Disminded: recensione di The Vision

Disminded

The Vision

Black Sunset Records

3 marzo 2023

genere: death metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Non c’è niente di più eccitante, per un vecchio musicomane metallaro, che scoprire una nuova band di cui si parla ancora poco. Questi ragazzi tedeschi sono una perla emersa dal magma caotico di YouTube, e dopo averne assaporato le potenzialità, ascoltando i primi due full length (prodotti in modo indipendente), ho atteso impaziente la nuova uscita, approfittandone per raccogliere qualche informazione e curioso di scoprire l’impronta impressa dal gruppo al proprio sound.

Attivi dal 2009 in quel di Wesel, i Disminded hanno prodotto il loro LP d’esordio nel 2015, sfornando un thrash-death di buona fattura, per poi ripetersi nel 2020, tanto da entrare a far parte della piccola ma cazzuta label Black Sunset, specializzata in metallo tedesco e austriaco. Da questo sodalizio nasce il nuovo album The Vision, che con il suo artwork di evidente richiamo lovercraftiano ha già vinto in partenza. Il disco si snoda attraverso dieci brani, ognuno dei quali rappresenta una visione, un trip angoscioso, caotico ma ordinato, riassumendone l’intenzione tematica – già anticipata nell’immagine in copertina – nella traccia di chiusura New God Rising.

Lungo l’intero ascolto si percepisce un afflato onirico denso di incubi, talora ossessivo, e, pur non avendo elementi per parlare di concept, si ha la sensazione che nell’insieme ci sia una compattezza organica. Con The Vision, i Disminded optano per un taglio sonoro ben preciso, virando senza mezzi termini verso il death puro, rispettandone i canoni più tradizionali: si va dai ritmi forsennati alla timbrica delle asce, dal tremolo riffing al growl più brutale.

L’evoluzione tecnica del sound appare evidente, e il fatto che non diano mai l’impressione di voler dimostrare qualcosa è un elemento che cattura l’attenzione: suonano e basta, fanno ciò che vogliono e lo fanno dannatamente bene, giovandosi anche di una produzione nitida e cristallina.

E dire che il primo impatto non fu dei migliori: la opening track A Melting Of Worlds non è che un lungo (troppo?) intro strumentale, mentre Nightmare è caratterizzato, in pratica, da un unico riff variamente arrangiato e declinato, che passa da low tempo a blast beat, in cui la melodia vocale segue le note. A mio avviso, una composizione piuttosto piatta, e per questo non in grado di essere trascinante. Come una sgradevole sensazione di batteria scarica che finalmente svanisce quando i motori si scaldano, ecco che l’ascolto decolla con l’arrivo di Unleash Hate, pezzo decisamente più articolato, in cui si alternano un veloce riff tremolato e parti strumentali più thrash. Il tutto valorizzato da bei cambi di tempo e da una voce decisamente adeguata, e che si mostrerà perfettamente a suo agio anche negli svariati scream.

Ulteriore upgrade in Judgment Day, dove fa capolino un bel crossover e il riffing si fa davvero coinvolgente: forse il miglior episodio dal punto di vista strumentale. Come un diesel, gradualmente ma in modo inesorabile si comincia a salire di giri: me ne accorgo dalle reazioni del mio corpo, quando i primi accenni di headbanging si trasformano in euforici moshing all’ascolto di Coro-Nation, in cui i quattro “kraut-boys” mostrano appieno quella che a mio parere è la loro miglior qualità: saper arrangiare in modo maturo thrash e death attraverso cambi di tempo fluidissimi, a cui si aggiunge un assolo che rimanda a quelle melodie power tanto in voga nella loro madrepatria.

A questo punto, sono combattuto tra la paura di restare deluso e la voglia di voltare pagina e leggere il prossimo capitolo. Beh, se il prosieguo è come Final Prayer, c’è da scatenarsi: qui il riffing si fa acido e ossessivo, quasi slayeriano, ma se possibile con una ritmica ancora più tirata, tant’è che la voglia di pogare si insinuerebbe perfino sotto la tonaca di un prete! Ora si tira un po’ il fiato, ma leccandosi i baffi: ascoltate World War 3, poi ditemi se non è arrapante il mix di blast beat e NWOBHM che ne viene fuori.

Con Dead Water si torna a pogare, e colpisce la bravura di Alex Kaluza dietro le pelli, il quale conferisce un valore aggiunto all’intera canzone. Prima dei titoli di coda, i Disminded fanno sfoggio della propria maturità, cimentandosi con brani death metal di una certa lunghezza: una sorta di campo minato, dato che il rischio di risultare ridondanti è costantemente dietro l’angolo. Con The Cult, il collettivo teutonico schiva brillantemente il pericolo, forte di un bell’intro atmosferico e grazie a un assolo da grido; l’oscura New God Rising invece, raggiunge l’obiettivo con un breakdown strafigo che assicura all’album un finale forse un po’ prolisso, ma certo con i fiocchi.

Nonostante in principio ci fosse un leggero scetticismo da parte del sottoscritto, anche per via della mia veneranda età, i Disminded, con la loro freschezza e senza la presunzione di inventare alcunché, sono riusciti a insegnarmi quanto sia importante ascoltare un’opera più volte e con differenti stati d’animo prima di farsi condizionare ed esprimere giudizi fuorvianti. Non so se questi simpatici crucchi saranno, un giorno, una valida alternativa ai Lorna Shore, ma a chi importa? Hanno picchiato sodo e con maestria, e tanto basta. Occhio a loro.

facebook/dismindedofficial

Tracklist:

A Melting Of Worlds
Nightmare
Unleash Hate
Judgement Day
Coro-Nation
Final Prayer
World War 3
Dead Water
The Cult
New God Rising

Membri della band:

Sebastian Auer – chitarre
Kevin Lissowski – voce
Stefan Hörsting – basso
Alex Kaluza – batteria

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