Scream Maker: recensione di BloodKing

Scream Maker

BloodKing

Autoproduzione

27 gennaio 2022

genere: thrash metal, power metal, heavy metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

Il grande merito degli Scream Maker, band di Varsavia ormai giunta al quarto long playing, oltre alla innegabile crescita tecnica ed artistica, consiste nel saper proporre qualcosa di nuovo ad ogni pubblicazione, pur conservando la propria impronta stilistica: una dote non semplice da coltivare, restando nei rigidi confini del loro power metal, così “british” e tanto vintage.

A quasi sei anni dall’ultima fatica discografica, BloodKing (album che vi presentiamo in anteprima e che vedrà la luce il 27 gennaio) rappresenta un’evoluzione stilistica davvero significativa rispetto al melodic metal tradizionale che caratterizzava le precedenti opere degli Scream Maker. Intriso di afflati di ribellione al potere, nasce un LP maturo e molto più duro, con massicce iniezioni di thrash e atmosfere più tenebrose, sempre innaffiate, tuttavia, da ciò che rappresenta il punto di forza della band: la melodia, variamente articolata, ma sempre declinata al passato, su un tappeto sonoro tardo eighties.

Già l’intro Invitation, con campionature e riff potenti, ci lascia subito intendere scenari bui appena illuminati da fuochi fatui. Il seguito non deluderà le attese, mescolando in modo armonico e sapiente (qualità della produzione impeccabile) la miglior ispirazione maideniana con un delicato ma palpabile infuso di quella storia più cupa degli Helloween – quelli di The Dark Ride, per intenderci – di cui Mirror, Mirror (singolo che ha preceduto l’album) ne è omaggio (nell’omonimia del titolo) e al contempo sintesi perfetta.

Il disco si snoda attraverso un crescendo di potenza e muri sonori propriamente thrash, alternati a richiami al power d’altri tempi, in un connubio fortunato che, a volte, stratifica le diverse sensibilità e talora le fonde, conferendo all’intera release un’organicità severa, originale e mai banale. Come, ad esempio, nella titletrack: fusione tecnica ed emotiva di vecchie (innegabili i riferimenti canori e sonori a Maiden e Priest) e nuove influenze con un effetto power-speed fresco e trascinante.

Su un letto sonoro dalla profonda vena melodica, mi trovo a sfogliare un album di ricordi in cui echeggia il miglior heavy metal in stile anni ’80: l’atmosferica When Our Fight Is Over, la semplice e immediata Join the Mob, la potente Powerlust dai suoni ultra compressi e, soprattutto, la cotonatissima Petrifier, una vera e propria DeLorean modello 1985.

Fanno capolino robuste infusioni di thrash puro in End Of The World, che danza tra Metallica e Faith no More, e nella sulfurea Tears Of Rage, che deve tutto al più ispirato James Hetfield.
Non possono mancare i più tradizionali riferimenti alla tradizione dickinsoniana, come l’autocelebrativa Scream Maker (forse il brano più debole del repertorio quanto a trama e struttura) e la splendida Hitting The Wall, intreccio davvero groovy di un compresso palm mute e di una sfiziosa melodia canora, né la classica ballad Die In Me: tutto molto piacevole e di qualità e, tutto sommato, ordinario, ma il meglio di questo lungo lavoro in studio (ben 15 brani) ci viene riservato alla fine.

La punta di diamante di BloodKing è, senza tema di smentite, Candle In The Wind (la piece più lunga), con il suo thrash tanto articolato da far gridare all’opera sinfonica, con un innegabile taglio progressive che fa echeggiare reminiscence di …And Justice For All rielaborate in modo intimista e atmosferico: un brano semistrumentale a metà strada tra i vecchi Metallica e i nuovi Iron Maiden che vale, da solo, il prezzo del disco.

Brand New Start ruba letteralmente riff al sottovalutatissimo Load e li trasporta, sulla famosa Delorean, indietro di ulteriori dieci anni, per ricamare su di essi linee vocali e melodie glam: un brano che va giù in un sorso e con un ritornello tagliato apposta per la dimensione live. Ascoltare per credere.
L’entusiasmo trasecola e si trasforma, infine, in commozione con Too Late, la semi-ballad che cala il sipario: un messaggio di disincantato pessimismo magistralmente tradotto in note, come se gli Scorpions, ad un certo punto, lasciassero il palco e gli strumenti nelle mani dei Metallica di One.

Giuro: a fine ascolto mi sono sorpreso ad applaudire da solo questo crescendo caleidoscopico di bagliori del passato. Un album impeccabile, mai uguale a se stesso, con un filo logico evidente e tessuto su una trama melodica inconfondibile, con maestria tecnica e limpidezza sonora.

Gli Scream Maker mi hanno fatto rivivere il brivido caldo che ciascun amante della musica conosce e che ogni recensore sogna per tutta la vita: il piacere della scoperta e di raccontarne le emozioni. Superconsigliato a metallari attempati come il sottoscritto, tanto quanto ai neofiti del rock duro.

Tracklist:

1. Invitation
2. Mirror mirror
3. Blood king
4. When our fight is over
5. End of the world
6. Scream maker
7. Hitting the wall
8. Join the mob
9. Die in me 10. Powerlust
11. Tears of rage
12. Petrifier
13. Candle in the wind
14. Brand new start
15. Too late

Lineup:

Sebastian Stodolak – voce
Michał Wrona – chitarra
Jasiek Radosz – basso
Tomek Sobieszek – batteria
Ada Kaczanowska – chitarra

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