Sodom: recensione di The Arsionist

Sodom

The Arsonist

Steamhammer Records

27 Giugno 2025

genere: thrash metal, speed metal

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Recensione a cura di Marco Calvarese

I Sodom, punta di lancia del “big four” tedesco (che non esiste, ma di cui tutti parlano), sono una di quelle band che ogni thrasher che si rispetti ama, forse persino più dei Kreator, più sperimentali e (recentemente) melodici, o dei Destruction, che hanno meno album memorabili alle spalle. Quindi, quando pubblicano qualcosa di nuovo, semplicemente si molla tutto, compresa una lista di dischi lunga quanto un lenzuolo, e si infilano le cuffie, senza se e senza ma.

Tenete poi presente che Tom Angelripper ha appena annunciato un lungo periodo di stop dai tour, e questo non ha fatto che amplificare le aspettative per quello che potrebbe essere, per un po’, l’ultimo atto della band.

The Arsonist, diciassettesimo LP della lunga carriera musicale della band di Gelsenkirchen, si trova a farsi carico di cotanta responsabilità sin dal primo vagito (l’inquietante e breve preludio-title track) e, se è vero che, terminato il primo ascolto, posso dire di aver scapocciato a più riprese e, a tratti, anche goduto, nel complesso non mi sembra averne il necessario patrimonio genetico.

Confezionato come si deve, con una copertina bella e in perfetto stile, così come in linea con la storia della band sono le costanti tematiche guerresche; dotato di una produzione anch’essa appropriata, molto old style (anche se avrei gradito un pizzico in più di pulizia ed esposizione delle chitarre), The Arsonist mostra pregi e difetti quasi da subito anche nei contenuti sonori.

Non troverete la hit che vi fa sobbalzare e che finirà (forse dovrei usare il condizionale…) nelle setlist dei migliori live, né il mordente dei tempi migliori nel songwriting, e neppure la ferocia dell’ottimo predecessore Genesis XIX.

Non dirò nemmeno che è il solito, onesto lavoro 100% Sodom, come si usa fare con sbrigativa accondiscendenza verso band che ci si sente in dovere di rispettare, perché, così su due piedi, mi sembra il loro disco più slayeriano: un disco incisivo come un vecchio coltello da tavola e che trova la giusta profondità e cattiveria quasi solo nei rallentamenti (in verità più frequenti che in altre occasioni).

Un album godibile, certo, ma troppo adagiato su spartiti già usati, meno ispirato nel riffing, soprattutto nelle frenesie speed, che scivolano persino in lidi hardcore ma con un blast beat un po’ piatto, per quanto ravvivato qua e là da sprazzi di pura esperienza e mestiere. La (mia) verità è che The Arsonist avrebbe potuto piombare rapidamente nel dimenticatoio, se non ci avesse servito il dessert nel finale, con gli episodi a mio gusto più intriganti e immediati dell’offerta musicale.

Eppure tutto era cominciato nel migliore dei modi: un crogiolo di campionamenti, nella breve The Arsonist, sospesi tra Troy, Full Metal Jacket e Dune, perfetta colonna sonora per la copertina del disco e delizioso antipasto per la prima portata, Battle Of The Harvest Moon, confezionata davvero a regola d’arte: varia, ricca di riff e ritmo, con un gran lavoro di pedali di Toni Merkel durante il bridge, un sontuoso breakdown e un assolo perfettamente inserito nel contesto.

“Avevate la mia curiosità, ora avete tutta la mia attenzione”, mi dico citando DiCaprio. Peccato che dovrò aspettare la torta, per assaggiare di nuovo una pietanza gourmet, perché tutto ciò che c’è nel mezzo è piuttosto casereccio: gradevole sì, ma non lascia molta traccia di sé. Fuori metafora cine-gastronomica, tanti brani (mi sento di dire decisamente troppi) pieni di savoir-faire e poco altro, dalla modesta verve compositiva e che, dopo tre ascolti, ancora fatico a memorizzare o persino a distinguere.

Passando per il tiratissimo singolo Trigger Discipline, che pare estratto da Repentless, ed il più ritmato ma tutto sommato piacevole The Spirits That I Called, i Sodom si giocano bene il bonus-sentimento con Witchhunter, roccioso old school-speed dedicato al compianto batterista della band, ma poi scivolano in un lungo anonimato.

Quando si arriva alla parte centrale dell’opera, con le varie Gun Without Groom o Taphephobia, si ha la sensazione di brani pensati per scatenare il mosh pit ma senza entusiasmo, con ritmi tutti uguali e un main riffing abbastanza elementare, con poche variazioni sul tema, come la cadenzata e scary Scavenger.

Segnali di risveglio dalla vecchia scuola arrivano solo con Sane Insanity, ma
occorre aspettare A.W.T.F. per drizzare le antenne: merito di una orecchiabilità rockeggiante e di linee melodiche finalmente a presa rapida. Da qui in poi, per fortuna, è un crescendo di entusiasmo, grazie a un trittico conclusivo nel quale si tocca con mano il progressivo avvicinamento al Bay Area sound.

Ora la fanno da padroni riffing entusiasmante, mid-tempo e una sezione ritmica di nuovo protagonista: dalla cattivissima Twilight Void, alla densa e completa Obliteration Of The Aeons, fino alla stupenda closer Return to God in Parts, una delizia impastata con lievito madre griffato Slayer che, sono sicuro, manderà in visibilio chi, come me, ha sempre fame di Araya e soci.

Tuttavia, se devo rimanere obiettivo e tirare le somme, The Arsonist mostra lacune e potenzialità ben note ma parzialmente inespresse, avrebbe potuto meglio condensare le proprie qualità durando 10-15 minuti in meno e pecca della necessaria continuità emotiva: quella che fa, di un discreto disco indirizzato ai fan, un grande disco. Quello che mi aspetto sempre dai Sodom.

Tracklist:

1. The Arsonist. 2. Battle of Harvest Moon. 3. Trigger Discipline. 4. The Spirits That I Called. 5. Witchhunter. 6. Scavenger. 7. Gun Without Groom. 8. Taphephobia. 9. Sane Insanity. 10. A.W.T.F. 11. Twilight Void. 12. Obliteration of the Aeons . 13. Return to God in Parts.

Line-up:

Thomas “Tom Angelripper” Such – voce, basso; Frank Gosdzik – chitarra; Yorck Segatz – chitarra; Toni Merkel – batteria

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