Tenebra: recensione di Moongazer

Tenebra

Moongazer

New Heavy Sound

29 aprile 2022

genere: hard blues, psych blues, doom, soul, gospel

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

A distanza di tre anni dall’EP d’esordio Gen Nero e ad un anno dalla pubblicazione del secondo EP What We Do Is Sacred, la psych-blues band bolognese Tenebra manda alle stampe il suo primo full-lenght intitolato Moongazer, edito per New Heavy Sound e anticipato dall’uscita del video del singolo Moon Maiden.

Di recente, Zach Cooley – un noto fotografo naturalista originario di Phoenix, in Arizona, è riuscito ad immortale una splendida luna piena all’interno del North Windows Arch, nel Parco Nazionale di Arches, nello Utah: una luna incastonata in un cerchio di roccia rossastra, somigliante a un gigantesco occhio. In modo analogo, con la stessa attenzione, dedizione, sensibilità e percezione emotiva, attraverso le nove tracce di Moongazer, i Tenebra sono riusciti a rappresentare la loro ode alla luna.

Una luna misteriosa, seducente, magnetica e velatamente malinconica, quale simbolo di alcune alterazioni dell’animo umano profondamente legate all’inconscio, nonché fonte d’ispirazione per il mondo dell’arte in ogni sua declinazione, quasi a voler riprodurre quella forza di gravità minore e la sensazione illusoria di poter evadere dalla condizione terrena. La luna, nel corso dei secoli, ha ispirato a Debussy la musica per le parole di Paul Varlaine nella poesia Claire de Lune, le opere classiche di Ludwig Van Beethoven e soprattutto le composizioni di diversi musicisti del rock moderno: da Jim Morrison a Van Morrison, dai Television ai The Police, dagli Echo and The Bunnymen agli Iron Maiden, dai R.E.M. a Nick Drake, e molti altri.

Moongazer è l’aurora nascente dei Tenebra, quartetto proveniente dal sottobosco hardcore felsineo e composto da Silvia Feninno alla voce e testi, Emilio Torreggiani alla chitarra, Claudio Troise al basso e Mesca alla batteria; un album che vanta, oltretutto, diverse collaborazioni eccellenti, grazie alla partecipazione straordinaria di Gary Lee Conner, chitarrista degli Screaming Trees, nell’assolo di Moon Maiden, Giorgio Trombino degli Assumption e Bottomless al sax in Space Child, Riccardo Frabbo Frabetti dei Chow ai cori in Winds Of Change e Bruno Germano (già nei Settlefish insieme ad Emilio Torreggiani) alla chitarra slide e mellotron in Dark and Distant Sky, oltre che responsabile del missaggio.

Le immagini del video di Moon Maiden ruotano attorno al culto di Nuestra Señora de la Santa Muerte (divinità della cultura popolare messicana, conosciuta anche con l’abbreviazione di Santa Muerte e spesso ritratta con la luna sotto i piedi, quale metafora di purezza), che mischia cattolicesimo ad elementi pagani precolombiani, impersonificando un’idea della morte associata alla guarigione, alla protezione, ma anche foriera di sfortuna e castighi.

I nove brani che compongono Moongazer – cantati rigorosamente in inglese – nascono da una passione viscerale per un determinato santuario di dissolvenze oniriche e dilatazioni psichedeliche di matrice anglofona, mediante una scrittura dai contenuti riflessivi e intimi e un’iconografia medievale (come raffigurato nell’artwork di Marcello Crescenzi), da cui emerge la ricerca di un equilibrio tra elementi simbiotici e al contempo contrastanti, come l’unione tra sole e luna, maschile e femminile, luce e tenebre.

Una miscela chimica intrisa di influenze stilistiche dal sapore vintage e dal fascino oscuro, pseudo esoterico e surreale: da un lato, c’è l’andamento testuale che rievoca certa letteratura inglese del ‘700/800 (Blake, Shelley, ecc.), dall’altro, la fisionomia strumentale che rimanda inequivocabilmente a quel rock psichedelico fine sessantiano e settantiano dall’anima soul e rhythm & blues, con derivazioni dalle sfumature heavy doom. Suoni ed atmosfere che sembrano provenire direttamente dalla San Francisco “freak & hippie” di fine anni ’60, con tanto di outfit a tema: pantaloni a zampa d’elefante e un look total black, quasi a voler sottolineare il momento di pessimismo e la mancanza di prospettive della contemporaneità.

Scenografie e sceneggiature retrò che i Tenebra – come fabbricatori di musica e sogni willywonkiani – allestiscono per mezzo di un’alchimia potente, ruvida, cerimoniale, evocativa, solenne, epica e lisergica, in preda ai fumi allucinogeni dell’assenzio ed imbevuta di ritmiche struggenti e dagli effetti delay e fuzz di amplificazioni sature. Un’aura sacrale, tediosa, sciamanica e misterica avvolge ogni episodio della release, dove le note sembrano fluttuare in uno spazio indefinito e impalpabile, tra virtuosismi melodici, passaggi più sostenuti ed altri pachidermici e marziali, finendo così per catalizzare ogni gesto creativo nella sapienza degli antichi manoscritti del genere: dai Blue Cheer ai Black Sabbath (il main riff di Stranded riprende parzialmente quello di War Pigs), dai Beatles a Jimi Hendrix, da Janis Joplin ai Cream e Led Zeppelin.

Pertanto, il chiaro intento dei Tenebra sembra essere quello di voler esprimere una rinnovata maturità artistica, in grado di liberare e trasmettere un’identità compositiva che sia personale e riconoscibile, pur attingendo da una anacronistica retrospettiva calligrafica per cuori nostalgici e lunatici.

facebook.com/tenebra

Membri della band:

Silvia Feninno: voce e testi

Claudio Troise: basso

Emilio Torreggiani: chitarra

Mesca: batteria

Tracklist:

1. Heavy Crusher

2. Cracked Path

3. Black Lace

4. Carry My Load

5. Winds Of Change

6. Stranded

7. Space Child

8. Dark and Distant Sky

9. Moon Maiden

Credits:

Gary Lee Conner: chitarra in Moon Maiden; Giorgio Trombino: sax in Space Child; Riccardo “Frabbo” Frabetti: cori in Winds Of Change; Bruno Germano: chitarra slide e mellotron in Dark and Distant Sky

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