Fotografie ROCK intervista gli Scream Maker, una delle band emergenti più attive del panorama metal polacco

Oggi abbiamo il piacere di presentarvi, in esclusiva per Fotografie Rock, gli Scream Maker, una delle band emergenti più attive del panorama metal polacco.

Quattro le curiosità che mi hanno spinto a contattarli per conoscerli meglio: la qualità e la struttura compositiva così vintage dei loro brani – una vera macchina del tempo -, la scelta del tutto inusuale di fare del buon power metal in una scena nazionale in cui ad emergere, finora, sono stati più che altro gruppi decisamente più estremi, la loro fervida attività di organizzatori (che li ha condotti a mettere in piedi un festival annuale celebrativo nel nome di Ronnie James Dio e a collaborare con band di calibro mondiale) e, last but not least, la prossima pubblicazione del loro quarto LP, BloodKing, che vedrà la luce il prossimo 27 gennaio e che Fotografie Rock recensirà in anteprima esclusiva.
Ma lasciamo che siano loro stessi a chiarirci le idee sul loro conto.

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Intervista a cura di Marco Calvarese

Quando è nato il progetto Scream Maker? Qual è la storia della vostra lineup?

Abbiamo una storia movimentata e piuttosto lunga, perciò te la faccio breve (è il vocalist Sebastian a prendere la parola, ndr). Undici o dodici anni fa, quattro compagni di scuola si riunirono sotto varie denominazioni e formarono una metal band, suonando per lo più cover. Si divertivano bevendo e suonando insieme. Quando assunsero il nome definitivo Scream Maker, solo tre o quattro fondatori erano ancora a bordo. Attualmente nessuno di loro lo è. Sorprendente, vero? Nel 2011 fummo reclutati io e il chitarrista Michael Wrona. Decidemmo che avremmo voluto cambiare il modo di lavorare degli Scream Maker: ovviamente non abbiamo mai smesso di bere birra, ma volevamo brani nostri e così abbiamo iniziato a comporli. In seguito ai primi live show, ci siamo ritrovati in un batter d’occhio a esibirci in 30-50 concerti all’anno: considerevole, per una band agli esordi. Io e Michael volevamo di più, mentre i membri fondatori non avevano manifestato la stessa determinazione. Sai, quando il tuo hobby inizia ad assorbire il tuo tempo con regolarità, come un lavoro, per qualcuno potrebbe perdere il suo fascino iniziale. Per noi, invece, ne aveva ancora: esibirci su palcoscenici importanti era il nostro sogno e finalmente è divenuto realtà. Abbiamo suonato con i grandi del genere, Judas Priest e Motörhead… Così, oggi siamo in cinque: oltre a me e Michael, la line-up è composta da John Radosz al basso, Tom Sobieszek alla batteria e Bartosz Ziółkowski alla seconda chitarra.

Quando un metallaro pensa alla Polonia, i nomi che gli spuntano in testa sono subito Vader e Behemoth: roba buona, ma decisamente estrema. La vostra scelta è stata davvero differente: sembrare tagliati per l’heavy metal melodico. La cosa mi ha incuriosito: volete dirci qualcosa della scena metal nel vostro paese?

Abbiamo qualche metal band, inclusa una molto popolare in Polonia, i Nocny Kochanek, ma diciamo che il nostro genere è dominato da realtà estreme come quelle da te menzionate, ma non ne conosco la ragione. Forse è il clima, forse il difficile passato che abbiamo alle spalle. È arduo attirare l’attenzione suonando heavy metal di vecchia scuola, perché si viene spesso accusati di essere generici o poco “veri”. Non l’ho mai accettato: ciò che rende vero un lavoro artistico è la spontaneità dell’autore, non quanto sia classico o sperimentale.

Il vostro metal suona così vintage, ma è così coinvolgente… Ho ascoltato tutti i vostri album ed è innegabile la vostra crescita maturativa, nelle linee melodiche e negli arrangiamenti. Personalmente ho amato il vostro percorso. Come vi piacerebbe che fosse descritta la vostra musica?

Ti ringraziamo per le parole di apprezzamento, ma se mi domandi come vorrei che fosse etichettata la nostra musica, questo mi crea un problema. Non credo sia compito dell’artista dettare all’ascoltatore cosa pensare o sentire. I fruitori e i critici esprimeranno i propri giudizi personali. Per quanto ci riguarda, suoniamo un heavy metal sincero, senza voler varcare i confini del genere, ma cercando di mettere a fuoco la miglior essenza del metal.

Il prossimo è il vostro quarto album, caratterizzato, come gli altri, dalla lunghezza (15 brani, ndr). Avete sempre mostrato una grande vena creativa, eppure sono passati quasi sei anni dal lavoro precedente. Come mai? La pandemia ha inciso sulla vostra produzione e sulla vostra vita?

