Motörhead: la recensione di Overkill

24 marzo 1979.

I Motörhead pubblicano l’album Overkill, pietra miliare della loro carriera e per lo sviluppo dell’heavy metal degli ’80.

Questo importantissimo album influenzò la genesi ed il songwriting di band come Venom, Slayer e Metallica.

L’opener Overkill, la canzone più famosa dei Motörhead dopo Ace of Spades, colpisce come non si era mai sentito fino ad allora, un vero e proprio carrarmato, soprattutto grazie all’uso massiccio della doppia cassa.

Stay Clean è più hard rock, sostenuta molto dalla chitarra di Clark e da un ritornello che entra facilmente in testa.

(I Won’t) Pay Your Price e I’ll Be Your Sister sono due buoni pezzi, ma non eccezionali come i precedenti, mentre Capricorn è il brano più atipico dell’album; si apre con un suono di percussioni che sembrano provenire dallo spazio profondo.

No Class parte con dei bei riff di chitarra di Clark, a cui si unisce poco dopo Taylor, e l’assolo porta a compimento questa bellissima canzone che, insieme alla title track, è il pezzo migliore dell’album.

Arriviamo a Damage Case e Tear Ya Down, coverizzate dai Metallica nell’album Garage Inc.: il primo pezzo è quello che incarna appieno l’approccio di Lemmy alla musica, tra situazioni rock and roll e puzza di locali, birra e motori; il secondo serve ad apprezzare gli assoli da invasato di Clarke.

Ma uno dei pezzi simbolo dell’album è certamente Metropolis… e pensare che fu composta in cinque minuti, dopo aver visto l’omonimo film al cinema. Il ritmo non è esasperato, ma ci riporta a un bell’hard rock anni ’70.

Infine, Limb from Limb, dignitosa chiusura che si segnala soprattutto per la prestazione di Lemmy alla chitarra, suo primo strumento.

Overkill è un album che, registrato in una notte, è diventato un classico. Imprescindibile, nemmeno a dirlo.

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