30 Novembre 1979.
Esce ‘The Wall’, l’undicesimo album in studio dei Pink Floyd. Uno dei concept album più famosi della storia del rock.
Il 1979 è stato un anno importante per la musica, non solo per gli Smashing Pumpkins che gli hanno addirittura dedicato una canzone (ma solamente per una questione di rima), ma anche perché ci fu l’implosione del punk, con l’uscita di ‘London Calling’ come a suggellare la fine di un’epoca e parallelamente l’avvento della disco music da un lato e della new wave dall’altro. Proprio del 1979 sono infatti gli album ‘Dinasty’ dei Kiss, il disco della loro svolta dance, e ‘Unknown Pleasures’ dei Joy Division, un caposaldo della new wave/post punk.
In tutto ciò i Pink Floyd avevano già una solida carriera alle spalle e dopo capolavori assoluti quali ‘The Dark Side of the Moon’, ‘Wish You Were Here’ e ‘Animals’ stavano iniziando le prime diatribe serie all’interno della band.
E non mi riferisco solo agli scontri fra due personalità forti quali Roger Waters e David Gilmour. Chi ci rimise di più fu il tastierista Richard Wright che venne addirittura licenziato da Waters poiché aveva deciso di trasferirsi in Grecia con la moglie partecipando solo tardivamente alle registrazioni dell’album.
‘The Wall’ è, di fatto, un’opera nata dal genio di Waters. Un sacrilegio ascoltare il disco in modalità di riproduzione casuale, sarebbe come andare a teatro ed assistere ad un’opera lirica guardando gli atti in ordine sparso.
Quasi più una sceneggiatura cinematografica che un concept album, tant’è che il film uscirà tre anni più tardi e vedrà Bob Geldolf, quello del Band Aid, nei panni del protagonista Pink.
Già, ma chi è Pink?
Un po’ Waters, un po’ Barrett, Pink incarna la figura dell’artista problematico, ai limiti della follia, alla quale viene spinto da un’infanzia difficile, costellata da una madre iperprotettiva e dalla morte del padre, nonché da insegnanti repressivi ed eccessivamente autoritari che contribuiscono al suo stato di alienazione dal mondo. Quel senso di alienazione che si rafforzerà quando Pink diventerà una rock star sola e sfruttata dai manager e ancor più sola quando divorzierà dalla moglie.
Quell’alienazione che lo porterà a costruire il muro, un muro che metaforicamente Waters ha già alzato nei confronti del suo pubblico, ma che paradossalmente, grazie a questo album così intimo, nel quale racconta se stesso e le sue paure, lo collega con un invisibile filo a chiunque si metta all’ascolto del disco con un’attenzione particolare non solo ai suoni, ma anche ai contenuti.
Per quanto riguarda la parte prettamente musicale, il disco presenta sonorità più dure rispetto ai precedenti, segna una nuova svolta artistica nella carriera dei Pink Floyd e sarà probabilmente il punto più alto raggiunto, a seguito del quale arriverà il progressivo declino e la band inizierà a sfasciarsi.
In ‘The Wall’ troviamo alcuni dei pezzi più famosi della band inglese. Da ‘Comfortably Numb’, uno dei pochi brani del disco la cui musica è scritta quasi interamente da David Gilmour, allo struggente richiamo di ‘Hey You’, i Pink Floyd, e in particolare Waters, alternano in questo disco pezzi più melodici, con testi pungenti, penso ad esempio a ‘Mother’, che contrariamente a ciò che suggerisce il titolo vi sconsiglio di dedicare per la Festa della Mamma, ad autentici brani rock, come la celebre ‘Another Brick in The Wall’. Un pezzo che anche i mattoni (del muro) conoscono, ma che, a differenza di altre canzoni superfamose di cui si è abusato e che non riesco più a sopportare, mi esalta ancora ad ogni ascolto come fosse la prima volta. Oltretutto si parla sempre tanto dell’assolo di ‘Comfortably Numb’ quando anche ‘Another Brick in The Wall part. 2’ ne contiene uno stratosferico.
Su ‘The Wall’ è stato detto veramente tutto e non sarà certo questo mio post ad aggiungere qualcosa di nuovo a quanto già noto e mi pare davvero scontato dire, in questo caso più che mai, che siamo davanti ad un disco imprescindibile, ad un vero monumento del rock che si erge trasversalmente nel panorama musicale come uno dei migliori dischi di sempre.
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