei Måneskin al festival di Sanremo, sembra sia tornato in auge un certo interesse mediatico, mainstream e non, nei confronti della musica rock pop. Al di là delle operazioni di marketing che accompagnano la giovane band capitolina, credete che si possa veramente tornare a parlare seriamente di musica rock in Italia? Oppure i Måneskin si andranno ad aggiungere alla già folta schiera di meteore del panorama rock tricolore?

Siamo in un momento storico in cui il successo musicale passa principalmente dai talent e i Måneskin ne sono la conferma più attuale. La speranza è quella che il loro successo possa riportare l’attenzione del grande pubblico su un genere che negli ultimi anni, in Italia, era stato confinato esclusivamente alla scena indipendente.

Distratti dalle moderne forme di comunicazione ed intrappolati nella decadenza dei rapporti interpersonali e negli stereotipi di una società sempre più isolata e smarrita, come valutate, complessivamente, lo scenario umanistico-orwelliano della contemporaneità?

La contemporaneità ci ha estraniati, ci ha rubato la quotidianità e ci ha resi umanamente freddi. Lo spirito umano però è diverso, siamo animali sociali, abbiamo bisogno di unirci, confrontarci. La musica rimarrà per noi sempre uno strumento di ribellione ai mali della società in cui viviamo.

In questo scenario dinamico e flessibile dell’attualità, in cui la fruizione della musica avviene esclusivamente attraverso piattaforme streaming, sottoforma di formato liquido, cosa significa per una band emergente progettare e confezionare un prodotto musicale? A chi pensate sia destinata la vostra proposta?

Questo nuovo scenario ha dei pro e dei contro e bisogna essere pronti a rimettersi in gioco. Bisogna esser bravi a cambiare approccio, aggiornare la comunicazione, rimanere al passo dei tempi se non addirittura, quando possibile, riuscire ad anticipare le nuove tendenze, sperando di riuscire a coinvolgere le nuove generazioni.
Non ci vedrete mai fare un video su TikTok però, questo sarebbe troppo! 😉

In attesa che esca il vostro secondo capitolo discografico, potete anticiparci, a grandi linee ovviamente, come saranno orientati i contenuti tematici e strumentali del nuovo album “Let It Out”? Nel bel mezzo di una pandemia mondiale, in che modo tale ambientazione tragica e distopica ha influito sullo sviluppo delle vostre composizioni?

Nell’album ci sono tracce di classica fattura pop-punk come la title-track (Let It Out), alcune più marcatamente rock come Beverly Hills, e altre invece hanno un’ispirazione più emo-pop. Menzione particolare per l’ultimo brano, intitolato 360, in cui abbiamo cercato di racchiudere in un’unica canzone tutte quelle che sono le nostre influenze musicali. Le tematiche affrontate sono quelle della crescita, della perdita, dell’amore e della ribellione alla situazione attuale. La pandemia è stata proprio la scintilla che ci ha fatto sentire il bisogno di dare voce alle nostre emozioni, convogliandole in questi 10 brani, sperando che amerete ascoltarli così come noi abbiamo amato suonarli!

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