Rock inglese da scoprire: gli InMe

In un contesto musicale che spesso ama confondere e destabilizzare, giocando diabolicamente con i sentimenti del pubblico senza portare davvero nulla di nuovo o di qualitativo, continua il nostro viaggio alla ricerca delle gemme più o meno nascoste del rock britannico. Apriamo, silenziosamente, le porte di piccole venue dove chi sa, c’è, senza bisogno di clamori o pubblicità invadente.

Oggi è il turno degli InMe.

Una band che mi è rimasta in un angolino della testa da quando li ho visti aprire per i Massive Wagons a maggio, un po’ per il nome introspettivo, un po’ per le sensazioni che mi hanno lasciato. Da allora qualche ascolto qua e là, il loro nome che torna a riaffacciarsi nella mia cronologia musicale e infine la scelta di presentarveli ufficialmente: dal live agli album, passando per i loro tratti distintivi come band.

Il gruppo nasce nell’Essex nel 1996. Il loro rock alternativo, con radici metal e influenze post-grunge, unisce distorsioni, bassi potenti e ben percepibili, sonorità che affondano nelle atmosfere degli anni ’80 e ’90.

Dal vivo ho apprezzato in particolare la presenza scenica: l’ingresso accompagnato da un sound epico che alza subito le aspettative, e la voce di Dave McPherson, principalmente rauca come il grunge richiede, ma capace di muoversi tra acuti incisivi e momenti più puliti.

L’album che consiglio per farsi un’idea è quello di debutto, Overgrown Eden (2003). Una sequenza di brani accolta con entusiasmo, in cui alle sonorità già menzionate si aggiunge un equilibrio melodico che regala un ascolto piacevole, energico e coinvolgente. I testi sono realistici, crudi e appassionati, carichi di emotività e della drammaticità che il genere richiede. Se, come me, negli anni ’90 vi accompagnavate ai compiti pomeridiani con Inside degli Stiltskin, apprezzerete questo album come loro ideale discendente.

Spulciando tra i sette dischi successivi, vi suggerisco anche White Butterfly, con l’omonimo brano di apertura (2005), la recentissima Confession dello scorso 25 aprile, oltre ai singoli che hanno raggiunto la Top 40 britannica tra il 2002 e il 2005, quando la selezione era ancora raffinata: Crushed Like Fruit, Faster The Chase, 7 Weeks, So You Know.

Gli InMe hanno una fanbase fedele e affezionata, che li sostiene anche nelle campagne di fund raising. I membri della band, infatti, hanno tutti un lavoro primario accanto alla musica: lo stesso McPherson, ad esempio, è tecnico del servizio sanitario nazionale prima ancora che frontman. Un perfetto esempio di come si possa portare avanti la propria passione senza trasformarla nell’unica fonte di sicurezza, lasciandola invece libera di volare sull’ispirazione creativa del momento, autentica e non dettata da necessità o circostanze.

Se ancora non li conoscevate, spero di avervi incuriosito. Attendo le vostre impressioni.

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