Hai ragione, è passato troppo tempo, shame on us! Ma ci sono alcune ragioni specifiche. Innanzitutto, ci siamo consumati nei tour: siamo stati in giro in Cina (cinque volte) e abbiamo organizzato sei edizioni del Dio Festival, oltre alle esibizioni qui in Europa. E, per finire, non viviamo di musica, tranne il nostro chitarrista, che insegna lo strumento: io sono un giornalista economico, Michael è un avvocato, Johnny uno scienziato, Tommy un manager. Abbiamo portato avanti, parallelamente, le nostre carriere professionali. Con la pandemia, abbiamo semplicemente rallentato, perso un po’ della spinta e della frenesia che caratterizzava le nostre vite precedentemente. E così ci siamo messi a registrare. Ma ora non ci importa più: vogliamo suonare, la gente ha voglia di ascoltarci, i concerti stanno per ripartire.

Vi siete fatti un nome oltre confine anche grazie al vostro attivismo come organizzatori, in particolare per il vostro memorial annuale in onore di Ronnie James Dio e altro. Ci parlate dei vostri link oltreconfine?

Attualmente ci piacerebbe venire in Italia e suonare per voi, ragazzi! In particolare perché abbiamo amici lì: primo fra tutti, Alessandro Del Vecchio, produttore e musicista di Somma Lombarda. Ha mixato i nostri album e ha cantato ai nostri festival. Sono venuto a trovarlo in Italia, tre o quattro volte, per la produzione e il mixaggio. David Reece (ex Accept) vive nelle vicinanze di Alessandro ed è anche lui un nostro buon amico.

Quando ascolti gli Scream Maker non puoi fare a meno di pensare ai Judas Priest e agli Iron Maiden, ma voi sapete bene che qualunque metallaro che si rispetti, e i critici più di tutti, amano cercare altre affinità sonore e individuare altre fonti di ispirazione. Lasciate giocare anche me: Accept, Rainbow, Dickinson, Van Halen, Scorpions, un po’ di AOR, qualcosa degli Helloween e dei vecchi Metallica. Vi riconoscete in questi ascolti?

Penso che ciascuno di questi sia importante per noi e sicuramente ci ha ispirato. Aggiungerei i Queensryche: nel nuovo album, abbiamo cercato di raggiungere il loro livello di pulizia sonora.

Volete raccontarci qualcosa circa il lavoro dietro le quinte del nuovo album? C’è una casa discografica alle vostre spalle? Chi ha lavorato alla produzione e dietro il mixer? Quali tematiche avete trattato?

In due parole: fuck labels (letterale, ndr). Non abbiamo una casa discografica, non ne abbiamo bisogno, siamo autosufficienti (risate, ndr). Questa per ora è la migliore soluzione per noi. Le etichette prendono sotto contratto una band quando è già ben inserita nel circuito commerciale. Ma se hai i fan e una scaletta, non c’è bisogno d’altro. Che te ne fai di una label? La nostra nicchia è troppo ristretta. Per quanto riguarda la produzione, il sound del nuovo album ha due padri putativi: il polacco ZED, un grande ingegnere del suono che ha mixato 13 brani su 15, e Alessandro Del Vecchio, responsabile del mixaggio degli altri due. Non ci siamo limitati a comporre i brani, ma abbiamo completamente autofinanziato la produzione: siamo gli unici proprietari della nostra creatura. Credo che sia la soluzione migliore per una band come la nostra. L’unica cosa che cerchiamo è la collaborazione con un’agenzia di booking. Siamo aperti a collaborare con qualunque agenzia al mondo.

BloodKing appare decisamente più pesante e oscuro degli LP che lo hanno preceduto. Sembra, a volte, suonare un po’ come gli Helloween meno speed e più cupi (quelli di The Dark Ride); ci sono alcuni buoni riff thrash in stile Metallica e così via, ben mescolati con la vostra naturale inclinazione melodica. Dietro tutto questo c’è una ragione politica, uno stato d’animo o nuove influenze musicali?

In realtà c’è un nesso causale, ma funziona al contrario rispetto a ciò che immagini: volevamo un sound più pesante e ho semplicemente adattato le tematiche trattate nei testi a questo progetto sonoro. BloodKing non è altro che la personificazione di tutto ciò che c’è di male nel concetto di potere politico: abuso, corruzione, terrore, guerre. Molte delle canzoni ruotano intorno ai sopracitati temi, ma non tutte: alcune riguardano, diciamo, alcune mie esperienze di vita non propriamente piacevoli.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Vogliamo conquistare il mondo, naturalmente! Vogliamo suonare più spesso possibile e comporre nuovo materiale. Questo è ciò che più amiamo fare. Presto pubblicheremo un nuovo video, preparatevi.

Vi lasciamo l’ultima parola, per chiudere l’intervista e dire ciò che volete ai rockers italiani e ai lettori di Fotografie Rock.

Ragazzi, vi invitiamo ad ascoltare il nostro nuovo album BloodKing. Ci farebbe piacere conoscere il vostro feedback.

Grazie per essere rimasti fedeli alla vecchia scuola e per non essere fatti con lo stampino.

Grazie a voi, ragazzi! Stay proud, metal is the law!

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