Sondre Lerche: la recensione di ‘Patience’

Sondre Lerche

Patience

PLZ

5 Giugno 2020

genere: dream wave, bossanova, alternative rock, beat psych, electro dance

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Recensione a cura di Mamunia

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Rassegnarsi a una separazione, abbandonarsi all’edonismo e ricercare la pace interiore: è questo il viaggio emotivo di una trilogia in studio di Sondre Lerche, che si conclude con Patience.

Mentre l’acqua per il tè si sta scaldando, riprendo tra le mani i due cd e il vinile che costituiscono parte del mio tesoretto del cantautore norvegese.

Il viaggio è iniziato con Please (2014): espressione del trauma emotivo causato dal divorzio da Mona Fastvold, regista e attrice a cui Sondre aveva intitolato un’etichetta discografica. La Mona Records cesserà di marcare con il tipico logo a forma di cuore gli album di Lerche proprio con Please. Caratterizzato da turbolenze melodiche e groove jams oltre che da testi-confessione, l’album si presenta come una sorta di sofferta, ma lucida rielaborazione e accettazione del lutto.

Il sencha è pronto: il profumo della mela al forno si mischia a quello più acre delle foglie di tè verde. Cambio cd sul lettore: è il turno di Pleasure (2017) e riscopro l’autografo sul booklet interno; in un attimo mi torna alla memoria il concerto a Copenaghen, la fresca notte di primavera e le due parole scambiate con un artista esausto, ma brillante.

Con Pleasure, Sondre sembra abbandonarsi al qui e ora: l’approccio è marcatamente dance e impreziosito da contaminazioni elettroniche. Il lutto emotivo è ancora l’elefante nella stanza, eppure la musica riesce catarticamente a trascinare il protagonista a indulgere nel piacere, ignorando il dolore e attendendo che la ferita si cicatrizzi, mentre i dieci brani dell’album guidano chi scrive, e chi ascolta, verso lo sfinimento e l’appagamento fisico, come al termine di una danza frenetica, sudata, lunga quanto una notte.

Ed è già notte quando estraggo dalla busta il vinile di Patience (edito il 5 giugno 2020 per PLZ), stampato in poche centinaia di copie e spedito ai fedelissimi, sparsi in tutto il mondo, dagli Stati Uniti. Lascio le foglie umide di tè ad asciugare nel filtro, mentre mi rigiro tra le dita un disco in vinile trasparente con lievi venature rosa. Un bell’oggetto, dentro e fuori.

Mentre compone i brani che formano Patience, Sondre si scopre ad esplorare profondamente la musica ambient e la connessione che si instaura tra il minimalismo melodico e l’esercizio fisico: sono le playlist di William Basinski, The Field e Steve Reich che lo accompagnano durante gli allenamenti per le maratone di New York e Chicago. Ormai si è stabilmente trasferito negli Stati Uniti e ha abbandonato l’Europa e la sua cittadina di origine, Bergen.

La combinazione tra ambient music e running porta alla nascita di una parola che si fissa come un chiodo nella sua mente e che si trasforma in un mantra: “pazienza”. Patience music: mentre corre, si mette alle spalle le fatiche del tour di Pleasure, l’indagine introspettiva continua ad accompagnarlo, ma al contempo tornano a risplendere quell’ottimismo e quella positività che da sempre hanno contraddistinto i suoi lavori.

Alle porte di un imminente trasferimento a Los Angeles, dove Patience verrà terminato, a Brooklyn Sondre compone il pezzo centrale dell’album e il vero fulcro dell’intera trilogia: Why Would I Let You Go è il risultato di una sessione notturna di scrittura ermetica e di sincerità radicale. La fragile insicurezza di quei versi traccia chiaramente la linea che unisce il dolore, la rassegnazione, l’accettazione, il piacere e, infine, la pace.

E Patience si profila proprio come la risposta al tentativo (riuscito) di raggiungere l’equilibrio emotivo coraggiosamente urlato e preteso, nonostante l’approccio crooner al cantato (My Love Is Hard To Explain) e l’oculata modulazione di un’estensione vocale unica.

Le esplicite citazioni a Elton John (I Can’t See Myself Without You), alla mùsica popular brasileira (Why Did I Write The Book Of Love), all’amore per i cantautori degli anni ’60, attraversano l’intero progetto con punte di sofisticata rivisitazione di un intero genere (You Are Not Who I Thought I Was): Patience non rappresenta solo la destinazione finale di un viaggio emotivo ma, ricco di pensieri e sentimenti duellanti, rappresenta il punto di una nuova partenza.

Ho ancora in bocca il sapore del liquore caldo e nel naso il profumo della mela. Allo stesso modo, raggiunto il buio della mia stanza, le melodie gentili di Patience non abbandonano la mia testa. Indie pop, rock, influenze jazz e testi finemente costruiti, electro dance, ambient music: non posso immaginare quali nuove contaminazioni segneranno il suo percorso creativo, un’avventura lunga vent’anni e iniziata con Faces Down.

Non ho dubbi: l’itinerario che mi aspetta è ancora sconosciuto, ma continuerò a seguire Sondre Lerche nel suo prossimo viaggio. E come un moderno Colombo, Sondre ha più volte dimostrato di essere predisposto al cambiamento e di abbracciarlo senza indugi: d’altra parte, non si può attraversare l’oceano senza il coraggio di perdere di vista la riva.

Credits:

All songs, words and music by Sondre Lerche, except track 1, words by Sondre Lerche, music by Sondre Lerche, Chris Holm, Dave Heilman and Alexander von Mehren

https://www.facebook.com/sondrelerche

Tracklist:

1. Patience

2. I Love You Because It’s True

3. You Are Not Who I Thought I Was

4. There Is No Certain Thing

5. Are We Alone Now

6. That’s All There Is

7. Put The Camera Down

8. Why Would I Let You Go

9. I Can’t See Myself Without You

10. Don’t Waste Your Time

11. Why Did I Write The Book Of Love

12. My Love Is Hard To Explain

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