The Racounteurs: Help Us Stranger

The Racounteurs

Help Us Stranger

Third Man Records

21 giugno 2019

rock blues, beat garage, southern

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Recensione a cura di Andrea Musumeci

Come direbbe Phil Lynott: “The Boys Are Back in Town”.

Dopo 11 anni di silenzio, solamente discografico, i The Racounteurs di Jack White e Brendan Benson sono tornati più carichi di prima, con il terzo album dal titolo Help Us Stranger: 12 brani di rock and blues diretto, rurale, melodico, passionale come una bottiglia di Southern Comfort e bollente come un anticiclone delle Azzorre.

Help Us Stranger è un disco dal sapore retrò, nel quale si alternano la nostalgia per il Detroit rock dei Kiss di Sunday Driver e Live a Lie, l’imprescindibile radice vintage beatlesiana che ritroviamo soprattutto nella malinconica Only Child, la sensibilità country nell’attacco della titletrack, la melodia acustica della vecchia scuola di Nashville nella cover di Hey Gyp (Dig the Slowness) di Donovan ed in Now That You’re Gone, ed il coinvolgente funky wah wah sabbathiano di What’s Yours is Mine.

Oggi il termine retrò è diventato molto attuale ed inflazionato, e spesso viene usato per descrivere un po’ tutto il mondo della discografia mondiale.

Del resto, già all’inizio degli anni ’80, c’era chi affermava (in una visione decisamente estrema ed opinabile) che la creatività musicale si era esaurita alla fine del decennio precedente, considerando tutto ciò che venne successivamente come semplice revival. E se lo era negli anni ’80, oggi non si salva nessuno.

Help Us Stranger si presenta più equilibrato rispetto ai due album precedenti, attraverso un’altalena di riff duri e pezzi acustici, senza grosse sorprese sperimentali, dove si rincorrono le personalità apparentemente contrastanti dei due frontman di Detroit (sulla falsa riga di Lennon-McCartney o Stanley-Simmons) che alla fine ricreano quel modello di sinergia vincente e convincente.

I The Racounteurs se ne fregano delle mode contemporanee e di calarsi in un contesto di comodo e ruffiano: Help Us Stranger è un rock regionale, un mezzo per fare un passo indietro e riflettere sul momento storico che stiamo vivendo, con spirito critico verso questa società moderna ed iperconnessa che sembra non distinguere più ciò che è reale da ciò che è fake.

Non a caso, il brano Don’t Bother Me, in stile Kinks, bacchetta e demonizza l’utilizzo odierno, invadente e spropositato, degli smartphone durante i concerti; il ché non significa essere contro la tecnologia, ma semplicemente essere contro la schiavitù mentale causata dalle nuove forme di interazione tecnologica.

Conosciamo bene la campagna autoritaria che sta portando avanti Jack White, già da tempo, in merito al suddetto tema. E non possiamo che essere d’accordo.

Somedays (I Don’t Feel Like Trying) è vero e proprio omaggio al southern rock di Tuesday’s Gone dei Lynyrd Skynyrd: quando dice “I’m here right now, I’m not dead yet” (Sono proprio qui, non sono ancora morto) è come se volesse avvisarci: “Attenzione, il rock è ancora vivo e vegeto“, checché se ne dica.

Nonostante i detrattori, sempre pronti a spalare fango sulla memoria del genere rock, e a considerare sfigati i suoi seguaci, il rock & roll non è affatto morto. Il rock & roll resuscita sempre dalle sue ceneri e ne è la prova tangibile la canzone Bored and Razed: un meraviglioso omaggio ai Beatles ed al rock energico di Riff Raff degli AC/DC.

Bored and Razed potrebbe far parte, tranquillamente, della colonna sonora della nuova stagione della serie cult Californication. Quindi, ci sarà una nuova stagione di Californication? Purtroppo no.

L’album chiude il suo recurrent enciclopedico con Thoughts and Prayers, un brano dove pensieri e preghiere si sviluppano attraverso sonorità acustiche folk-southern e ricostruiscono un’atmosfera magica, quasi medievale, che ricorda in parte il sound dei Led Zeppelin e quello dei Blind Melon del compianto Shannon Hoon.

Help Us Stranger è un vero e proprio tributo eclettico e romantico alle radici storiche della musica beat garage e rock blues degli anni ’60 e ’70: un amore sconfinato ed incondizionato nei confronti delle chitarre, in questo periodo storico in cui la cultura pop oscilla tra forma e stile, fregandosene sempre di più della sostanza.

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