Northway: recensione di The Hovering

Recensione a cura di Andrea Musumeci

Parafrasando il verso iniziale di una delle più famose poesie della poetessa americana Emily Dickinson, potremmo affermare: “Non c’è nessun vascello che, come un disco, possa portarci in paesi lontani…”.

Nell’immaginario collettivo, la musica è considerata una vera e propria “macchina del tempo”, nonché ipotetico mezzo di trasporto per viaggiare nel tempo, in grado di far balzare, in pochi istanti, da un’epoca temporale all’altra, sia nel passato che nel futuro, attraverso luoghi e scenari reali o utopistici.

Un tragitto visionario ed introspettivo dell’anima a bordo di un vascello volante alla scoperta della bellezza misteriosa delle suggestive terre del nord: così prende corpo The Hovering, il secondo lavoro discografico interamente strumentale dei bergamaschi Northway, edito il 25 settembre per l’etichetta indipendente I Dischi del Minollo, registrato presso il Trai Studio di Inzago da Fabio Intraina e masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Studio di Tredozio.

The Hovering, nei suoi quasi 40 minuti di durata, scava nelle profondità dell’anima e dà continuità allo spartito sperimentale e al percorso emotivo e di crescita già intrapresi nel disco d’esordio Small Things, True Love (2017), traendo ispirazione dal protagonista del celebre romanzo di Jules Verne 20.000 Leghe Sotto i Mari.

La band lombarda, mediante un certosino equilibrio ed intreccio tra suoni ed atmosfere, affronta la navigazione della nostra psiche e le insidie tentacolari del Kraken, mostro marino che riposa sul fondo del mare e metafora dell’oscurità dei nostri abissi, il quale, una volta risvegliato, porta distruzione in superficie, in quanto incarnazione della forza aggressiva e primordiale della natura, risvegliata dagli eccessi esplorativi dell’uomo.

The Hovering ci racconta la sfida dell’essere umano nei confronti della natura e dei propri limiti, nel tentativo di raggiungere poli di inaccessibilità (Point Nemo) sempre più estremi, che siano fisici o mentali, da cui spesso è difficile far ritorno ma che, a volte, risultano essere condizioni necessarie per distaccarsi ed isolarsi (Edinburgh Of The Seven Seas) dalla civiltà contemporanea malata ed ostile.

Le sei tracce di The Hovering fluttuano tra i solchi del mare magnum sonoro degli impetuosi feedback post-rock, costantemente e nostalgicamente in bilico (traduzione del termine Hovering) tra le malinconiche onde stilistiche della dreamwave e le lunghe note rarefatte della psichedelia, evocando identità sonore quali Mogwai, This Will Destroy You, Sigur Ros, God Is An Astronaut e Porcupine Tree.

I Northway rinunciano, dunque, all’impatto della sfera testuale per concedersi totalmente, con enfasi e dolcezza, alla contemplazione intima e tridimensionale tra spazio, terra ferma ed oceano, dove scenografie cinematografiche e pause ambient (Interlude) fanno da cornice ad un’essenza caleidoscopica di rock e spiritualità sospesa tra dimensione onirica e dimensione tangibile.

Membri della band:

Antonio Tolomeo: chitarra

Luca Laboccetta: chitarra

Matteo Locatelli: basso

Andrea Rodari: batteria

Tracklist:

1. Point Nemo

2. Kraken

3. Hope In The Storm

4. Interlude

5. Edinburgh Of The Seven Seas

6. Deep Blue

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